La guerra non è iniziata il 14 febbraio 2022 e neanche nel 2014. È cominciata quando abbiamo preferito voltare lo sguardo come se le molte guerre sparse nel mondo non ci riguardassero. E quando abbiamo accettato consapevolmente o no che ci siano uomini, donne e bambini privi dei diritti fondamentali. La democrazia ha fallito il giorno in cui abbiamo imparato a delegare. Eppure in qualsiasi momento possiamo immaginare un futuro e a costruirlo passo dopo passo, sapendo che non esiste una risposta definitiva e che il percorso è fatto di progressi e cadute. È per i bambini e le bambine che dobbiamo lottare, scrive Emilia De Rienzo, loro dovranno sapere che abbiamo fatto la nostra parte, devono sentire in noi la speranza
“Non sapevo in quel momento che era la fine di tante cose. Quando guardavo indietro, adesso, da questo alto monte della mia vecchiaia, ancora vedo le donne e i bambini massacrati, ammucchiati e sparsi lungo quel burrone a zig-zag. Chiaramente come li vidi coi miei occhi da giovane. E posso vedere che con loro morì un’altra cosa, lassù, sulla neve insanguinata, e rimase sepolta sotto la tormenta. Lassù morì il sogno di un popolo. Era un bel sogno… “
[Alce Nero]
Solo pochi giorni fa l’Ucraina era un Paese libero, la gente lavorava, camminava per strada, circolava con la macchina, prendeva l’autobus, andava al ristorante, i bambini erano a scuola o giocavano in qualche posto. La sera andavano a dormire tranquilli come sempre pronti a ricominciare un’altra giornata. Nessuno di loro probabilmente si curava del fatto che già da dicembre si ammassavano lungo il confine truppe russe. Gli annunci degli americani sui pericoli incombenti erano stati ascoltati con diffidenza.
Il 24 febbraio l’invasione ha colto tutti di sorpresa. E tutto è drammaticamente cambiato: molte persone hanno dovuto fuggire lontano dal suono delle bombe, delle sirene e degli spari, molti uomini hanno dovuto abbandonare le famiglie e andare a combattere. Mogli e bambini hanno cercato di attraversare il confine: giorni di attesa al freddo, stremati dalla stanchezza, dalla fame. Tutto, tutto era cambiato, la vita di prima morta sotto le bombe che hanno distrutto case, ospedali, strade. I ponti distrutti. L’uomo ha mostrato quel giorno il suo volto più folle e più crudele.
Molti sogni svaniscono nel nulla, quando si guarda in faccia la crudeltà, l’orrore, il volto terribile della guerra. Lo senti in tutta la sua potenza, quando ti bussa alle porte. Tutti non europei siamo rimasti sbacaliti, senza parole, smarriti. Eppure lo sapevamo dentro di noi che non poteva continuare così. Troppe guerre si sono moltiplicate nel mondo anche se noi spesso abbiamo preferito voltare lo sguardo come se non ci riguardasse.
Quando la democrazia ha fallito?
Ora la guerra è alle nostre porte. Ora fa paura anche a noi. E guardiamo con altri occhi quei ragazzi col fucile in mano che forse non sanno ancora usare, quei padri che lasciano i propri figli e salutano le loro mogli e i loro bambini non sapendo se li rivedranno mai. Guardiamo gli occhi di quei bambini spaventati e smarriti che si porteranno dentro ferite che non si rimargineranno mai più.
Noi europei non abbiamo pensato che la guerra potesse tornare da noi. E la guerra viaggiava tranquilla seminando morti in molte altre parti del mondo. Non abbiamo manifestato, abbiamo accettato consapevolmente o no che alcuni uomini siano privi dei diritti fondamentali di cui godiamo noi. Non abbiamo saputo spendere la nostra energia, il nostro entusiasmo, la nostra intelligenza per creare dal basso un’alternativa credibile. Forse ci siamo scoraggiati, abbiamo perso la speranza, i venditori di armi ci sono sembrati invincibili, ma dovevamo continuare a cercare, cercare ancora. Non abbiamo compreso che la democrazia ha fallito il giorno in cui abbiamo imparato a delegare, a pensare che la storia fosse nelle mani solo dei potenti della terra, la disillusione ha preso il sopravvento attribuendo tutte le responsabilità a chi comanda.
Costruire il futuro sapendo che non esiste una strada definitiva
L’uomo può avere un posto nella storia in varie maniere: in forma passiva o attiva. In modo passivo: ci si sente in balia della forza di chi governa il mondo, si sente come un giocattolo nelle sue mani. Si vive allora scivolando sugli eventi, si allontanano i pensieri che non ci piace, da ciò che spaventa.
Possiamo trovare un posto nella storia solo quando accettiamo la responsabilità e quando la viviamo moralmente. L’unico rimedio a tutte le condanne e agli errori del passato è costruire il futuro, fare in modo che questo futuro non sia una ripetizione, una replica, fare in modo che sia un futuro davvero. Viviamo allora in stato di allerta sentendoci parte di tutto ciò che accade, anche solo come piccoli attori nella trama della storia così come nella trama della vita di tutti gli uomini.
Essere attivi vuol dire saper immaginare un futuro, saperlo costruire passo dopo passo, saper unire le forze e le idee in continuo dialogo, significa partire dall’esperienza, sperimentare il nuovo sapendo che non c’è una risposta definitiva, che il percorso è fatto di progressi e cadute. Costruire un mondo migliore è fatto di tanti piccoli e grandi passi che vanno verso un orizzonte che non vedremo mai realizzato pienamente, ma che può essere tenacemente sempre in costruzione.
I bambini devono sentire in noi la speranza
È pensando ai nostri figli, ai nostri bambini e alle nostre bambine che dobbiamo continuare a lottare. Loro dovranno sapere che noi abbiamo fatto la nostra parte. I bambini devono sentire in noi la speranza. I bambini sono le prime vittime, raccogliamo la loro paura, facciamo sentire la nostra forza, il nostro coraggio, la nostra fede nel futuro che sarà la loro terra. Come spiegheremo a loro che i soldi che usiamo per armarsi e fare le guerre potrebbero essere utilizzati per combattere la fame nel mondo?
Oggi non sarà facile rispondere alle loro domande, se non li proiettiamo in un futuro migliore. E un futuro è già oggi se lavoriamo sulla solidarietà, sulle relazioni intessute di ascolto e dialogo, se ascoltiamo, teniamo a bada la nostra aggressività, la voglia di prevalere, il nostro egoismo. Se impariamo il dialogo, la convivenza, se costruiamo reti di aiuto, se ci prendiamo cura uno dell’altro.
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Silvana dice
Bello il senso, ma la retorica di “padri e mogli” è veramente stomachevole. Per immaginare un futuro diverso bisogna anche fare uno sforzo di empatia nel riconoscere l’autodeterminazione di chi non si riconosce nei ruoli tradizionali della sovrastruttura patriarcale, da cui derivano tutte le guerre.
Peppe dice
… che commento astioso, addirittura stomachevole, leggo dal primo numero Comune Info, mai letto un giudizio così sprezzante.
Sarà il clima da Covid o la guerra che ci rende acidi.Boh