Il documentario Food for profit è dunque arrivato a Report mostrando l’orrore ordinario degli allevamenti intensivi, finanziati coi soldi dei cittadini, e il loro devastante impatto ambientale. Intanto, alcuni interventi, tra gli altri, di Paolo Crepet, di Antonella Clerici e del ministro Francesco Lollobrigida confermano come il potere, quello politico come quello mediatico, rispetto alla questione animale preferisca ancora alimentare falsificazione e ridicolizzazione. Eppure nella società su questi temi sono in corso cambiamenti enormi
Mesi fa Paolo Crepet aveva fatto parlare di sé più del solito, immaginando una seratina tutta sesso e rock and roll, che si sarebbe poi miseramente afflosciata a causa dei gusti alimentari della giovane prescelta: “Inviti una ragazza a cena e questa mangia miglio… Ma che ci si fa con una così? L’amore? Ma a quella le viene in mente che dopo le vengono le occhiaie. Chissà che si inventa… Moriremo eleganti”. Era stato poi indotto a porgere pubbliche scuse, travolto da un fiume in piena di critiche che devono avergli suscitato più di qualche preoccupazione sulla sua apparentemente immarcescibile popolarità. Aveva quindi definito le sue stesse parole “frase infelice sull’infelicità”, lasciando basito un pubblico incapace di capire di quale infelicità parlasse.
L’eco di tanta profondità intellettuale si era appena smorzata, quando Antonella Clerici, regina indiscussa di molte cucine italiane, è riuscita a riattivarla nel corso di un’intervista a Belve con Francesca Fagnani, sentenziando che «La tavola svela com’è un uomo a letto» e «Se ordina piatti magri sarà un macrobiotico anche sessualmente, uno spento che non va più in là della posizione del missionario». E ancora «Senza avere nulla contro, ma io con un vegano proprio no. Cosa te ne fai di un uomo che mangia l’insalatina? Che scarta il grasso dal prosciutto?».
Punto di vista maschile e punto di vista femminile che si incrociano e si sovrappongono, persino nell’uso di un identico linguaggio, Che ci si fa con una così? chiede lui. Cosa te ne fai di un uomo così? incalza lei: tanto da legittimare più di un sospetto di una corrispondenza non casuale. I drammatici interrogativi restano senza risposta, ma certo non sono passati inosservati, grazie alla popolarità di cui entrambi godono, posizionati da decenni sui canali tv, l’uno snocciolando perle di sapienza su ogni comportamento umano, l’altra sorridendo ghiotta e sensuale davanti a qualsiasi cadavere animale in salsa succulenta, che lei pare non intravedere nemmeno, mimetizzato com’è tra intingoli e sughi vari.
Un gioco da ragazzi prendere atto dello spessore culturale che induce a identificare macrobiotica e veganismo o a descrivere un vegano come persona che mangia prosciutto dopo averlo ripulito del grasso (sic!). Bypassando queste chicche, entrambi i personaggi, nelle loro svagate affermazioni, richiamano all’antica credenza del binomio cibo-sessualità, declinato in vulgata nazional popolare. «La tavola svela com’è un uomo a letto», insomma. Ma anche una donna.
Quindi, gli alimenti avrebbero una forte connotazione sessuale: ci sono quelli da uomini forti e ci sono quelli da esseri leggiadri ed evanescenti. Gli stereotipi sono radicati e la carne, soprattutto quella rossa, resta alimento icona dell’uomo macho, metafora di virilità. Con il suo stesso aspetto, richiama l’uomo primitivo, quello che si procurava il cibo con la clava: quindi dal cavernicolo passando per il cacciatore moderno, anche lui invaso da un’attrazione fatale per le sue vittime insanguinate, per arrivare all’uomo comune, a un modello virile a quanto pare ancora vivo e vegeto, di certo nella testa di Antonella Clerici. Su uomini che mangiano insalatina (e prosciutto magro!) incomberebbe una sorta di castrazione metaforica, perché rinuncerebbero, insieme al consumo di carne, alla proprio identità virile. Identità che, curiosamente, resiste invece all’invasione, nel mondo maschile, di profumi e deodoranti, gel e depilazioni. Ma tant’è: la coerenza latita nelle cose di questo mondo.
