La resistenza di cittadini, movimenti e occupanti a Primavalle ha reso più evidente e odiosi i muscoli del ministero dell’interno ma anche l’inerzia e l’ipocrisia della giunta capitolina. In questo articolo prezioso Renata Puleo, per molti anni maestra e dirigente scolastica in quell’angolo di Roma, restituisce dignità alla ricca storia di quel territorio, tra deportazioni, antifascismo, baraccopoli, profughi, occupazioni, conflitti, solidarietà. Negli anni ’80 e ’90 “la convivenza fra le diverse realtà di un quartiere, che di fatto non lo era, data la sua dispersione e la sua storia, si realizzò intorno alla scuola – scrive Renata – La scuola restò il centro dei conflitti e della loro risoluzione. Non con silenziosa e ostile tolleranza, ma mediante forme di solidarietà attiva, le persone si sono conosciute, mescolate, hanno partecipato alla gestione dei problemi…”

Anno scolastico 1988/89, Primo Circolo Didattico Pietro Maffi, Primavalle, Roma. Da settembre assumo la titolarità come Direttrice didattica del Circolo (vecchie denominazioni – come quelle più sotto utilizzate – superate dalle contro riforme all’esordio del nuovo secolo). Provo a mettere in comune qualche ricordo di quel periodo, forse significativo per capire come problemi vecchi e mai affrontati si ripresentino in abiti diversi. Sulla configurazione sociale della zona, spesso oggetto di cronaca nera e politica, sulla sua storia, sono certa che molti lettori potrebbero scriverne meglio e più diffusamente, o fruire dei resoconti bibliografici e fotografici assai ricchi conservati presso la Biblioteca Comunale Franco Basaglia. Ma, voglio credere che la memoria personale di ciascuno di noi possa, pur nelle lacune e nelle imprecisione, svolgere un ruolo a fianco della storia di fonte più accurata.
Il nucleo centrale del Primo Circolo è collocato in un quadrante in cui insistono, gomito a gomito, un edificio del 1952 ospitante la scuola dell’infanzia statale, comunale e le classi del grado elementare, un prefabbricato degli anni Sessanta con le stesse caratteristiche (tre – undici anni), una scuola media, un istituto superiore. Le palazzine di quattro/cinque piani hanno aspetto dignitoso. La popolazione è mista, marginalità italiana e classe media di commercianti e impiegati, immigrazione vecchia e recente, nord africana, dell’Est Europa, cinese.
La Primavalle storica inizia a cinquecento metri da qui, dove la Via Maffi diventa Via Federico Borromeo, diffusa a scacchiera ai due lati del decumano, fra due piazze. Insediamento popolare voluto dal Fascismo, casette basse a lotti raccolti intorno ad ampli cortili, la chiesa in stile razionale, la scuola. Il Regime vi collocò gli abitanti provenienti dei borghi intorno alla Basilica di San Pietro. Deportazione che la propaganda millantò come necessaria bonifica del vecchio abitato per far spazio a Via della Conciliazione, ma che in realtà era funzionale a collocare fra due forti militari, Boccea e Braschi, una popolazione spesso ribelle. In ogni caso, come succederà anche per altri quartieri di Roma, si riteneva ormai insostenibile la convivenza di diverse classi sociali, miscela secolare inadatta alla nuove funzioni di rappresentanza della città. Il trasferimento mal tollerato creò, malgrado il controllo militare, quelli che saranno i nuclei di resistenza urbana al Fascismo, le cellule sindacale e comunista. Nel secondo dopoguerra si andò formando un’ampia zona periferica, oltre l’insediamento fascista. Fra le marrane a cielo aperto, dove insisteranno le scuole del Primo Circolo, venne crescendo la baraccopoli di immigrazione italiana, anche questo crogiuolo della lotta per la casa degli anni Settanta, importante palestra di formazione politica.
