Quanto sembra lontana l’estate 2020, incastrata com’era tra un’ondata e l’altra della pandemia? A ripensarci oggi, per molti versi, l’estate probabilmente meno serena per la maggior parte di noi, sembra quasi una stagione di grande libertà e spensieratezza: non siamo neppure andati in spiaggia col plexigas… Tutto è relativo, però, perché anche la strano tempo che abbiamo vissuto tra fine giugno e fine agosto di cose importanti per farci un’idea di cosa ci aspetta ce ne ha dette, eccome. Molti preoccupanti fenomeni stanno accelerando e il futuro, a detta di diversi scienziati autorevoli, non appare leggiadro. Ci aiuta a comporre uno sguardo d’insieme il consueto e periodico lavoro certosino di Alberto Castagnola sulle geografie ferite del mondo, gli eventi estremi e un riscaldamento sempre più globale
Un nuovo record assoluto di caldo è stato registrato all’inizio del mese di luglio 2020, ma immersi come eravamo nelle prime vacanze libere da quarantene e terrori da virus, quando non addirittura colpiti negli affetti più cari per la scomparsa prematura di parenti stretti o di amici di lunga data, non eravamo in condizione di prestare molta attenzione alle sofferenze del pianeta. Eppure avremmo dovuto farlo, perché molti fenomeni stanno accelerando e il futuro, a detta di scienziati autorevoli, appare sempre più oscuro.
Il riscaldamento globale si è manifestato all’interno del Circolo Polare Artico, nella regione russa della Siberia, dove la temperatura ha raggiunto i 38 gradi centigradi. Nelle regioni di tundra si sono registrati numerosi incendi nelle torbiere, alimentati dal sistema di circolazione delle correnti intorno al Polo Nord, che quando diventano stabili favoriscono le ondate di caldo estremo, che scioglie le nevi e lo strato di permafrost, causando anche il rilascio di metano, gas serra con effetti 23 volte più gravi di quelli determinati dall’anidride carbonica.
A partire dagli anni ’50 le ondate di calore, cioè i periodi prolungati di calore eccessivo stanno diventando più frequenti e più lunghe e hanno subito una accelerazione negli ultimi venti anni.
Il fenomeno riguarda l’intero pianeta, ad eccezione forse della zona centrale dell’America settentrionale. La ricerca qui richiamata ha anche introdotto un nuovo concetto, quello di calore cumulativo, quello cioè che si verifica quando l’ondata di calore dura più giorni, fenomeno che si sta ormai verificando sempre più in Asia occidentale, in Europa centrale nell’area mediterranea , nel Brasile nordorientale e in Alaska.
Per quanto riguarda l’Italia, gli ultimi giorni del mese di luglio portano una ondata di calore generata dall’anticiclone africano che fa superare i 40 gradi in molte città. Con picchi fino a 43 nelle zone interne della Sardegna, nell’area di Decimomannu del medio Campidano, ma è tutta l’Europa centromeridionale ad essere interessata.
La Coldiretti segnala che a luglio c’è stata una media di sette eventi estremi al giorno tra ondate di calore, nubifragi e grandinate. Non si tratta di novità, perché secondo il rapporto dell’ISPRA per il 2019, reso noto nel luglio del 2020, l’anno è stato a scala globale il secondo più caldo della serie storica disponibile, mentre per l’Italia è stato il terzo anno più caldo, dopo il 2018 e il 2015, mentre otto degli anni più caldi si concentrano nel periodo successivo al 2011. Il 2019 è stato anche un anno piovoso, l’undicesimo dal 1961 per piovosità con un più 12% . Aumentano i picchi, e periodi con precipitazioni sopra la media si alternano a periodi secchi, aumentano gli eventi piovosi estremi nelle regioni del Nord e si allungano i periodi secchi in Sicilia e in Sardegna, fino a 97 giorni consecutivi.
Una delle conseguenze già evidenti è costituita dalla carenza di acqua nei paesi europei. Una primavera con pochissime piogge ha confermato che il cambiamento climatico in corso potrebbe ridurre l’acqua a disposizione anche nei paesi a nord delle Alpi.
Ad esempio, alla stazione di monitoraggio del fiume Reno Lobith, si teme di scendere sotto gli otto metri e il rischio è di superare il record dei 6,5 metri dell’ottobre 2018. In Svizzera, invece, nella regione di Basilea, si denuncia il fatto che i boschi si stanno seccando: pini, faggi e perfino le querce.
