Si prende un modello noto e collaudato, come il Chronic Care Model. Lo si utilizza, molto parzialmente, per una sola malattia, con la sponsorizzazione di un’azienda farmaceutica. E questa la chiamano innovazione? E i medici che partecipano – come spiega un articolo di un sito splendido come Salute internazionale – sono consapevoli di essere parte attiva della relazione intrinsecamente conflittuale e insidiosa tra professionisti sanitari e industria farmaceutica?
di Alice Cicognani, Viviana Forte e Cecilia Francini*
È stato recentemente avviato il progetto InNov@FIMMG, promosso dalla Federazione Italiana dei Medici di Medicina Generale (Fimng). La prima fase si svilupperà in quattro regioni italiane (Toscana, Marche, Umbria e Puglia) e vedrà coinvolti cento medici di medicina generale (Mmg) corrispondenti ad un campione di 150.000 cittadini. Verranno quindi avviate le prime Unità di Medicina Generale formate da medici e personale appositamente formato, dotate di strumentazione diagnostica di primo livello (spirometri, elettrocardiografi, holter pressori, ecografi) e supportate da un sistema di raccolta dati informatizzato.
Come affermato dal segretario nazionale Fimng, Giacomo Milillo, scopo di tale progetto vuole essere quello di “fornire servizi avanzati sul territorio senza oneri aggiuntivi […]” ed ancora “questo modello di sanità di iniziativa consentirebbe un risparmio stimabile di circa 3 milioni di euro l’anno […] maggiore qualità e fruibilità delle cure […] ed ottimizzazione dell’uso delle risorse”.
Uno sguardo critico al progetto InNov@FIMMG:
Questo articolo prenderà in esame il progetto InNov@FIMMG con lo scopo di :
- proporre una riflessione critica sulle priorità nel concepire e affrontare la cronicità;
- analizzare criticamente le innovazioni desiderabili nell’ambito delle cure primarie;
- sollevare apertamente un dialogo sul tema dell’etica professionale, in particolare nei riguardi delle sponsorizzazioni dell’industria farmaceutica nell’ambito delle cure primarie e della formazione medica.
Si procederà analizzando in particolare due aspetti ritenuti essenziali:
- Come si inserisce il modello di cure proposto da InNov@FIMMG all’interno delle riflessioni globali sulla Primary Health Care?
- Quali sono le criticità nel promuovere progetti sponsorizzati dall’industria farmaceutica nelle cure primarie
La gestione della cronicità nelle cure primarie
La necessità dell’impegno di istituzioni e sistemi sanitari nel ridurre l’impatto delle malattie croniche attraverso l’attuazione di politiche e strategie mirate è considerata da tempo una priorita dall’Organizzazione Mondiale della Sanità[1].
Un intervento efficace sulle malattie croniche prevede, secondo il modello dell’Expanded Chronic Care Model (CCM)[2], una prospettiva globale di promozione della salute e il coinvolgimento attivo delle comunità, con un’attenzione specifica ai determinanti sociali di salute[3]. Tale modello pone enfasi sull’importanza del self management, sul ruolo centrale di un’equipe integrata di cure primarie, sulla riorganizzazione delle metodologie di lavoro dei servizi sanitari territoriali[4] e sulla partecipazione della società civile organizzata nella progettazione di strategie condivise di prevenzione e promozione della salute[5].
In primo luogo, il modello proposto da InNov@FIMMG pone in secondo piano la strategia del self management, intesa come coinvolgimento dei pazienti e della rete sociale di riferimento, che si trasformano in soggetti attivi dell’intervento socio-sanitario[6]. Il progetto InNov@FIMMG propone il MMG come figura centrale e unica nella gestione assistenziale e organizzativa della cronicità, mentre vengono trascurate altre figure professionali e non (infermieri, assistenti sociali, cittadini, ecc.) considerate centrali nei principali modelli di CCM.
In letteratura il fenomeno della cronicità è stato ulteriormente problematizzato, in particolare nelle cure primarie[7,8], e risignificato in termini di complessità[9]. In breve: il paziente (ri)diventa persona e quindi non è cronico ma complesso, il che dal punto di vista culturale e assistenziale significa ridimensionare il rapporto duale medico-paziente, abbandonare il modello assistenziale verticale del XX secolo per singola patologia[10,11], portare a consapevolzza l’insufficienza e l’inadeguatezza etico-storica del modello bio-riduzionista[12,13,14]. Attorno a questa idea si sperimentano pratiche[15,16] di lavoro in equipe multidisciplinari di cure primarie, si costruiscono strumenti di valutazione dei bisogni e di pianificazione delle cure con il convolgimento attivo della comunità locale. Approcci alla cura polivocali che, integrando le competenze e i saperi, imparano a lavorare costantemente assieme, affrontando le esigenze del singolo senza svincolarlo dal contesto socio-economico in cui vive[17,18]. Tale approccio riduce la frammentazione tra le varie figure professionali e migliora la qualità del lavoro[19]. A questo proposito esistono interessanti esperienze in Regno Unito, Svezia e Spagna dove sono state sperimentate strategie innovative per l’integrazione tra servizi sanitari e sociali, partendo dal presupposto che i portatori di malattie croniche necessitano di interventi adattati al proprio contesto di vita.
