di Saverio Tommasi*
Ho avuto la possibilità di vedere “Dodici anni schiavo”, il film premio oscar. Racconta la storia vera di Solomon Northup, nero nato libero e rapito per essere venduto come schiavo. E così restò, fra sevizie e soprusi, per dodici anni. Venne liberato, alla fine del film e a due terzi della sua vita, grazie a un incontro casuale con un abolizionista canadese.
Per il resto della sua vita da uomo libero Solomon Northup visse abbracciato alla sua famiglia e impegnandosi per l’abolizione della schiavitù. E aiutando gli schiavi a fuggire tramite la linea ferroviaria. Ripeto: e aiutando gli schiavi a fuggire tramite la linea ferroviaria.
Io, oggi, non vedo molta differenza fra quelli che vorrebbero la reintroduzione del reato di clandestinità, quelli che vorrebbero che la sanità pubblica non curasse chi non è in regola con il permesso di soggiorno, quelli che esultano quando un barcone affonda, e gli schiavisti del 1841, la data di inizio della storia del grande Solomon Northup. Niente di più, niente di meno.
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