Ma il problema preoccupa numerosi paesi europei, in particolare il Belgio penalizzato dalla grande densità della popolazione. La questione dovrebbe naturalmente essere affrontata a livello dell’Unione Europea, che però finora si è occupata della potabilità dell’acqua, per la quale esistono delle direttive a partire dal 2000 e c’è una direttiva per cooperare in caso di alluvioni, mentre in pratica non esistono norme sulla carenza d’acqua, ad eccezione della regolamentazione approvata di recente relativa alla possibilità di utilizzare le acque reflue in agricoltura, con l’obiettivo di aumentarne l’uso di sei volte entro il 2025. Inoltre, secondo le previsioni, aumenteranno e saranno più intense le precipitazioni estreme e saranno più lunghi i periodi di siccità.
Molti paesi europei dovranno quindi eseguire opere di difesa e di contenimento dei corsi d’acqua e insieme strutture volte a conservare l’acqua per usarla nei periodi di siccità.
Oltre a questi dati più recenti, quali sono le prospettive del riscaldamento globale secondo gli scienziati? Finora i pochi sforzi internazionali volti ad affrontare le crisi climatica si sono concentrati sulle possibilità di ridurre le emissioni di gas serra che sono la causa principale degli attuali squilibri. Però anche l’eliminazione totale delle emissioni (e siamo ancora lontani da questo obiettivo) non causerebbe un istantaneo raffreddamento del pianeta e ci vorrebbero decenni per produrre questo effetto.
Secondo uno studio recente, apparso su Nature Communications, sono stati ipotizzati degli scenari relativi ai prossimi anni. Ipotizzando che le emissioni di nove sostanze inquinanti (compresa l’anidride carbonica e il metano) siano ridotte del 5% all’anno a partire dal 2020, si possono valutare gli effetti prodotti da ciascuna di esse. Ad esempio, se la CO2 fosse azzerata oggi, rallenterebbe il riscaldamento a partire dal 2033 e ciò richiederebbe di ridurre da un giorno all’altro dell’80% delle fonti di energia mondiali.
Il riscaldamento sarebbe frenato in modo statisticamente rilevabile solo a partire da 2044. Inoltre fenomeni atmosferici come El Nino alterano il riscaldamento; gli oceani rilascerebbero il calore immagazzinato negli ultimi 50 anni per un lungo periodo di tempo.
Ma il motivo principale del ritardo è dato dal fatto che l’anidride carbonica rimane nell’atmosfera per decenni e a volte secoli, prima di essere riassorbita dalla vegetazione e dai mari.
Anche se il metano ha dei comportamenti diversi, l’azzeramento delle sue emissioni nel 2020 non avrebbe effetti sul clima prima del 2039. Questo tipo di analisi potrebbe avere inoltre effetti deleteri sulle popolazioni, demotivandole e creando ulteriori ritardi.
Quindi lo studio suggerisce di diffondere piuttosto i dati relativi alla concentrazione degli inquinanti nell’atmosfera e soprattutto di convincere i governi ad “adattarsi” all’inevitabile riscaldamento dei prossimi anni.
Infine dei dati puntuali: la città più calda è stata Jacobabad, in Pakistan, dove il 16 giugno la temperatura è arrivata fino ai 50 gradi centigradi, mentre alla stessa data, alla Base Concordia , nell’Antartide , si registrava no meno 77,9 gradi. Più di recente, il 12 luglio, in California, nella Valle della Morte, sono state registrate temperature superiori ai 53 gradi, le più alte sul pianeta registrate dal 2017.
- Gli eventi estremi
A giugno gli incendi boschivi nell’Amazzonia brasiliana sono aumentati del 195% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente e sono stati contati 2248 focolai, ma il peggio è previsto nel prossimo mese di agosto: nel 2019 i focolai sono stati oltre 30.000, tre volte di più dello stesso periodo nel 2018.
Nel primo semestre dell’anno la deforestazione ha segnato un nuovo record, con oltre 3000 chilometri di foreste distrutti, con un aumento del 25% rispetto al 2019. In Colombia nell’anno 2019 sono stati distrutti 1590 chilometri quadrati di foresta, ma si è ridotta del 18% rispetto al 2018.
