Per tessere la loro fitta trama nella società e nei territori della resistenza al sistema dominante e alle sue patologie, la cura e la riproduzione della vita seguono spesso canali invisibili in superficie. In Cile non è il momento della piazza, le statistiche ufficiali segnano 130 mila contagi su 18 milioni di abitanti, la grande rivolta dell’autunno scorso, quella che media e politici chiamano “esplosione sociale”, non s’è spenta ma ha preso altre strade. Si è immersa in profondità nei territori e nei quartieri delle grandi città, ha generato una forte coscienza collettiva e oggi, con la pandemia che investe con violenza il Sudamerica, sviluppa con molta creatività organizzativa la protezione reciproca e significative esperienze di una nuova relazione con la natura e con il consumo. Mentre lo Stato si limita a una sfrenata militarizzazione del territorio che non offre alcun sostegno contro la pandemia, la gente si prende cura della gente, dicono a Raúl Zibechi alcune delle donne che fanno parte delle centinaia di assemblee territoriali nate con la rivolta. Questa ottava puntata del suo grande reportage “a distanza” sulla resistenza al coronavirus dei movimenti anticapitalisti dell’America Latina (qui le precedenti: I–II–III –IV –V–VI e VII) diventa così, nelle sue stesse parole, un piccolo corso avanzato in dieci microlezioni sull’economia politica antipatriarcale e anticapitalista dal basso

Nel mese di maggio, ho potuto seguire un corso avanzato in “economia politica dal basso”. Si parlava delle relazioni per la cura e la riproduzione della vita che si intessono nei canali invisibili della società. Non è un caso che ci fossero quattro donne incaricate di portare alla luce quel mondo, tutte appartenenti ad assemblee territoriali nate durante la rivolta cilena.
Due di loro vivono a Valparaíso, dove la logica organizzativa non fa riferimento ai rioni, ma alle colline, che contraddistinguono la geografia urbana. Oltre a una ventina di assemblee su altrettante colline, hanno formato delle “cinture” territoriali che le collegano, un nome che ricorda le “cinture industriali” di Santiago sotto il governo di Salvador Allende.
Altre due fanno parte dell’Assemblea di Villa Olímpica e della Rete di approvvigionamento nata in quella zona, ma estesa a buona parte di Santiago. Una città che ha visto la nascita di quasi 200 assemblee che continuano ad essere operative, non più per strada, ma come canali di condivisione della vita delle comunità e dei quartieri di una capitale infestata da poliziotti e militari.
Lezione 1: Farsi carico della vita
– Tutti gli aspetti della vita sono in crisi: la salute, l’educazione, l’alimentazione. La rivolta ha generato una coscienza collettiva, la protezione reciproca, molta creatività organizzativa, che con la pandemia ci permette di attivarci in altri modi. Insieme ci prendiamo cura di noi stesse e di noi stessi, ci prendiamo cura dei più vulnerabili, con reti di approvvigionamento, gruppi d’acquisto, orti urbani… (Nelly, dalle assemblee territoriali di Valparaiso)
– Questo contesto mostra come il governo assassino non si fa carico della vita della gente, ma si militarizza solo per proteggere i propri affari. La sostenibilità della vita è in noi, nelle nostre organizzazioni e nei nostri corpi, perché loro non faranno altro che reprimerci, vogliono introdurre una dittatura in democrazia. Ci resta solo: “la gente si prende cura della gente” [uno slogan molto in voga dall’inizio della pandemia, ndt], perché è grave quello che sta succedendo da noi, come la mancanza d’acqua (Beatriz, assemblea di Villa Olímpica).
– Quello che stiamo vivendo è una sfrenata militarizzazione del territorio; in questa situazione in cui il governo non fa altro che reprimerci, dobbiamo prendere in mano la vita, la sostenibilità della vita (Pamela, comunicazione delle assemblee territoriali di Valparaíso).
Lezione 2: Empatia con la Terra
– Gli orti urbani sono un processo molto lento, non si può pretendere che riforniscano di cibo un intero quartiere. Ma creano un rapporto diverso con la natura, con il consumo, perché generano nuovi tipi di esperienze, come il compostaggio, che porta gli abitanti a differenziare i rifiuti e a prendersi l’onere di portare gli scarti all’orto della comunità. Si forma un rapporto di empatia con la terra che è molto diverso dall’andare al supermercato. Creiamo anche dei legami tra di noi, facciamo comunità (Pamela).
