Quella che sta per cominciare, fra un paio di settimane, è una primavera da incubo. C’è il virus del terrore, che alimenta il panico ma non serve a fermare il contagio, ci sono poi – appena dietro l’angolo – le apocalittiche minacce che derivano dai cambiamenti del clima e dai veleni nell’aria, sulla terra e nell’acqua. Ed ecco, infine, le immagini più crude dell’orrore in cui si trascina la democrazia dispotica d’Europa nelle isole dell’Egeo. Ha ragione Guido Viale: potrà anche sembrare assurdo ma il segnale politico più ripugnante non viene dai vecchi e dai bambini accatastati nell’inferno di fango e rifiuti del campo di Moria, a Lesbo; e nemmeno dalle connivenze della polizia e di buona parte della popolazione greca con i fascisti che aggrediscono profughi e volontari. Quel segnale lo manda la massima autorità della Commissione europea, in visita a quei confini, osservati da un elicottero come si fa con le catastrofi “naturali”, quando definisce la Grecia e le sue politiche migratorie “scudo d’Europa”. La seconda linea di trincea, dopo quella turca (o libica), esterne ai confini della civiltà. Centinaia di milioni di euro e un’intera flotta vengono destinati oggi così a quella stessa Grecia, umiliata, ricattata, spolpata e spinta alla fame e all’autolesionismo appena qualche anno fa. Allora non si poteva aiutare, doveva essere un esempio di rigore per tutti. Sono passati solo cinque anni (e sembra un secolo) da quando il 61 per cento della popolazione ellenica ebbe l’ardire di ribellarsi ai sacrifici umani con un referendum il cui risultato venne definito “deplorevole” dalle voci politiche più autorevoli di allora: Draghi, Merkel, il socialista Hollande e il suo ministro dell’economia Macron, Matteo Renzi… Oggi la Grecia diventa invece lo scudo d’Europa, solo perché centinaia di migliaia di persone in fuga dalle guerre e da altri disastri si accalcano ai suoi confini. Bisogna guardarla bene, quella gente, e cessare di far finta di non capire: quella è gente per cui non c’è più posto sul pianeta intero. Anche se per ora nessuno in Europa ha il coraggio di rivendicarlo in modo esplicito – che muoiano affogate, di fame o di polmonite virale poco importa – quel che conta è che si tratta di persone destinate alla soluzione finale. Possiamo ancora salvarle e, così facendo, salvarci con loro?
L’Europa, scrivono i giornali mainstream, non può reggere l’afflusso di un altro milione di profughi come quello del 2015. Ma nessuno si chiede perché la Turchia (un’economia emergente, ma in piena crisi) dovrebbe invece poter reggere quello di 3,5 milioni? Perché è, e solo perché è – questa è la risposta – una dittatura mascherata da democrazia autoritaria.
Una dittatura di cui l’Unione europea ha bisogno per tenere in piedi le sue politiche di respingimento; come, su un altro fronte, ha bisogno di affidarne la gestione alle bande dei predoni libici con cui si è alleata. In entrambi i casi, mettendosi nelle loro mani: il “ricatto” di Erdogan, che minaccia, e in parte attua, una politica di “liberi tutti”, è cominciato fin dal giorno della firma del famigerato accordo del 2016 con una Commissione europea perfettamente consapevole delle conseguenze: accettare senza fiatare la feroce repressione dei curdi, dentro e fuori i confini nazionali della Turchia, la presenza militare turca a Tripoli, in difesa del similgoverno con cui l’Italia ha siglato l’accordo sul respingimento dei “suoi” profughi, il sostegno accordato da Erdogan alle milizie jijadiste (altro che lotta al terrorismo!) e la sua occupazione di mezzo Mediterraneo per estrarne petrolio e gas, mentre Italia ed Europa continuano a vendergli armi (la Turchia è pur sempre membro della Nato) e a prestargli soldati per farle funzionare.
D’altronde il commercio con la Turchia è florido, la sua manodopera costa poco, soprattutto quando è fatta di bambini dei profughi. Finché le cose vanno così, dunque, una vera resa dei conti non ci sarà; solo “scaramucce” a spese di decine di migliaia di disperati (la “materia prima” non manca) per ricordare all’Europa chi ha il coltello dalla parte del manico.