In Ucraina un incendio ha ucciso sei persone e nove sono state ferite durante l’incendio di un bosco che ha distrutto anche 120 case. Centinaia di incendi si sono sviluppati nella Siberia russa, dove nei mesi scorsi si erano raggiunte temperature molto superiori alla media. Secondo Greenpeace dall’inizio dell’anno gli incendi hanno distrutto 92.600 chilometri quadrati di vegetazione, una superficie equivalente a quella del Portogallo.
Nella provincia del Sichuan, nel sudovest della Cina almeno dodici persone sono morte e dieci risultano disperse nelle alluvioni causate dalle forti piogge.
Nell’ovest dell’Ucraina sono morte tre persone e ottocento persone sono state costrette ad abbandonare le loro case a seguito di allagamenti. In Giappone 61 persone sono morte a causa delle piogge torrenziali e delle frane, e almeno dieci risultano disperse.
Nel sud della Cina, nella regione autonoma di Guangxi Zhuang, più di trenta fiumi hanno straripato e altri 433 in tutto il paese rischiano di straripare . Da quando le piogge hanno cominciato a cadere a metà giugno più di 140 persone sono morte e 28.000 case sono andate distrutte.
E’ stato in particolare coinvolto il bacino del Fiume Azzurro ed è grave la situazione creatasi intorno al lago Poyang, dove alcune dighe hanno ceduto. Più in generale, alcuni fiumi, come il Danubio, il Mississippi, l’Orinoco , il Paranà sfociano ormai in mare in un punto diverso della costa. Sono molto cambiati i delta del Reno, della Mosa e della Schelda, e, più di recente, in Cina si è modificato il percorso del Fiume Giallo.
Almeno 191 persone sono morte nelle alluvioni causate da forti piogge monsoniche nell’Asia meridionale: 79 in Nepal, 67 in Bangladesh e 45 nello stato dell’Assam, nel nordest dell’India.
Gli allagamenti nell’isola di Sulawesi, in Indonesia, hanno causato la morte di almeno 36 persone.
I primi di luglio una tempesta di sabbia e polvere, proveniente dal deserto del Sahara, in Africa, ha oscurato il cielo dei Caraibi dopo aver attraversato l’Atlantico.
Negli anni più recenti sono stati registrati due nuovi record per la caduta di fulmini. Il più grande ha colpito il sud del Brasile il 31 ottobre 2018 percorrendo una distanza in senso orizzontale di 709 chilometri, il più lungo con una durata di 16,7 secondi è invece caduto nel nord dell’Argentina il 4 marzo 2019. Entrami gli eventi sono stati registrati dai satelliti, mentre come è noto è difficile effettuare delle misurazioni da terra.
I record precedenti appartenevano ad un fulmine che aveva percorso 321 chilometri nell’Oklaoma nel sud degli Stati Uniti, e a un fulmine della durata di 7,7 secondi, caduto sul sud della Francia.
Quanto alle vittime, almeno 107 persone sono morte a causa dei fulmini in India: 83 nello stato del Bihar e 24 in quello dell’Uttar Pradesh.
Eventi dannosi di entità e gravità estreme colpiscono varie specie di animali, avvicinandole spesso all’estinzione. Secondo l’Unione internazionale per la conservazione della natura 103 specie di lemuri su 107 sono minacciate e 33 sono esposte a gravi rischi di estinzione.
La regione dell’Aragona ha deciso di abbattere più di 92.000 visoni di allevamento dopo che l’87% di essi è risultato positivo al covid -19, tuttavia non vengono fornite informazioni se tali animali avessero il virus prima del passaggio agli esseri umani o se si sospetta che tale contagio sia già avvenuto (spillover). L’Argentina sta cercando di prevenire una invasione di locuste provenienti dall’Uruguay.
Più di 350 elefanti sono morti in Botswana negli ultimi mesi, e poiché hanno ancora le zanne si cerca di individuare le cause tra le malattie, escludendo l’avvelenamento da antrace o per colpa dei bracconieri.
Eventi economici e danni da imprese.
Nei primi di luglio una gigantesca frana ha fatto 170 vittime tra chi lavorava all’estrazione della giada nella zona di Phakant (Hpakant), stato del Kachin, in Myanmar (ex Birmania). La provincia è nota per i giacimenti della giada di miglior qualità, che in gran parte viene venduta in Cina.
Il settore minerario è poco regolamentato, la zona è colpita da frane durante i monsoni e in particolare la miniera di Wai Khar, dove si è verificata la frana, era stata chiusa proprio per questo rischio.
