In un mondo super-militarizzato – lo scorso anno sono stati spesi in armi due mila miliardi di dollari – come possiamo pensare di risolvere il conflitto ucraino con l’invio di armi? Soltanto l’Italia ha investito in armi 30 miliardi di euro. Lo scopo delle armi? Difendere lo stile di vita del 10 per cento della popolazione mondiale che consuma il 90 per cento dei beni prodotti. A pagarne le spese sono miliardi di impoveriti e lo stesso Pianeta. Alex Zanotelli non lancia solo un grido molto puntuale contro l’orrore di chi sostiene in tanti modi la guerra, ma suggerisce alcune proposte: digiuno per la pace, partecipazione alla manifestazione del 5 marzo, organizzazione di una una carovana che entri a Kiev per perorare la pace, come nel 1991 a Sarajevo
Sono in digiuno per la pace, contro la guerra. Che è orrore, come ogni guerra, ma questa non è mai stata così vicina, con morte, distruzione, macerie, vittime innocenti, un’umanità in fuga. È la conseguenza della nostra follia, quella di Putin sotto gli occhi di tutti.
Sotto gli occhi di tutti nell’attaccare l’Ucraina e mettere a repentaglio tante vite di civili. Ma anche della follia della Nato che continua a giocare con il fuoco. Non dovevano forse gli Usa-Nato già dal 2014 convocare un tavolo di trattative per il rispetto degli accordi di Minsk sottoscritti per fermare una guerra civile durata otto anni, anticamera di questa che rischia di precipitare in un confronto mondiale? Abbiamo perso solo tempo, la diplomazia europea dell’ultimo momento è stata impotente. Ora giocano con il fuoco che adesso divampa ovunque con il rischio di portarci a un «inverno nucleare».
LEGGI ANCHE
Ti armo Enrico Eulig
Sul virus del militarismo Wu Ming
Virilità guerriera Lea Melandri
Elogio della diserzione Marco Arturi
Guerra e demenza senile Franco Berardi Bifo
È la terza guerra mondiale? Lorenzo Guadagnucci
Ogni guerra semina il fascismo Raúl Sánchez Cedillo
L’Ucraina e il bisogno di pacifismo Giulio Marcon
Cosa dobbiamo dire ai bambini Paola Nicolini
In un mondo così super-militarizzato (lo scorso anno abbiamo speso in armi circa due mila miliardi di dollari) come possiamo pensare di risolvere il conflitto ucraino con l’invio di armi all’Ucraina? E invece l’Europa, fin qui divisa, si riunifica con le armi. L’Italia, in barba alla legge 185, e la Francia hanno già deciso di inviarvi armi letali. La Germania, per altro, (con una costituzione pacifista), ha deciso oltre all’invio di armi, di stanziare 100 miliardi di euro per ampliare il suo arsenale arrivando così alla richiesta Nato di spendere il 2% del PIL in armi.
Altro che Europa della pace. Diventeremo il continente più militarizzato. È così si innescherà nel cuore dell’Europa una guerra che ci disgregherà tutti con l’addio all’Unione Europea, e ha vinto alla fine la costruzione del «nemico», così ben rappresentato dalla Russia nella mani di Putin. Dietro ci sono gli affari reciproci dei “complessi militar-industriali” che dominano ovunque e che finora hanno permesso agli Usa di fare tutte le guerre del secolo, dall’ Iraq, alla Siria, all’Afghanistan, alla Libia, che hanno fatto scomparire l’Onu.
E non dimentichiamo che le armi pesano moltissimo sull’ambiente per cui la pace possiamo ottenerla solo con l’eco-giustizia. Lo scopo delle armi è quello di difendere lo stile di vita del 10 per cento della popolazione mondiale che consuma il 90 per cento dei beni prodotti. A pagarne le spese sono miliardi di impoveriti e lo stesso Pianeta che non sopporta più Homo Sapiens che è diventato Homo Demens.