Infine colpisce come la partecipazione della società civile organizzata nella progettazione di strategie condivise di prevenzione e promozione della salute[20], aspetto tanto rilevante, in ordine alle “cure a chilometro zero” e alla “riduzione della spesa”, non sia stato quasi trattato nel progetto in esame.
Nonostante le premesse[21] riportate sinteticamente nel progetto InNov@FIMMG, che spiegano il razionale dell’iniziativa con concetti interessanti come la transizione demografica, la medicina pro-attiva e di prossimità, la crisi del modello ospedaliero e l’empowerment del paziente, stupisce che l’approccio alla complessità di cui dice farsi promotore venga poi canalizzata in programmi verticali, che la formazione prevista per 75/100 medici avvenga per via telematica (Formazione a Distanza, FAD) e che l’innovazione assistenziale sia affrontata esclusivamente in termini di tecnologie diagnostiche (spirometria) e informatiche (family learning).
A questo proposito, è importante sottolineare come l’esperienza dei programmi verticali e dei medici esperti (GP with special interest) di singole patologie sia risultata già fallimentare in termini di salute, di spesa pubblica e di utilizzazione delle risorse nel Regno Unito[22,23,24,25] e in Australia[26].
Critica dei progetti sponsorizzati: questioni etiche e professionali
Solo marginalmente viene menzionata la sponsorizzazione della casa farmaceutica Menarini che consentirebbe, da settembre 2015, l’avviamento di un progetto pilota sulla BPCO (In-spir@FIMMG)[27]. Il “contributo incondizionato” della ditta farmaceutica, come si evince dalle informazioni reperibili, permetterebbe la formazione dei medici di medicina generale FIMMG, l’utilizzo di tecnologie diagnostiche (spirometro) e la creazione di un sistema di raccolta dati sulla BCPO.
Nonostante l’utilizzo di un linguaggio rassicurante purtroppo è necessario chiedersi quali siano le condizioni del contributo.
Perché una ditta farmaceutica ha interesse a sponsorizzare questi progetti? E i medici che partecipano sono consapevoli di essere parte attiva della relazione intrinsecamente conflittuale e insidiosa tra professionisti sanitari e industria farmaceutica? Relazione che, non a caso, è stata paragonata dal British Medical Journal a quella di chi balla con un porcospino[28]: da una parte c’è infatti il medico, chiamato a tutelare la salute in un sistema sanitario in cui svolge una funzione pubblica, e dall’altra c’è un’azienda farmaceutica che applica dinamiche dirette al profitto commerciale, con tutto il corredo di dispositivi legati alle azioni di marketing.
È fondamentale che i medici prendano profonda consapevolezza delle conflittualità intrinseche di questa relazione, e che riflettano nel dettaglio sulle implicazioni delle collaborazioni pubblico-privato. La relazione con l’industria farmaceutica non è eliminabile, dal momento che parte della cura si esplica attraverso la prescrizione di farmaci e l’utilizzo di strumenti diagnostici, ma è fondamentale un chiaro posizionamento etico, a maggior ragione per l’importante funzione pubblica di cui i MMG sono investiti.
In questo legame posizionarsi eticamente significa volersi dotare di strumenti informativi e culturali per saper gestire gli aspetti inconsci o subdoli del marketing e limitare attivamente l’intromissione e l’intervento dell’industria in contesti dove questa relazione è dannosa per la promozione e tutela della salute.
Il progetto InNov@FIMMG ha la potenzialità di modificare l’operato dei MMG nella quotidianità assistenziale anche dopo che la sperimentazione sarà finita; la mancanza di trasparenza rispetto al tipo di accordo che la Menarini ha stipulato con la FIMMG e al tipo di contratto con i singoli MMG che parteciperanno alla sperimentazione solleva ulteriori perplessità etiche e non permette di valutare in profondità la validità del progetto come presunto agente d’innovazione nell’affrontare la cronicità sul territorio.
Un contributo incondizionato può essere veramente tale quando proviene da un’industria che ha interessi primari così diversi da quelli dei professionisti sanitari?
Formazione indipendente vs Formazione Sponsorizzata
Un’altra questione è relativa alla formazione “sponsorizzata”: si accenna vagamente al fatto che il contributo della Menarini sarà utilizzato anche per la formazione dei MMG sulla BPCO.