Se si approfondisce la situazione (cfr. Il Manifesto del 3 luglio) non era la prima volta che si verificavano eventi del genere. Nel 2015 altre cento persone che vivevano su una discarica sono morte per una frana e nel 2018 un’altra frana ne aveva uccise 15.
La zona è piena di cercatori illegali che vivono in condizioni precarie, ma è presente anche una rete di Imprese che sono di proprietà dei militari, Tatmadaw, formata da due conglomerate: Myanmar Economic Holding Limited (Mehl) e Myanmar Economic Corporation (Mec).
In Germania un grave focolaio di covid-19 si è sviluppato nel mattatoio della Tonnies nel Reno-vestfalia, con 1400 contagiati, molti dei quali sono immigrati dall’Europa dell’Est.
Questa impresa controlls quasi un terzo del mercato della carne in Germania, grazie a prodotti a basso costo venduti da grandi catene di discount come Aldi e Lidl.
Alcuni dati interessanti riguardano i rifiuti elettronici mondiali nell’intero 2019. Sono stati prodotti 53,6 milioni di tonnellate e potrebbero arrivare a 70 milioni nel 2030. L’aumento è dovuto al maggior consumo, al ciclo di vita breve dei prodotti e alle poche possibilità di ripararli.
Inoltre nel corso dell’anno sono stati raccolti e riciclati solo il 17,4%dei rifiuti elettronici. L’Europa ha la maggiore produzione pro capite pari a 16,2 chilogrammi e l’Asia la produzione maggiore in valore assoluto con 24,9 milioni di tonnellate.
Un articolo del 24 luglio di “Internazionale”, intitolato “Fragole amare” è pieno di dettagli sui lavoratori stagionali romeni e bulgari, importati in pratica senza rispettare le regole contro la pandemia e impiegati in agricoltura senza controlli e a condizioni di paga di massimo sfruttamento.
A partire da giugno la Cina è stata colpita da una serie di nubifragi che hanno causato inondazioni in tre quarti del paese. La grande Diga delle Tre Gole è stata nuovamente oggetto di critiche perché sembra che potesse contenere solo il 9% delle precipitazioni e non ha evitato esondazioni del Fiume Azzurro che doveva invece regolamentare.
La Diga è famosa per le sue dimensioni, ma è ricordata anche per aver sommerso 1300 siti archeologici e 1400 centri abitati in tutto o in parte; inoltre ha comportato lo spostamento obbligato di 1,4 milioni di persone.
I negoziati relativi alla nuova diga sul Nilo in Etiopia, la Grand Ethiopian Renaissance (Gert) con Egitto e Sudan non hanno portato ad alcun risultato e il 15 luglio il ministro delle risorse idriche ha dato inizio al riempimento del bacino. I due paesi a valle sono molto preoccupati per gli effetti che tale nuova diga potrebbe avere sulla portata del Nilo, incidendo in particolare sulle disponibilità di acqua per le coltivazioni.
Anche l’Ecuador è molto preoccupato per la massiccia presenza di pescherecci cinesi nei mari delle Isole Galapagos. Il 27 luglio erano almeno 260 in attività anche nella fascia internazionale per intercettare i movimenti migratori di pesce verso le isole.
In effetti la Cina dispone di una flotta imponente di 16.000 pescherecci d’altura, dei quali almeno 12.000 pescano fuori delle acque nazionali cinesi. Evidentemente la pesca svolge un ruolo analogo a quello del land grabbing in Africa, poiché le esigenze alimentari della Cina sono in rapida crescita.
Le “terre rare” sono invece per la Cina uno strumento essenziale per molte delle contese commerciali con altri paesi, Giappone e Stati Uniti in prima linea.
Le terre rare sono un complesso di 17 minerali con proprietà chimiche simili 8cerio, diprosio, erbio, ecc.) indispensabili per prodotti tecnologici di punta per la transizione energetica e i materiali elettronici e per l’industria militare.
Dalla fine degli anni ’90 la Cina ha garantito il 90% della domanda mondiale, però solo un terzo dei giacimenti si trova sul suo territorio.
Tuttavia la produzione cinese è in continuo aumento, mentre gli Stati Uniti hanno cessato la produzione nel 2003.
Non si deve però dimenticare che il bilancio ecologico è molto meno positivo: la Mongolia esterna denuncia la presenza di laghi tossici, di avvelenamenti da acido solforico e l’esistenza di “villaggi del cancro”.