Quando nel settembre 1988, ottenni la titolarità del Primo Circolo venne aggiunto un plesso nuovo, in zona Quartaccio, ancora più a margine del nucleo primavallino, fra le vie Torrevecchia e Boccea, verso il raccordo. La scuola di recentissima costruzione si trovava a ridosso di un nuovo complesso di case popolari. Non assegnate ufficialmente erano state occupate dai senza-casa provenienti da tutta la cintura metropolitana. Nel piazzale antistante la scuola sostavano una decina di roulottes di Rom. Nessun servizio autobus e di raccolta rifiuti. Le famiglie avevano iscritto i bambini al Primo Circolo già durante l’estate e fu assegnato l’organico per un tempo pieno vecchia maniera, due insegnanti per classe. Molti minori erano privi di documentazione sia anagrafica che scolastica, spesso avevano vagato per la cintura cittadina senza completare l’anno scolastico. In ufficio li avevano iscritti considerando le dichiarazione dei genitori e, quando possibile, per leva. Altro problema riguardava l’edificio scolastico che era stato dichiarato inagibile dall’ufficio tecnico della Circoscrizione XIX (oggi Municipio XIV ) che vi aveva apposto i sigilli. Secondo il Provveditorato agli Studi di Roma e gli uffici circoscrizionali avremmo dovuto accogliere i bambini negli altri plessi, “gonfiando provvisoriamente” le classi. Chiesi un sopralluogo e lo effettuammo, alcuni genitori del Consiglio di Circolo, i consiglieri dell’opposizione, un ispettore scolastico, vari attivisti dei gruppi di occupazione e la polizia urbana. L’edificio bellissimo, con grandi cortili, un anfiteatro, aule luminose, mensa, alloggio di portierato non mostrava alcun problema. Era appena evidente che l’apertura della scuola avrebbe ufficializzato la presenza delle famiglie, legittimato l’occupazione e le richieste di assegnazione, avrebbe obbligato l’amministrazione comunale a fornire i servizi. I tecnici cambiarono la relazione e, in qualche modo, si avviò l’anno.
Nel Novanta al Primo Circolo venne aggregato anche un Centro Territoriale (CTP, ora CPIA), un grado di istruzione rivolto alla popolazione adulta e giovanile non alfabetizzata, non diplomata, diversamente espulsa dall’obbligo, e adolescenti provenienti dalle zone di guerra dell’est balcanico e rifugiati di altri successivi conflitti regionali. Non ci fu nulla di facile, in quegli anni. Ma la convivenza fra le diverse realtà di un quartiere, che di fatto non lo era, data la sua dispersione e la sua storia, si realizzò intorno alla scuola. La scuola restò il centro dei conflitti e della loro risoluzione. Non con silenziosa e ostile tolleranza, ma mediante forme di solidarietà attiva, le persone si sono conosciute, mescolate, hanno partecipato alla gestione dei problemi. La consapevolezza politica costruita sul vecchio ceppo comunista, si è accresciuta intorno alla Camera del Lavoro, al centro sociale attivo in un edificio occupato, alla sezione del Pce e successivamente di Rifondazione.
Oggi Primavalle e le sue periferie vivono drammaticamente gli effetti della crisi, prese nella micidiale morsa di Casa Pound e delle misure repressive volute dal Ministro della Sicurezza. Lo sgombero di Via Cardinal Capranica rappresenta una ferita in un tessuto già lacerato (leggi anche Lettera a Laura Baldassarre di Marco Bersani). Nelle sue crepe, nel mutismo di quel che resta della sinistra e nella pochezza dell’amministrazione capitolina, si insinua una nuova miseria, impasto di paura, intolleranza, razzismo. E la scuola, presa nell’attivismo aziendale di recente conio, cosa ha oggi da dire e da offrire?
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Grazie per questa preziosa testimonianza storica dal basso.
Fiera di lavorare in questa scuola! Cerco ogni giorno di dare il mio contributo perché la cultura è di tutti. Grazie Renata!