Il passo ulteriore compiuto dal Crepet è avere esteso il disprezzo anche al veganismo femminile, a quelle donne che, nel suo immaginario, si nutrono garbatamente di soia e affini, rafforzando un’identità di genere fondata sulla debolezza. Quadro che però aborre perché a quanto pare il dopo cena per risultare soddisfacente dovrebbe fornire ben altre performance: Con una così delicata che ci si fa, si chiede soffocando uno sbadiglio al solo pensiero. La risposta potrebbero forse suggerirgliela Venus e Serena Williams, entrambe vegane, l’una per motivi salutistici, l’altra per solidarietà. Sempre che impartire lezioni al prof Crepet rientri nella loro disponibilità.
In risposta alle sue affermazioni, un vero esercito di uomini vegani, tra i più apprezzati per la loro muscolosa avvenenza, è stato invece sottoposto dai social all’attenzione di Antonella Clerici, nel tentativo di scalfire le sue convinzioni sul binomio macho-divoratore di cadaveri. Staremo a vedere.
Al di là delle preferenze sessuali dei due personaggi che non scompigliano la vita di nessuno, ciò che drammaticamente emerge dalle loro parole è l’incapacità di capire di cosa si sta parlando quando l’argomento è il veganismo: non di performance in camera da letto, ma del rifiuto dell’uso e abuso di animali nonumani, a cui viene negato ogni diritto alla vita, ridotti come sono a brandelli di cibo. Sono loro i grandi assenti, invitati di pietra alle cene di cui si (stra)parla: si parla di cibo e non si parla di loro, che in quel cibo sono stati miseramente ridotti; neppure si sfiora la questione etica a unico vantaggio di luoghi comuni, falsità scientifiche, autopromozioni come testimonial del carnismo.
La vastità del pubblico di cui godono esigerebbe che persone come Crepet e Clerici facessero affermazioni veritiere, si informassero prima di parlare, fossero consapevoli non delle presunte virtù afrodisiache dei cibi, ma dello scempio di tutti quegli animali che popolano anche il mondo dorato, in cui serenamente si muovono protetti dalla propria presunta e non credibile inconsapevolezza. Di fatto le loro affermazioni si posizionano saldamente sulla difesa dello status quo, che vede il veganismo come minaccia a una filosofia di vita e, aiuto aiuto, all’attuale economia, difesa perseguita non con argomentazioni articolate, ma attraverso la svalutazione ridicolizzante di chi il cambiamento lo ritiene invece assolutamente fondamentale.
Di loro due si è molto detto, ma è innegabile che sono solo dei testimonial, punta di un iceberg, popolato da grandi detrattori del veganismo e dai media che fanno loro da megafono: già una ricerca, pubblicata sul British Journal of Sociology (marzo 2011), fotografava l’attitudine della stampa a gettare discredito sull’aspetto alimentare di una nuova concezione del mondo, descritto come bizzarro, sostenuto da seguaci ascetici, capricciosi, sentimentali, estremisti, in preda ad una nuova mania. Ritratto fortemente screditante, che gli autori, Matthew Cole e Karen Morgan, interpretavano correttamente alla luce della vegafobia, come sostegno allo specismo, quindi considerando il piano alimentare solo uno degli elementi fondanti dell’antispecismo. E spiegavano che il veganismo viene marginalizzato attraverso la cattiva rappresentazione che ne viene data; ridicolizzare è la strategia attuata, esattamente quella che, tanti anni dopo, si ritrova ancora oggi nelle parole di molti.
Una domanda si impone: nella convinta difesa dello status quo, è più stigmatizzabile il ricorso alla ridicolizzazione o l’uso sfrontato della menzogna? Si, perché a un altro personaggio di grande potere, quale Francesco Lollobrigida, attuale ministro dell’agricoltura nonché cognato di Giorgia Meloni, si deve l’apodittica affermazione secondo cui “l’uomo è l’unico essere senziente: non ce ne sono altri”. Solo assenza di quella competenza e cultura, che dovrebbero essere i requisiti minimi di un ministro della repubblica? O la spudorata falsificazione della realtà, concessa dalla sua posizione di intoccabile?
