“Si capisce subito quando i ragazzini ce l’hanno con voi. Non ridono…”
(Il giovane Holden, J.D. Salinger)
Hanno sofferto, hanno accettato in silenzio imposizioni non sempre comprensibili, hanno saltato passaggi di crescita. Molti hanno occupato le scuole (le occupazioni a staffetta a Milano sono arrivate fino ad aprile), sono scesi in strada, hanno gridato perché non si può morire a scuola a diciotto anni lavorando. E soprattutto non hanno smesso di confrontarsi. Alcuni hanno anche cominciato a cercare strade diverse per affrontare il tempo della pandemia e della crisi climatica, e ora quello della guerra, mentre il presente continua a parlare nello stesso momento il linguaggio del precarietà e quello del consumismo. Di certo, negli ultimi due anni ragazzi e ragazze si aspettavano domande fondamentali che nessuno ha rivolto loro. Di certo hanno capito che loro e la scuola non sono una priorità per chi guarda il mondo dall’alto.
Lo dimostra bene anche questa inchiesta di venti articoli curata da Territori Educativi. Siamo partiti da tre domande. Quali sono le principali “ferite” che la pandemia ha lasciato tra i ragazzi/e? Cosa è emerso nelle proteste e nelle recenti occasioni di confronto tra i ragazzi a proposito dei cambiamenti più urgenti? Cosa possono offrire in questo scenario le esperienze delle scuole aperte e quelle in cui ci si prende cura della relazione scuola/territorio?
Alla prima domanda rispondono, più di altri, gli articoli Quel senso di abbandono (scritto da Zaira, studentessa liceale di sedici anni), Noi studenti dimenticati (intervista a Martina, che in febbraio ha partecipato alla protesta studentesca), Ci avevano tolto tutto (grazie a Ludovica e alla redazione di Trinacria, abbiamo fatto una chiacchierata con Nicoletta, Flavio e Giorgio dei collettivi autonomi del Coordinamento Studenti Palermitani) e Il tempo dell’incertezza (in cui Chiara – giovane animatrice di Acmos, associazione di Torino che da molti anni affianca i più giovani nella loro vita di ogni giorno – prende spunto dalla morte di Lorenzo Parelli, studente diciottenne ucciso in gennaio da una trave di metallo in un’azienda del Friuli).
Per esplorare alcune delle ragioni della protesta che ha preso forma in tante scuole e territori negli ultimi mesi si possono leggere Finalmente noi (in cui Marco Arturi racconta cosa è emerso dal corteo degli studenti del 4 febbraio di Torino), Car* prof, disobbediamo (una lettera del Coordinamento dei Collettivi Studenteschi di Milano in cui si parla, tra l’altro, della relazione tra pandemia e clima, di migranti e di scuole aperte al territorio…), Ma che vogliono questi studenti? (frutto del prezioso sforzo del gruppo Apriti Scuola, nato a Roma durante la pandemia, di ascolto degli studenti e delle studentesse durante la loro assemblea nazionale), Qualcosa di importante (scritto dai ragazzi del Carducci occupato di Milano dopo una settimana di occupazione), ma anche Ad occhi aperti (scritto da Enrico Euli e dedicato alla capacità degli studenti di opporsi ai dogmi del TINA/There Is No Alternative), Facciamoci contagiare (di Futura, sociologa) e Accogliere la rabbia dei giovani (di Daniele Ferro).
A cosa fare partendo dalla relazione scuola/territorio sono invece dedicati altri interventi: Un concetto nuovo di apertura (dove Francesco Mario Colucci scrive del brillante percorso, ignorato dai grandi media, sperimentato dal 2017 nel liceo Righi di Roma per vivere la scuola oltre il suono della campanella), Abbiamo deciso di occupare (in un interessante messaggio congiunto diffuso da tre licei e un istituto superiore romani emerge forte il bisogno di una scuola aperta anche il pomeriggio, che metta a disposizione spazi per la socialità, lo studio, lo sport e la musica), Per un diritto alla città pedagogico (un gruppo di educatori di Cuneo scrive sull’importanza di creare momenti di riflessione collettiva e sull’opportunità di fare inchiesta con i ragazzi/e in tanti territori), Riconnettiamo la scuola alla comunità (in cui Gianluca Palma racconta come partendo dalla disconnessione della scuola dalla vita a Cosenza è nata un’esperienza editoriale di grande interesse).
L’inchiesta include anche Come stiamo? (a proposito di una campagna promossa dalla Rete degli studenti medi e dall’Unione degli universitari per mettere al centro il tema della salute psichica dei giovani dopo due anni di pandemia), Dalla parte degli adolescenti (Ambra Pastore scrive prendendo spunto dalla spaventosa crescita del numero di ricoveri per tentato suicidio dei giovani e di alcune risposte dal basso che non ignorano le fragilità di nuclei familiari e scuole) e un video Le nostre periferie (viaggio per approfondire il legame tra territorio e giovani). Infine, nella scheda Per approfondire abbiamo selezionato quindici articoli, ricchi di dati e analisi, per non smettere di ragionare sui cambiamenti vissuti da ragazzi e ragazze in questi due anni.
Gli articoli dell’inchiesta
Le altre inchieste di Territori Educativi