È in gioco la vita stessa, per questo diventa oggi imperativo impegnarsi per spegnere il fuoco «in piedi, costruttori di pace» aveva gridato quel grande vescovo non violento, don Tonino Bello, all’arena di Verona nel 1991. Tonino si era tanto battuto contro l’entrata dell’Italia nel conflitto in Jugoslavia, scontrandosi con il Parlamento e soprattutto con il Presidente Cossiga. Straordinario il suo coraggio di osare con quel gesto clamoroso di andare a Sarajevo, in piena guerra, con monsignor Bettazzi e i Beati i costruttori di pace. Perché oggi non abbiamo lo stesso coraggio di far partire una carovana che entri a Kiev per perorare la pace? Sarebbe auspicabile che i presidenti delle Conferenze Episcopali Europee con il Segretario di Stato Pietro Parolin tentassero di entrare a Kiev sia per far cessare il fuoco che per portare le parti in conflitto a sedersi ad un tavolo per porre fine alla guerra. Non possiamo restare indifferenti, paralizzati a casa davanti ad uno schermo, dobbiamo esporci, scendere in piazza per dire No a questa barbarie. Ha ragione papa Francesco, quando ci dice che oggi con le armi batteriologiche, chimiche e nucleari che abbiamo, «non ci può essere una guerra giusta. Mai più guerra» e ad ogni balcone mettiamo la bandiera della pace: mandiamo questo segnale a chi scende in pazza contro la guerra in Russia.
Mi appello a voi tutti, donne e uomini di buona volontà, credenti e non, perché ritroviate il coraggio di scendere in piazza, per far ragionare il nostro governo che ha perso la bussola ed è prigioniero dei fabbricanti di armi (l’Italia, lo scorso anno, ha investito in armi circa 30 miliari di euro). Scendiamo tutti per strada sabato 5 marzo a Roma, per esigere che il governo rispetti la Costituzione che ripudia la guerra. È questione di vita o di morte per noi e per il pianeta. Non c’è più tempo.
Inviato anche a il manifesto
Lucio dice
Nel 1992 la carovana dei “Beati i costruttori di pace” a Sarajevo. Nel 2017, su richiesta del patriarca di Mosca a papa Francesco, una reliquia di san Nicola è stata trasferita per qualche tempo in Russia, raccogliendo l’omaggio devoto di due milioni di fedeli (russi ma non solo). La nuova carovana di Pace che invoca padre Alex, non potrebbe essere “consacrata” da quella stessa reliquia che già una volta è andata “in pellegrinaggio” nell’Est? Per i credenti sarebbe uno straordinario atto di fede e di preghiera nel nome del Santo che unisce l’Occidente con l’Oriente. Ma credo che anche per i non credenti sarebbe un segno molto molto forte. Per secoli, in passato, gli uomini si sono affidati ai loro santi per risolvere ciò che appariva irrisolvibile, e poi hanno attribuito ai loro santi intercessioni miracolose. Perché non osare un gesto simile in questo drammatico crepuscolo della modernità?…
Elvira M dice
Condivido pienamente questa analisi Ahimè! Con l’aggiunta che la “democratica” America ha quasi raggiunto il suo obiettivo puntando sulla Russia per distruggere l”Europa
andrea1964 dice
Se gli europei sono cosi stupidi e folli da dar ascolto al folle criminale assassino USA di Biden che ha provocato la guerra tra Russia e Ucraina la distruzione se la sono cercata .
Gli italiani sono un popolo di stupidi ignoranti creduloni che si bevono tutte le balle che il regime italiano dittatoriale gli rifila tramite la PROPAGANDA OSSESSIVA fatta OVUNQUE da giornali-radio-tv-internet e anche con spettacoli o pubblicità !
Sapete come finirà la manifestazione No-guerra a Roma ?
Farete la fine dei NO-VAX o dei NO-GREEN PASS ITALIANI .
Verrete fatti passare da NO-WAR pazzi violenti e assassini !
P.S.
Ormai il sistema dittatoriale Nazista Italiano ed EUROPEO è stato ben collaudato dal 2020 ad oggi 2022 .
Chi si oppone ai voleri dei vari DUX NAZISTI della UE fa una brutta fine !
Alessandra Cangemi dice
I miliardi spesi ogni anno nel mondo per le armi sono duemila. Magari fossero due!
isabella dice
Purtroppo non mi sembra che il richiamo della Pace possa portare in Ucraina la stessa marcia che arrivò a Sarajevo.
Erano tempi diversi.
La narrazione della pandemia ha lavorato ben bene per far sì che la guerra, la nostalgia della guerra, prendesse piede completamente. Ora siamo a questo punto. I pacifisti non sono più utopisti. Sono persone da combattere.
Dopo l’industria farmaceutica ora è il tempo di far arricchire ancora un po’ l’industria delle armi.
Pensavamo che più a fondo di così non si potesse andare. Invece è tutto molto lineare. Si va a grattare il fondo del baratro.
Mi piacerebbe capire se dobbiamo cominciare a pensare come dinosauri in via di estinzione, o se qualcosa si riequilibrerà, prima o poi. Non si sa dove, non si sa come. Chissà