Come che sia, pur a sua insaputa, gli animali nonumani sono invece stati definiti senzienti già nell’art. 13 del Trattato di Lisbona sul funzionamento dell’Unione Europea (di cui l’Italia fa parte, sempre all’insaputa del ministro): senzienti perché capaci di provare sensazioni quali il piacere e il dolore. La Dichiarazione di Cambridge (2012) è poi andata oltre asserendo che tutti i mammiferi, gli uccelli, nonché invertebrati quali il polpo, sono altresì dotati di autoconsapevolezza; la firmarono autorevoli scienziati internazionali (ricercatori cognitivi, neurofarmacologi, neurofisiologi, neuroscienziati…) alla presenza di Stephen Hawking, matematico, fisico e cosmologo, fra i più importanti del mondo. Non basta: è di questi giorni la Dichiarazione di New York sulla coscienza animale, già sottoscritta da 39 scienziati, che ribadisce gli stessi concetti e amplia gli studi, arrivando ad affermare che anche insetti, crostacei, pesci e altri animali non ancora sufficientemente studiati mostrano comportamenti cognitivi complessi e che c’è quindi “una possibilità realistica” che siano dotati di autoconsapevolezza e che tutto questo giustifica una seria presa in considerazione del loro benessere.
La scienza è neutra, non è suo compito dare giudizi morali, ma è fondamentale nel fornire dati e informazioni che invece dovrebbero essere alla base di comportamenti etici. Il punto è proprio questo: l’inenarrabile dose di violenza che l’uomo riversa sugli animali nonumani è resa possibile dallo status che viene loro attribuito, in genere reificati, ridotti allo stato di cose, sempre svalutati, denigrati, diffamati. Niente di diverso da quello che succedeva con gli schiavi: per renderli oggetto di ogni possibile abuso, era necessaria la narrazione che li vedeva subumani, privi di anima (quasi l’esserne dotati fosse certezza per le persone libere), esseri indegni.
Le grandi ingiustizie, prevaricazioni, abusi sostenuti da razzismo e sessismo oggi a parole non sono più sostenibili, anche se lo sono nei fatti. Invece una diffusa ignoranza li autorizza ancora a danno degli animali nonumani, nonostante le continue scoperte scientifiche stiano buttando all’aria l’una dopo l’altra le narrazioni che le giustificano e che dovrebbero imporre una totale rivisitazione del nostro rapporto con loro, che non può prescindere dalla loro senzienza: l’acclarata vulnerabilità al dolore deve imporre che dolore ad essi non possa essere inflitto.
Innegabile che molto di quanto è oggi decretato da scienziati di tutto il mondo è risaputo già da millenni da pensatori illuminati, divulgato oltre un secolo e mezzo fa da Charles Darwin, compreso e sostenuto da decenni da milioni di persone grazie a capacità di osservazione ed empatia. “I maiali nelle condizioni in cui sono allevati sviluppano comportamenti nevrotici e possono letteralmente strapparsi via a morsi la coda l’un l’altro. La loro reazione psicologica è uno dei sintomi della “sindrome da stress suino.…Come gli esseri umani che hanno affrontato la tortura e l’isolamento in prigione, si automutilano e ripetono lo stesso comportamento migliaia di volte al giorno; sono veramente indotti alla follia”: lo scriveva nel 2010 Melanie Joy, chiedendosi perché amiamo i cani e mangiamo i maiali, aggiungendo le sue osservazioni a quelle sempre più frequenti non solo degli i studiosi, ma anche di inorriditi lavoratori dei macelli.
La strada scelta dal ministro Lollobrigida è semplicemente quella di fare affermazioni sfacciatamente false, sfidando serenamente la scienza, che subordina al potere della politica: perché negando che gli animali nonumani provino dolore, può continuare a sdoganare i più crudeli comportamenti nei loro confronti, dalla caccia sempre più libera in omaggio alle potenti lobby che sostengono il suo governo, all’appoggio all’eliminazione di orsi e lupi, dal sostegno agli attuali osceni trasporti di animali condotti al macello alla fiera opposizione alla carne coltivata, che salverebbe miliardi di animali.
In conclusione, una cosa che i regimi autoritari sanno bene è che per sostenere un’idea è necessario mandare messaggi uniformati e coerenti da ogni postazione: leggi, educazione, pubblicità, mass media, interviste…, punendo pesantemente ogni dissenso. I regimi democratici sono estremamente più soft: non servono prigioni né ospedali psichiatrici, perché bastano i messaggi sparsi dovunque, anche sotto forma di esternazioni spiritose e fintoprovocatorie o di pensose riflessioni buttate là in una qualunque kermesse di partito.