Lezione 3: Fuggire dal supermercato, fare comunità
– Le assemblee acquistano direttamente dai contadini senza passare da intermediari, per l’approvvigionamento dei quartieri. Abbiamo fatto una lista delle persone a rischio, degli anziani e delle persone costrette in casa o con problemi economici, in modo che abbiano accesso a un pacco di prodotti di prima necessità (Pamela).
– La rete di approvvigionamento è iniziata quattro anni fa per collettivizzare gli acquisti, tagliare fuori gli intermediari per abbassare i prezzi, ma anche per fare comunità mediante qualcosa di tanto importante come il cibo. Abbiamo iniziato con gli acquisti collettivi di verdure. La rete è cresciuta e abbiamo contattato altre reti in città per fornire verdure, generi alimentari, proteine, carne e prodotti per l’igiene personale. Questo permette alle persone della rete di non andare al supermercato, che è fonte di contagio. A casa mia tutto il cibo viene acquistato attraverso la rete, senza andare al mercato (Siujen, rete di approvvigionamento di Villa Olímpica, Santiago).

Lezione 5: Redistribuire piuttosto che accumulare
– Come comunità ci facciamo carico di una quota che ci permette di aiutare le persone che non possono pagare il pacco di prodotti di prima necessità. Con la quota generiamo un piccolo risparmio, che ci trasforma in una sorta di mini-banca che presta a chi ha più problemi economici, perché pensiamo che il picco sarà dopo, quando non ci sarà lavoro e tutto sarà precario. La maggior parte delle persone della rete lavora in condizioni precarie (Siujen).
– L’idea che le persone aiutano le persone è la cosa più importante. Mettiamo insieme un fondo comune che a turno viene assegnato alla famiglia della rete che ne ha più bisogno, la più vulnerabile, dopo una discussione sui criteri. Ora dobbiamo pensare a come sostenere le persone che si ammalano, perché c’è stata un’esplosione di casi e il sistema non risponde. L’unica cosa che sanno fare loro è mettere i militari in strada (Beatriz).
Lezione 6: Le donne o la rete delle reti
– Noi mamme siamo quelle che portano avanti le attività di cura e che tengono in piedi tutto, con il baratto, il sostegno reciproco, senza denaro. Nella rete si intrecciano tre o quattro reti, e Villa Olímpica è diventata una zona di distribuzione per un’intera area di Santiago (Siujen).
Lezione 7: Faccia a faccia, senza intermediari
– Noi ci occupiamo della distribuzione delle reti La Canasta e Pueblo a Pueblo, che consegnano verdure senza intermediari, in contatto diretto con i fornitori, con persone che producono fuori Santiago e che devono consegnare in città. Abbiamo deciso di sostenere solo gli intermediari il cui unico reddito è l’acquisto e la vendita di prodotti. Ora siamo alla ricerca di cose nuove, semi, granaglie, qualcosa che fino ad ora non abbiamo avuto (Siujen).
Lezione 8: Prendersi cura di se stessi in comunità
– Sono stata contagiata dal Covid due settimane fa e non manca niente a casa mia, le compagne e i compagni si arrischiano a venire a casa mia per portarmi da mangiare. È un esempio di come la solidarietà e le reti amiche permettono che la vita di non peggiori troppo (Beatriz).
Lezione 9: Povero è colui che è solo
– La vera precarietà è quella delle persone che non sono collegate alle reti di solidarietà, è quella della solitudine e della privazione, perché il denaro non serve a nulla se non si dispone di una rete che ti porta il cibo (Beatriz).
Lezione 10: Rivolta, la madre del mondo nuovo
– Noi la chiamiamo rivolta, la classe dirigente l’ha chiamata esplosione, perché la protesta gli è scoppiata a sorpresa (Nelly).
– Guai a noi se la rivolta non fosse passata attraverso le nostre vite moltiplicando i nostri contatti e le nostre reti (Beatriz).