Intanto, dall’altra parte del confine greco-turco, l’Europa sta facendo mostra della crudeltà e del cinismo sottesi alle sue politiche migratorie. A fare orrore non sono solo le condizioni, peggio che bestiali, a cui condanna i profughi accatastati nelle isole del mare Egeo; né la mano libera lasciata dalla polizia greca ai nazisti di Alba Dorata nelle aggressioni a profughi e volontari; né lo schieramento di soldati, milizie e filo spinato lungo i confini di terra; bensì il fatto che la Presidente della Commissione europea, in visita a quei confini, osservati da un elicottero come si fa con la zona di una catastrofe naturale, abbia definito la Grecia e le sue politiche migratorie “scudo d’Europa”, quasi a predisporre una seconda linea di contenimento, se quella turca dovesse cedere.
E infatti, alla faccia dell’austerità, per ora abbandonata solo a parole, l’Unione con la sua agenzia Frontex ora destinano alla Grecia, dopo averla messa alla fame dalla ferocia e dell’ingordigia delle sue politiche economiche, centinaia di milioni e un’intera flotta per rafforzare la difesa dei suoi confini. La politica sovranista, in realtà razzista e ferocemente autoritaria, si è impossessata della governance dell’Unione attraverso il cavallo di Troia delle politiche di respingimento, senza guardare alle conseguenze.
C’è un popolo, oggi di centinaia di migliaia di disperati, ma destinato a crescere proprio a causa delle guerre e della crisi climatica scatenate dai governi e dagli interessi economici dei paesi che non li vogliono accogliere, che si accalca ai loro confini: gente che non poteva restare né può tornare, per molti anni ancora, nel paese da cui è fuggita; non può restare nel paese dove l’ha portata finora la sua fuga, che sia la Turchia, la Bosnia, la Croazia o la Libia; non può entrare nei paesi che costituiscono la sua meta e che ovunque viene respinta, maltrattata, attanagliata da fame, freddo e disperazione. Per tutti loro, e per quelli che li seguiranno – questo è il messaggio – non c’è più posto su questa Terra.
La conseguenza, che nessuno vuole guardare in faccia, ma che presto si presenterà ai nostri occhi, è che devono essere eliminati. Si prospetta all’orizzonte, con sempre maggior concretezza, una “soluzione finale, non più affidata a strutture industriali come quelle dei campi di sterminio nazisti, ma, per ora, alla mera decisione di ignorarne le vittime designate.
Fermare questa deriva è sempre più difficile, ma è ora che tutti si rendano conto di quanto è andata avanti in questi anni, di quale sia il suo esito obbligato e, soprattutto, del fatto che la ferocia verso “l’altro” è destinata a ripercuotersi contro di noi. Perché tutti, e anche noi, possiamo scoprirci “l’altro”: innanzitutto per chi già oggi ci governa o ci domina. Per questo dobbiamo concepire, oggi, per poi prospettare, perseguire e realizzare domani, una vera alternativa.
Che non può che partire dal presupposto che in Europa ci può e deve essere posto per tutti (come c’è stato posto “per tutti” dalla fine della Seconda guerra mondiale alla crisi del 2008, quando gli Stati forti dell’Europa, con una diversa politica economica e sociale, assorbivano oltre un milione di migranti all’anno). Prendendo coscienza del fatto che un’accoglienza e un inserimento sociale e lavorativo dignitosi, nel quadro di una radicale conversione ecologica degli assetti economici, sono premessa e condizione indispensabile anche di una politica di pacificazione e risanamento dei paesi da cui tanti hanno dovuto fuggire e dove molti di loro non sognano altro che di poter fare ritorno.
Patrizia Nicoli dice
In Europa, compresa l’Italia, il livello di vita è medio-alto rispetto a gli altri continenti limitrofi.
Anche se ci lamentiamo, abbiamo il superfluo e guardando a chi ha di più non siamo disponibili a rinunciare al nostro status quo.
Allora i governi che hanno bisogno del voto favorevole e del consenso dei cittadini prendono misure inaccettabili umanamente per difendere lo status economico dei suoi elettori, ma anche la loro sicurezza sociale perché non si trasformi in una situazione di guerra civile.
L’accoglimento dei profughi va accompagnato per evitare scontri con la popolazione del posto (vedi Lesbo), ma in contemporanea va educata la popolazione ad una decrescita felice dove la vita sia vissuta per rincorrere valori e non oggetti.
