Un master per chi è attivo in territori, associazioni, pubbliche amministrazioni, imprese sociali, cooperative, aziende responsabili, consumo critico, economia solidale. Nasce perché per i percorsi di cambiamento serve la mobilitazione delle comunità locali: altrimenti sarà difficile alzare l’asticella davanti alle istituzioni più ingessate e al greenwashing delle imprese tradizionali. Per riuscirci però occorre trasformare i saperi: le mentalità, le abitudini, i costumi. Per questo è nato il Master di primo livello “Saperi in transizione. Strumenti e pratiche per una cittadinanza ecologica e globale” organizzato dalle Università di Verona, Parma e Trento in collaborazione con il laboratorio di ricerca inter-universitario Territori in Libera Transizione (TiLT)
Per arrivare a quello che non sei
devi andar per la via dove non sei»
Giovanni della Croce, 1580
In questo celebre verso sta tutta la discussione sulla transizione ecologica: è difficile abbandonare strade e abitudini consolidate e avventurarsi su percorsi realmente innovativi.
Serve una rottura con le ideologie economiche, le prassi politiche e i metodi decisionali che ci hanno portato a dove siamo: non si possono risolvere i problemi ecologici e climatici coi paradigmi che li hanno generati.
Il punto è che quello delle emissioni non è affatto un tema “tecnico”, non può essere scorporato da una riflessione più ampia sui modelli produttivi e riproduttivi, sulle logiche della competizione, dello sfruttamento del lavoro e dell’ambiente, sulla promozione continua del consumismo nella logica della crescita illimitata.
Negli ultimi anni è cresciuta la sensibilità attorno alla questione climatica, grazie alla coraggiosa e determinata Greta Thunberg e anche alle nuove generazioni capaci di capirla e seguire ciò che lei interpreta.
La dialettica tra istituzioni e movimenti è certamente fondamentale, a livello nazionale e mondiale, ma non basta: tanti decisori danno ragione a parole a queste proteste dal basso, ma in pochi si sforzano di incidere davvero sulle linee politiche generali.
Ci siamo oramai abituati ai vertici internazionali che si concludono con una serie di dichiarazioni di principio che proiettano però i reali cambiamenti al 2030 o addirittura al 2050 e oltre, lasciando i guai a chi verrà dopo.
Servono invece persone capaci di fare adesso e di fare qui, in ciascun ambito locale. Il master ne forma ogni anno alcune decine; ne servirebbero di più, ma l’intento è cominciare a preparare qualcuno nel qui e nell’adesso dei propri territori.
Rimandare con scuse tecniche è un modo dissimulato per non affrontare la discontinuità
Questa situazione crea disorientamento, sfiducia. Tutti i sondaggi recenti registrano una forte attenzione alle problematiche ecologiche tra la popolazione, eppure crescono l’astensionismo e il senso di delusione verso le forze politiche e le stesse istituzioni.
Per uscire da questo scacco occorre aver chiaro che la transizione non possono farla a tavolino dei capi più o meno illuminati: se riguarda i territori chiama in gioco i territori. Ad esempio provino a piantare i famosi mille miliardi di alberi senza sapere per ogni piantina dove gira la pioggia, tira quel vento, drena il suolo per quella specie o quell’altra…
Per fare davvero le cose serviamo noi cittadini, le associazioni, le cooperative, le imprese, le amministrazioni locali. Però questi progetti funzionano solo se cambiano i vecchi occhiali: occorrono nuove pratiche, nuove teorie, nuovi modi per vedere le cose.
Chi ancora cerca di rimandare si nasconde spesso dietro a argomenti tecnici, economici, scientifici: sale sulla cattedra antica ma tarlata dei saperi novecenteschi e li enumera con certezza fatale.
E fatalmente tu ci caschi se non ne sai abbastanza, se non hai strumenti culturali diversi, se non hai fatto abbastanza esperienze concrete per sapere che no, così non funziona e che il mondo può essere diverso.
E poi ormai chiunque può dire che il re è nudo; figuratevi quella fiaba di Andersen oggi, ai tempi di Facebook: chiunque sia l’Imperatore, subito nei social lo smaschererebbero, ma automaticamente i suoi bravacci insulterebbero il bambino in modo orrendo creando odio e zizzania, così lui continuerebbe pacifico ed imperterrito a imperare anche con le sue nudità al vento.
Quando sveli i meccanismi devi saper generare il cambiamento.
Dobbiamo dunque non solo spodestare i potenti dal trono ma anche sapere bene come vanno fatte le cose: occorrono scienza, coscienza e competenza. E occorre una visione di insieme. Occorre conoscere come funzionano le pratiche là dove funzionano le le idee. Ecco perché questo master è importante.
Chi ne sa, svela facilmente i meccanismi perversi, che sotto la cosmesi tecnocratica spesso sono ancora i soliti: lobby, appalti e corruzione, intrusione sguaiata di qualche politico, cordate accademiche, pseudo-scienziati sul libro paga delle grandi corporation, business as usual, greenwashing, senza contare le ecomafie e la malavita…
Con quello che succede intorno, penseresti che la gente riempia le strade e scuota i palazzi; invece si arrabbia per tutt’altro, fiuta complotti immaginari mentre le cose peggiori procedono, ordinariamente, davanti a noi.
