JoJo Rabbit di Taika Waititi è un film memorabile perché riesce a far ridere su uno dei periodi più tremendi della storia umana e, al tempo stesso, e far riflettere sulla possibilità di mettere a frutto qualsiasi esperienza, anche la più devastante, per crescere e diventare umani. Un vero capolavoro
Finisce il film e sullo schermo compare una citazione da Rainer Maria Rilke:
Lascia che tutto ti accade: bellezza e terrore. Si deve sempre andare: nessun sentire è mai troppo lontano,
mentre risuonano le note di Helden, versione in tedesco della bellissima Heroes.
JoJo Rabbit è liberamente tratto (con molte variazioni) dal romanzo Il cielo in gabbia (noto anche come Come semi d’autunno) della scrittrice Christine Leunens.
Leunens è nata in Connecticut da madre italiana e padre belga e vive in Nuova Zelanda.
Taika Waititi – sceneggiatore, regista e interprete nella parte di Adolf Hitler – è nato a Rukukore, nell’Isola del Nord della Nuova Zelanda, da padre maori della tribù Whanau-a-Apanui e madre ebreo-russa.
Da una tale mescolanza di origini e culture ha quindi origine un film memorabile, che tratta con profondità e leggerezza insieme un tema apparentemente inaffrontabile: l’infanzia di un bambino che cresce all’epoca del nazismo con il mito del fuhrer.
Johannes Betzler (Roman Griffin Davies, al suo strepitoso esordio sul grande schermo) ha dieci anni quando inizia la storia qui raccontata. Vive con la madre Rosie (Scarlett Johansson), senza un padre che è al fronte. È talmente infatuato da Adolf Hitler da averne fatto il suo amico immaginario, che compare al suo fianco per dispensargli consigli sulla vita. Si è appena arruolato nella hitlerjugend, la gioventù hitleriana che deve provvedere all’educazione, anche militare, dei piccoli ariani che stanno crescendo.
Sarà proprio in uno dei campi di addestramento che riceverà il suo battesimo, dispregiativo e arrogante, dopo che non sarà riuscito a uccidere, come richiesto, un coniglio. Si chiamerà per sempre JoJo Rabbit, ad indicare la sua vigliaccheria.
JoJo è un piccolo nazista come si deve: non mette mai in discussione le opinioni di Hitler, è convinto senza remore della superiorità della razza germanica e, di conseguenza, odia tutto ciò che non ne fa parte: gli ebrei sopra tutti.
Ma in casa, anche se non sempre presente, per motivi misteriosi, ha una madre che (una delle più belle figure materne apparse sullo schermo negli ultimi tempi) non trascura di parlare con lui e di instillargli qualche dubbio sulla ineluttabilità della supremazia e della vittoria tedesca.
E a JoJo, che sta lavorando alla realizzazione di un libro con testi e disegni su quanto ci sia di orrido, nefasto e pericoloso negli ebrei, capita in sorte di scoprire che proprio a casa sua, nascosta in soffitta, è ospitata Elsa, una giovanissima ebrea (Thomasin McKenzie, un’altra rivelazione).
Avvalendosi della luminosa e coloratissima fotografia del (rumeno) Mikai Malaimare Jr, dei fantasiosissimi costumi di Mayes C. Rubeo (messicana), della musica di Michael Giacchino (origini siculo-abruzzesi e cittadinanza italiana), Taika Waititi porta a termine con enorme e convincente successo l’impresa di farci ridere su uno dei periodi più tremendi della storia umana e, al tempo stesso, di farci riflettere sulla possibilità – come ricorda Rilke – di mettere a frutto qualsiasi esperienza, anche la più devastante, per crescere, maturare, diventare umani.
Memore della fondamentale lezione di un maestro come Ernst Lubitsch (ebreo tedesco, emigrato a Hollywood, autore di molti splendidi film e, nello specifico, di quel Vogliamo vivere (To be or not to be, 1942) che è insieme al Grande dittatore chapliniano il più grande film antinazista mai realizzato) Waititi lavora su una cura dei particolari e dei dettagli davvero rara.
L’album delle riflessioni e dei disegni di JoJo; le false lettere del fidanzato di Elsa che costruisce per approfondire il rapporto con la ragazza; l’essere o meno capace di allacciarsi le scarpe (che diventerà motivo fondamentale per la grande svolta della sua vita); il fatto tutt’altro che secondario che sarà il capitano Klenzendorf (Sam Rockwell), un ufficiale nazista omosessuale, a salvargli la vita; i pochi, ma decisivi, insegnamenti che gli lascerà la madre, con, in particolare, un accenno alla danza come liberazione che segnerà per sempre la sua (e la nostra) memoria.
Sono solo alcuni accenni di quello che è un film ricchissimo di elementi da percepire e poi approfondire, passando per una serie di emozioni (dall’ilarità alla rabbia, dalla commozione all’entusiasmo) che contribuiscono a farne un vero capolavoro.
Mi sia concessa una piccolissima notazione di cronaca quotidiana. Ho visto JoJo Rabbit, insieme a mio figlio dodicenne, in una sala gremitissima di genitori e figli giovanissimi. Era il 27 gennaio. Poche occasioni di celebrazione della Giornata della Memoria, di recente, sono state così ricche e appropriate.
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JOJO RABBIT (regìa: Taika Waititi, durata: 108’)
(Nuova Zelanda / USA / Repubblica Ceca, 2019)
soggetto: dal romanzo Il cielo in gabbia (2004) di Christine Leunens
sceneggiatura: Taika Waititi; fotografia: Mihai Malaimare Jr.; montaggio: Tom Eagles; musica: Michael Giacchino; scenografia: Ra Vincent; costumi: Mayes C. Rubeo.
Con: Roman Griffin Davies (Johannes “JoJo Rabbit” Betzler, Scarlett Johansson (Rosie Betzler), Thomasin McKenzie (Elsa Korr), Taita Waititi: Adolf Hitler, Sam Rockwell (Capitano Klenzendorf), Archie Yates (Yorki), Rebel Wilson (Fraulein Rahm), Stephen Merchant (Deertz), Alfie Allen (Finkel).
Produzione: Carthew Neal, Taika Waititi, Chelsea Winstaley per TSG Entertainment, Piki Films, Defender Films, Czech Anglo Productions
distribuzione: 20th Century Fox
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Flore dice
Premetto che non ho visto il film e che non ho nessuna tentazione o curiosità a vederlo, e che sono consapevole che tutta discussione digitale sul tema sia rischiosa e aperta ai fraintendimenti, siamo così sicuri che, oggi, fare ridere sul nazismo sia necessario? “Importante” ? Quando le giovane generazioni avrebbero bisogno si di una vera e propria educazione storica? Un po’ sorpresa del postulato alla base di questa recensione infiammata su Comune-info, e del dibattito in generale sul film che trovo raccapricciante e banalizzante. aperta alla discussione.
Valerio dice
È semplicemente un film bellissimo e commovente e, sì, c’è proprio tanto bisogno di provare emozioni. Puoi guardarlo e dire che non ti piace, emettere giudizi non conoscendo non ha molta utilità se non per se stessi, ciao Valerio