– Siamo grati alla rivolta perché senza quel processo la pandemia sarebbe stata molto dura, non avremmo avuto i legami di fiducia né avremmo incontrato altre organizzazioni. La rivolta non è mai finita, ha preso altre strade. Abbiamo generato strumenti che non avremmo creato senza la pandemia. Non c’è modo che in Cile la rivolta non continui (Siujen).
– La rivolta è passata attraverso i nostri corpi, non abbiamo dimenticato i morti e gli oltre 400 occhi mutilati, cosa che è stata del tutto intenzionale. Quello che facciamo nelle assemblee è mettere in discussione la vita che abbiamo fatto fino ad ora. L’altro mondo possibile lo stiamo facendo adesso e nessuno può portarci fuori di qui, il Cile sta cambiando (Nelly).
– In questo contesto oscuro, quello che ci salverà è ciò che ci ha sempre salvato come popolo: la qualità dei nostri legami, il coraggio di affrontare le avversità, il coraggio profondo che è in ogni donna che esce a fare la spesa o a impacchettare la farina che viene acquistata all’ingrosso e distribuita nella rete. Né la pandemia, né la repressione, né la tortura, né l’omicidio, distruggeranno questo nuovo mondo che portiamo nel cuore. La rivolta ci ha collegati ai secoli di profonda resistenza del nostro popolo (Beatriz).
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“L’agricoltura allelopatica“, esclama Doricel all’altro capo del telefono. Lo ripete più volte. E nient’altro.
Non ci resta che ricorrere al dizionario. Beh, a Wikipedia.
Doricel cerca di spiegare perché nei quartieri periferici di Popayán, dove gli studenti e gli abitanti hanno messo in piedi l’agricoltura urbana e le mense popolari, hanno optato per gli orti circolari nonostante la resistenza iniziale di alcuni.
“È il sistema usato dai popoli originari e lo facciamo perché è più efficiente e per aprire la mente ad altre possibilità oltre alla struttura quadrangolare”, spiega. Da un lato, ci permette di utilizzare meglio l’acqua, poiché viene utilizzato solo il 30% di quello che usano le altre colture lineari.
“Inoltre, il nostro è un sistema molto vario, verdure, legumi, aromi, cipolla e aglio, e questo significa che possiamo fare un sistema allelopatico. Le piante che non sono resistenti agli insetti sono protette dalle piante aromatiche che coltiviamo nel cerchio successivo. La diversità respinge gli insetti, e le piante aromatiche attirano gli impollinatori. Cerchiamo la complementarietà“.
Gli orti circolari sono legati alla cosmovisione indigena che stabilisce una connessione tra la terra e l’universo. Infine, spiega Doricel, “questa tecnica rafforza il tessuto sociale, perché permette alle comunità di lavorare in modo più cooperativo”.
Gli uomini e le donne che coltivano gli orti nella periferia urbana di Popayán portano fazzoletti e nastri rossi. Nelle grandi città, le autorità hanno chiesto alle persone bisognose di appendere un fazzoletto rosso alle finestre. “Qui diamo un nuovo significato ai fazzoletti rossi, trasformandoli in fattori di resistenza e dignità“, dice Doricel, sottolineando che l’84% della popolazione della sua città ha un lavoro informale.
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La popolazione è tornata per le strade, a Santiago e a Port-au-Prince, ad Atene e a Montevideo, in diverse città assediate dalla quarantena e dalla fame. Un’ondata di dignità sta cominciando a travolgere il nostro continente. Cacerolazos generalizzati a Santiago [proteste tipiche che si svolgono alle finestre percuotendo pentole, ndt], barricate e sassaiole a El Bosque, La Victoria e La Legua, comunità stanche della prigionia e della miseria denunciano l’incompetenza del governo. Il 18 maggio si è rotto il silenzio e le strade sono state riaperte.
Fonte: “Diez lecciones sobre la Otra Economía, antipatriarcal y anticapitalista”, in
desInformémonos, 20/05/2020
Traduzione a cura di camminrdomandando
Grazie per le informazioni. Condivido pienamente resistenza e resilienza anticapitalista e neoliberista. Per un mondo migliore, più giusto e più solidale e uguale.