Non si cambiano i processi se non si trasformano i meccanismi che li generano e per far spazio a pratiche trasformative occorre un rinnovamento dei saperi. Vogliamo immaginare insieme questa prospettiva del cambiamento.
Attorno a questa idea e questa consapevolezza è nato il Master di primo livello “Saperi in transizione. Strumenti e pratiche per una cittadinanza ecologica e globale” (https://www.tiltransition.eu/master-saperi-in-transizione/; https://bit.ly/BandoSaperiInTransizione) organizzato dalle Università di Verona, Parma e Trento in collaborazione con il laboratorio di ricerca inter-universitario Territori in Libera transizione (TiLT).
Un anno transdisciplinare per una visione d’insieme
Sono 1500 ore in un anno (60 cfu). Impegna il venerdì e il sabato; l’anno accademico del Master coincide con l’anno solare: anche in questo 2022 si parte in gennaio (la scadenza per l’iscrizione è il 13 dicembre) e si finisce a dicembre. Orario e calendario sono concentrati per semplificare la partecipazione dei molti iscritti che verranno da altre città.
Sono docenti una sessantina di studiosi e studiose con diverse competenze disciplinari, che insieme si integrano in uno sguardo d’insieme. I corsi variano dalla pedagogia alla sociologia, dalla biologia all’antropologia, dalla geografia alla psicologia, dall’economia alla filosofia, con l’idea di mostrare come la transizione sia anzitutto una postura culturale e politica trasversale, prima che una questione tecnica o economica.
Alcuni docenti provengono dalla ricerca universitaria, accanto a loro anche rappresentanti di esperienze, associazioni e movimenti tra i più interessanti in ambito ecologico e sociale.
Il master permette infatti di approfondire concretamente vari esempi di “chi le cose le fa davvero”: un’ampia cerchia di centri educativi e di ricerca, reti di economia solidale, di cooperazione sociale e di sovranità alimentare, progetti di accoglienza di rifugiati, esperienze di cohousing e di villaggi ecologici, fino ad aziende di agricoltura biologica e imprese a carattere valoriale come le B Corp.
In ogni passo del cammino alterneremo la gamba delle dimensioni pratiche e performative dei saperi e quella delle dimensioni teoriche ed epistemologiche implicite nelle pratiche sociali ed economiche.
Le metodologie didattiche saranno quindi diverse e integrate: lezioni, workshop, seminari, visite didattiche e confronti con esperienze, laboratori di progettazione e costruzione di project work.
Le lezioni alternano momenti in presenza in aula, collegamenti online e momenti residenziali nella Casa Laboratorio dell’Asinara a Casaltone (Pr.). Sono sempre garantite, ovviamente, le condizioni di distanziamento e sicurezza.
È un’occasione, forse unica in Italia, di impegnare un anno all’approfondimento, all’incontro, al confronto, alla co-progettazione per permettere a ciascuno di immaginare nel proprio territorio e nei propri contesti di vita dei possibili semi di trasformazione e innovazione, negli ambiti più diversi.
Il tema della transizione attraversa infatti tutti gli aspetti della vita quotidiana e del vivere comune – dall’abitare, al produrre, dal consumare allo scambiare, dalla cura all’accoglienza – ovvero tutti quegli aspetti che costituiscono e nutrono le fondamenta di una comunità e di tutte le sue componenti: di genere e di generazioni, umane e non umane.
I cinque moduli
Si comincia (1) con un’analisi delle premesse epistemologiche della transizione ecologica, da cui consegue (2) una riflessione sull’educazione e la formazione alla sostenibilità. Quindi (3) si rivolge all’esplorazione dei territori, delle istituzioni e delle comunità sostenibili; per poi (4) analizzare le trasformazioni del lavoro, della produzione e del consumo in direzione di nuovi modelli ecosociali. L’ultima parte (5) è dedicata alla progettazione e costruzione di percorsi concreti di transizione.
Lo scopo: trovare sicurezza in sé, creatività, metodi e conoscenze per costruire percorsi di trasformazione ecologici e sociali.
L’obiettivo del master è fornire strumenti teorici e pratici per consentire alle persone di acquisire più sicurezza e creatività e divenire così progettisti della transizione, capaci di costruire piccoli e grandi percorsi di trasformazione a partire dai propri territori.
Ci si ispira alla sostenibilità ecologica, sociale ed economica, e anche ad un ideale concreto di praticabilità della vita. Significa maturare insieme nuove sensibilità, nuovi linguaggi, nuove pratiche sociali e politiche.
Ci si iscrive qui entro il 13 dicembre.
Un master per prepararsi alla trasformazione ecologica e sociale.
“Saperi in transizione” è alla seconda edizione.
Marco Deriu, Antonia De Vita, Francesca Forno
Università di Parma, Verona, Trento – Laboratorio TiLT/Territori in Libera Transizione.
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