Inoltre, malgrado abbia il controllo dei mercati internazionali, la sua capacità produttiva è limitata e in conseguenza dal 2018 la Cina è diventata importatrice netta di terre rare.
Inoltre nel 2015 il colosso Shenge ha firmato un contratto con una società australiana che gestisce una miniera in Madagascar; nel 2016 è diventata primo azionista di Greenland Minerals, società australiana che le garantisce l’intera produzione di terre rare estratte in Groenlandia (circa 32.000 tonnellate ogni anno)
Il cobalto, divenuto di recente un materiale essenziale per le batterie delle auto elettriche , mostra una situazione ugualmente drammatica per lavoratori illegali e bambini che pagano un prezzo fisico terribile.
I due terzi dei giacimenti si trovano nella Repubblica Popolare del Congo, in particolare nella zona del Katanga e la produzione nel 2019 è stata di 100.000 tonnellate, su un totale mondiale di 136.000. Altre produzioni sono in Russia, Australia, Cuba e Marocco, mentre il Canada dovrebbe iniziare una attività di raffinazioni dal prossimo anno con la First Cobalt. L’impresa mineraria maggiore è la Glencore , che raccoglie oltre il 60% della produzione del Congo. Il numero complessivo degli “scavatori”, adulti e bambini , utilizzati in particolare per lavorare nei cunicoli e per selezionare le pietre grezze, è di circa 200.000.
Eventi dannosi per l’ambiente italiano.
Anche Il nostro paese è stato colpito da eventi estremi come il resto dell’Europa. Il 16 luglio è finita sott’acqua la città di Palermo, con vittime per annegamento e la circonvallazione trasformata in un fiume in piena, forse l’evento più grave dal 1790.
Il 24 luglio si è abbattuto su Milano un nubifragio con grandinata che ha causato esondazioni, fatto esplodere tombini, sommergere intere zone specie nella parte nord e ha ancora una volta ricordato la necessità di interventi strutturale per il fiume Seveso. I lavori sono da tempo in corso ma ancora non esercitano alcuna azione di contenimento per un corso d’acqua che in parte scorre sotto strade e abitazioni dopo una cementificazione selvaggia.
L’Italia perde suolo per due metri quadrati al secondo, per un totale nell’ultimo anno, di 57 milioni di metri quadri, e come ricorda un rapporto Ispra, costruisce anche in aree a rischio idrogeologico e sismico.
Anche la raccolta differenziata di rifiuti nel Lazio non procede secondo gli obiettivi e la Corte dei Conti indaga sui costi che si continuano a sostenere. Il dato relativo al 2019 evidenzia una raccolta ferma al 44, 9% del totale.
In Sardegna è in corso un tentativo a livello istituzionale di svuotare la legge in vigore per la tutela delle coste e del paesaggio, tenendo presente anche i danni arrecati negli anni ad un importante sito archeologico punico inserito nella città di Cagliari ma assediato dalle costruzioni per oltre due terzi.
Un altro tentativo di offrire ai costruttori territori finora protetti riguarda l’Abruzzo, dove la giunta regionale vuole tagliare 8.000 del Parco Naturale del Sirente-Velino e la superficie totale si ridurrebbe a a 46.381 ettari. Il parco è commissariato da 2015 e non esistono interventi per la sua valorizzazione anche nell’interesse delle popolazioni vicine.
Un rischio potenziale molto grave riguarda i progetti di centrali geotermiche, che potrebbero essere attuati in alcune regioni del nostro paese. In Toscana , sul monte Amiata e nelle vallate vicine, esistono già 34 centrali, di cui fanno parte le ultime due realizzate, Bagnore 4 inaugurata nel 2014 e Bagnore 3 poco distante, tutte controllate da Enel Green Power.
Questi impianti sono accusati di inquinare l’aria e di danneggiare la salute, mentre molti sono ancora convinti che producano una energia pulita. Sembra che emettano gas serra rilasciando ogni anno 3milioni di tonnellate di anidride carbonica e 43.000 tonnellate di metano, ancora più dannoso per l’atmosfera; inoltre queste centrali ricevono sostanziosi incentivi dallo Stato (al pari delle energie fossili).
In prospettiva poi, è in atto un ulteriore conflitto tra valutazioni diverse , relative ad altri progetti basati su una tecnologia diversa , cioè binaria rispetto a quella finora utilizzata per le fonti geotermiche, a ciclo aperto.