La formazione in medicina (pre e post laurea) ha come primo obiettivo quello di insegnare una metodologia di pensiero applicata alla clinica che dovrebbe consentire ai medici di aggiornarsi, leggere, valutare criticamente e indipendentemente le evidenze scientifiche per saperle calare nei fenomeni sociali nei quali la vita delle persone si svolge (soprattutto nelle cure primarie). Ci sono forti evidenze sul bisogno di contrastare l’affidamento della formazione in medicina all’industria farmaceutica e sugli effetti inconsci che scaturiscono dai dispositivi commerciali-formativi messi in atto dalle aziende (gli effetti sui comportamenti prescrittivi derivanti dalle interazioni con i rappresentanti farmaceutici, i regali/gadget omaggio, i congressi sponsorizzati, il cibo e l’atmosfera creata)[29,30,31]. In particolare riportiamo, tra le voci più autorevoli, il documento ufficiale dell’Association of American Medical Colleges che dichiara la pericolosità dell’intromissione dell’industria farmaceutica nella formazione dei medici: “per ogni aspetto della formazione in medicina, e per quella accademica in particolare ci sono evidenze sull’effetto corrosivo che si produce sui tre valori fondamentali della professione medica: autonomia, obiettività e altruismo […]. È essenziale proteggere l’integrità nell’insegnamento, nell’apprendimento, nella pratica medica e limitare l’influenza inappropriata o dannosa dell’industria nella formazione in medicina”[32]. Anche l’Institute of Medicine of the National Academies[33] è dello stesso avviso e ha pubblicato un estensivo lavoro che sottolinea come “il rapporto rischio/beneficio del finanziamento delle industrie farmaceutiche sulla formazione medica è per molte ragioni sbilanciato sui rischi”[34].
La gestione e l’accesso ai dati
Il terzo punto riguarda la gestione e l’accesso ai dati che verranno raccolti. Innanzitutto quali dati verranno raccolti? Chi li gestirà e come? La Menarini vi avrà accesso? La Menarini potrà interrompere la sperimentazione qualora lo ritenga opportuno? E se risultassero aspetti negativi dal progetto Innov@FIMMG, verranno pubblicati e/o resi pubblici? Questa riflessione nasce dal fatto che la letteratura internazionale ha mostrato come siano purtroppo sempre più frequenti accordi progettuali che danno allo sponsor il controllo sulla gestione e pubblicazione dei dati[35,36,37].
Strategie di mercato che nocciono gravemente la salute
L’influenza sulla ricerca e sulla formazione è in realtà solo una delle strategie messe in atto dall’industria farmaceutica ed è trasversale ad altre “corporation”. Queste strategie sono state recentemente denunciate anche dalla direttrice dell’Organizzazione Mondiale della Sanità Margaret Chan che asserisce:
“la più grande sfida per la promozione e la gestione delle patologie croniche sta nel contrastare gli interessi economici delle più potenti aziende mondiali, Tabacco, Alcol, Cibo, Bevande, […] che temono ogni forma di regolamentazione e utilizzano le medesime strategie protettive. Pur di proteggersi si servono di gruppi di facciata lobbies, fanno promesse di autoregolamentazione, minacciano azioni legali o avviano ricerche sponsorizzate dall’industria che confondono le evidenze scientifiche e instillano il dubbio tra l’opinione pubblica […] e le tattiche includono regali, borse di studio, contributi a cause meritevoli che dipingono queste industrie come soggetti rispettabili agli occhi dei politici e della cittadinanza. […] Dobbiamo opporci con tenacia a queste dinamiche. Il potere del mercato si traduce prontamente in potere politico. Pochi governi hanno messo come priorità la salute della collettività invece degli interessi del mercato”.[38,39]
In conclusione, dinamiche di mercato si infiltrano inappropriatamente nelle pratiche di produzione, divulgazione e messa in atto delle conoscenze mediche; purtroppo se non si esplicitano tali criticità e non ci si posiziona eticamente si concorre ad alimentare un tipo di cultura dannosa per la salute pubblica.
Conclusioni
L’articolo si è proposto di analizzare il progetto InNova@FIMMG focalizzandosi principalmente su due aspetti: la gestione delle cronicità nell’ambito delle cure primarie e la questione del conflitto di interessi con le case farmaceutiche.
In primo luogo, la scelta del progetto InNov@FIMMG di considerare prioritaria, per la gestione delle cronicità, l’introduzione di tecnologie diagnostiche ed informatiche è di fatto molto lontana da modelli e strategie di cure primarie che la letteratura ha dimostrato efficaci ed apre il dibattito sulla necessità di una riorganizzazione delle cure primarie che sia realmente in grado di rispondere ai bisogni di salute della popolazione.
Il contributo della casa farmaceutica Menarini al progetto InNov@FIMMG pone infine al centro del dibattito il conflitto di interessi tra case farmaceutiche e professionisti sanitari, mettendo in dubbio la trasparenza degli interventi formativi e della gestione dei dati e sollevando questioni etiche che limitano la validità del progetto come presunto agente di innovazione nell’affrontare la cronicità sul territorio.
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Alice Cicognani, Viviana Forte e Cecilia Francini, gruppo Medicina generale della Rete Italiana Insegnamento Salute Globale (RIISG)
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