Il potere, quello politico come quello mediatico, rispetto alla questione animale è ancora alla fase della falsificazione e della ridicolizzazione, indifferente alle proprie smisurate responsabilità nel sostenere il quotidiano tormento di milioni di esseri, esseri che il dolore lo soffrono in ogni cellula del proprio corpo. La speranza è che i mostri generati dal sonno della ragione diventino incubi e portino al necessario improrogabile risveglio.
Cristina dice
Splendido articolo, chiaro, pacato, profondo. Ce ne fossero.. Grazie!
Annamaria Manzoni dice
Grazie a te Cristina per l’apprezzamento 🙂
Paola Blasi dice
A questa lucidissima giornalista darei l’OSCAR PER LA CORRETTA INFORMAZIONE
UN ARTICOLO MERAVIGLIOSO contro la falsita’ e la propaganda della crudele mediocrita’ dei piu’ cui fa comodo non pensate in modo giusto e nuovo. Troppo difficile del resto per Minus mentali….
Annamaria Manzoni dice
Grazie Paola. Continuiamo a rispondere colpo su colpo a tutte le nefandezze in circolazione!
Annamaria Manzoni dice
p.s.: Non sono giornalista, ma psicologa e scrittrice 🙂
Maria Lucia Mangano dice
Forse lo dovrebbero leggere i due interessati, sperando che possano capire e qualcosa, ma ci vuole anche umiltà e non se ne hanno.
Annamaria Manzoni dice
Grazie Paola. Continuiamo a rispondere colpo su colpo a tutte le nefandezze in circolazione!
Annamaria Manzoni dice
Temo sia una certezza che non lo leggeranno! Grazie per il riscontro 🙂
(Erroneamente compare sotto anche la risposta ad un altro commento di Paola: me ne scuso)
Valeria Valentini dice
Bellissimo articolo che svela la falsità di personaggi che approfittano della loro popolarità per appoggiare le lobby e le industrie della carne a il loro interesse personale ridicolizzando chi non la pensa come loro questo è un modo dittatoriale per potare le masse ad un pensiero comune che fa male alla democrazia agli animali alla natura falsamente indicata come sostenibile e rinnovabile
Annamaria Manzoni dice
Si, è vero: quello che ancora non sembra chiaro è che esiste una connessione per cui il male inferto agli animali nonumani è anche male infero agli umani e alla natura. Grazie per il commento
MASSIMO TERRILE dice
Il miglior articolo sulla disinformazione specista e sulle ragioni dell’antispecismo mai letto.
Annamaria Manzoni dice
Grazie Massimo. Si, dietro le quinte credo ci sia una grande organizzazione di supporto a quella che poi viene spacciata per scelta politicamente corretta
Michele Scotto di Santolo dice
Una sintesi perfetta tra acribia scientifica, precisione argomentativa ed efficacia espressiva. Complimenti, Annamaria!
Annamaria Manzoni dice
Grazie Michele anche per la tua condivisione implicita dei temi trattati
Dora Grieco dice
Grazie. Una lettura del momento che viviamo (e che facciamo vivere agli altri animali) chiara e precisa. Le nostre idee (etica, veganismo, antispecismo…) rimbalzano sui muri di gomma che ci circondano.
Annamaria Manzoni dice
Eh si, ahimè: rimbalzano. Ma è un must continuare a provarci. Grazie Dora
susanna penco dice
Articolo estremanente efficace, anche ricco di originale “sense oh humor”…
andrebbe letto al TG a reti unificate. Grazie Annamaria, un vero capolavoro.
Annamaria Manzoni dice
Cara Susanna, diciamo che a volte il sense of humor lo sollecitano proprio!
Daniela Dal Lago dice
Non sopporto gli animalisti che AMANO cani e gatti per poi sedere allegramente a una grigliata festaiola. Io gli animali non li AMO, li rispetto.
Annamaria il tuo articolo si legge tutto d’un fiato, complimenti per la chiarezza, l’efficacia e anche l’ ironia!
Annamaria Manzoni dice
C’è ancora un’ enorme confusione perchè per molti dirsi amanti degli animali significa parlare di cani e gatti. Confusione che oggi non dovrebbe essere più ammissibile, visto che i mezzi per capire e per sapere sono alla portata di tutti. Persino alla televisione trsmettono qualche pezzetto di verità, pure in mezzo a un delirio di (dis)informazione a sostegno dello status quo. Grazie Daniela del riscontro e dell’apprezzamento