Viviamo in una società dell’immagine, corrotta e superficiale messa in crisi dalla forza vitale per la sopravvivenza di chi bussa alle nostre porte.
Paola dice
Buongiorno, mi unisco allo desgno che ha sempre Alex in questi casi. Facevo parte di un gruppo whatsApp di preghiera, ho pensato ovviamente si potesse pregare per i profughi, mi hanno assalito come dei pirania, dandomi della “pazza”
“pericolosa” “diavola anticrista” ,
A me sta’ a cuore la chiesa, io sono una seguace di Ernesto Balducci, e vedere ora in coloro che si classificano cattolici cristiani praticanti un’altra tale troglodita’ di spirito mi fa’ capire come l’Europa sia diventata la cornucopia di tutti gli orrori commessi in secoli di dominio. È il famigerato dominio dell’Impero Romano, basato sul sangue e sull’orrore, esso ha cambiato volto e nome, ma esibisce gli stessi suoi muscoli crudeli, ha ancora bisogno di vittime di sangue, di schiavi, di anfiteatri e di uomini crocifissi per poter godere della PAX ROMANA. e…..parafrasando Livio Fanzaga, meglio noto come il direttore di Radio Maria, il CORONAVIRUS È il castigo che la MADONNA ci ha mandato. Dice Fanzaga con le sue solite aringhe. Io dico invece che il castigo è giunto a noi per aver votato i serial-affogatori e cioè chi ne ha fatti, a nostro nome, annegare troppi. ma davvero troppi tra il 2018 e 2019. ….
Mario dice
Condivido tutto l’articolo, eccetto l’ultima parte: c’è posto per tutti. Ma x una semplice ragione: la crescita demografica. Sai benissimo che le cause delle migrazioni sono 4, di cui tre direttamente amputabili ai paesi ricchi:
1) Guerre (per interessi geo-politici che poi nascondono interessi economici).
2) Lo sfruttamento economico delle materie prime e/o del lavoro altrui. L’ultima frontiera, come saprai, è il Land Grabbing.
3) I disastri ambientali provocati dai cambiamenti climatici causati da questo modello di sviluppo industriale incontrollato che a sua volta causa abbandono delle terre natie.
4) La abnorme crescita demografica (questa amputabile a loro) dei paesi del 3° mondo, se è possibile usare questo termine. Poco prima di morire Ghandi disse che questo pianeta poteva dare da vivere dignitosamente a tutti, ma non per l’ingordigia di pochi. Discorso che sottoscrivo in pieno x quella che era la popolazione di allora. Ma la crescita demografica è passata dai 2,5 miliardi (mld) di persone nel 1950, a 4 mld nel 1974, a 7,5 mld nel 2017, saremo 8,5 mld nel 2050 (praticamente dopodomani) per arrivare a 11 mld nel 2100 stando alle fonti ONU.
Se la Cina ha messo un freno con la formula 4 (nonni) 2 (genitori) 1 (figlio), altri paesi hanno IRRESPONSABILMENTE continuato nell’escalation demografica come l’India, Pakistan, Bangladesh e Indonesia in Asia e molti altri paesi dell’Africa x cui si prevede da 1 mld attuale a 2,5 mld nel 2050, a 4,100 mld nel 2100 (praticamente un terzo della popolazione mondiale).
La risposta non può essere accogliamogli tutti o respingiamoli tutti.
La risposta è ELIMINARE ALLA RADICE le cause. Anche sulla 4° causa i paesi ricchi possono intervenire.
La storia dice (quindi NON io) che il benessere porta a fare meno figli, e meno figli porta più benessere. E’ un circolo virtuoso. Anche qui in Italia, e probabilmente Europa, prima del 2° conflitto mondiale, la media di figli si aggirava sui 4 x famiglia (nelle campagne erano normali 5, 6 ,7 figli), la stessa che hanno ancora tanti paesi del sud.
Qui a Roma l’anno scorso abbiamo rasentato (senza una crescita demografica) il razionamento dell’acqua. Pensiamo se questa città come le altre, dovessero aumentare anche solo di qualche centinaia di migliaia di persone!!
Quindi la risposta non è il BLA BLA BAL di sx o di dx.