Il dibattito è in corso e deve anche tener conto del fatto che l’uso dei fluidi sotterranei piò avere anche effetti sul sistema sismico. La fonte qui utilizzata è una inchiesta apparsa su “Internazionale” del 24 luglio, che merita di essere letta per intero.
Infine, due notizie positive. E’ finalmente entrato in funzione il Mose, cioè il sistema di paratie mobili che possono proteggere Venezia dalle alte maree. Restano i dubbi sulla sua effettiva utilità nel caso di maree finora considerate eccezionali, ma che diventeranno sempre più normali per l’innalzamento del livello dei mari.
Sono ormai 40 le città italiane che si sono impegnate a non utilizzare pesticidi nelle aree urbane e hanno aderito alla rete europea che a sua volta fa parte della Pan Europe (Pesticide Action Network). Restano ancora poco efficaci le misure adottate in sede europea per limitare l’uso di pesticidi in agricoltura.
Politiche e ricerche dannose o utili
Importare pesticidi a basso costo e rivenderli a prezzi quasi di mercato sta diventando una nuova fonte di profitti, il rischio di essere individuati e condannati è basso e i guadagni sono enormi. Ad esempio, si possono acquistare pesticidi in Cina o in India pagandoli dieci o venti euro al litro e rivendendoli in paesi dell’est europeo a ottanta o cento euro.
Tolti i costi, si possono guadagnare 50 euro al litro e con un carico di 160 tonnellate si intascano otto milioni di euro.
Questo giro di affari in Europa vale oltre 11 miliardi all’anno e per più del 10% si tratta di prodotti illegali. In Italia, la vendita di pesticidi illegali comporta solo una multa, negli ultimi tre anni ne sono stati sequestrate 1053 tonnellate e sono state inflitte 668 sanzioni.
Ogni anno si spendono 5 miliardi di dollari all’anno per acquistare il glifosato, il pesticida della Monsanto acquistata dalla Bayer, che nel 2015 è stato giudicato probabilmente cancerogeno, ma del quale l’Unione Europe nel 2017 ha prorogato l’uso per altri 15 anni.
In Italia un decreto ministeriale del 2916 ne autorizza l’uso nelle sole aree agricole e non in quelle verdi urbane.
Il nostro paese, inoltre, è quello che utilizza più pesticidi per unità di superficie rispetto agli altri paesi europei, e si trova al terzo posto, dopo Spagna e Francia, per quantità complessiva impiegata, circa 130.000 tonnellate all’anno. Secondo diversi studi si trovano residui di pesticidi in percentuali di cibi molto elevate.
Il sei luglio un giudice federale ha ordinato la sospensione dei lavori per realizzare l’oleodotto Dakota Access, lungo quasi duemila chilometri dovrebbe trasportare petrolio dal Nord Dakota all’Illinois.
Esiste una fiera opposizione dei nativi americani perchè dovrebbe attraversare territori a loro sacri.
Negli stessi giorni la Corte Suprema ha deciso che il progetto dell’oleodotto Keystone Xl che dovrebbe andare dal Canada al Texas deve essere riesaminato. Invece la Corte Suprema canadese ha rigettato l’appello contro l’ampliamento dell’oleodotto Trans Mountain , presentato dai popoli nativi Sqamish, Tseil-Wauthut e la tribù Ts’elxweyeqw. Sarà quindi triplicata la portata della conduttura che dall’Alberta porta al Pacifico, fino a 890 mila barili al giorno, malgrado i numerosi sversamenti verificatisi in passato.
La Commissione Europea ha presentato a metà luglio la sua strategia per aumentare la produzione di idrogeno attraverso l’elettrolisi alimentata da fonti di energia rinnovabili.
L’idrogeno viene impiegato per diversi usi industriali ma oggi è prodotto quasi solo a partire da idrocarburi fossili. Poiché quando brucia non emette anidride carbonica, può servire a ridurre le emissioni di gas serra.
Infine, segnaliamo che due ricercatori francesi hanno individuato, con una ricerca svoltasi tra il 2000 e il 2014, 800 specie vegetali presenti nella città di Tolosa, Si tratta della vegetazione spontanea di un centro urbano e di una indicazione preziosa per quanti ritengono necessario modificare il rapporto che i centri ad alta intensità demografica hanno con il pianeta.
Molte informazioni utili sono contenute nell’articolo finale dell’Extraterrestre del 9 luglio 2020.
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