La guerra, le sue radici nel patriarcato, le sue ragioni, le responsabilità da cui ogni volta ricompare in tutto il suo orrore, il suo retaggio di barbarie. Il fatto che di fronte a uno scenario di guerra le donne scompaiono non dovrebbe destare meraviglia. Quando non sono respinte nel loro ruolo, considerato “naturale” di cura e protezione della famiglia, purtroppo vanno ad accrescere il numero delle vittime tra la popolazione civile.
Per questo manifestare oggi per dire che la guerra deve essere messa “fuori dalla Storia” non significa distogliere lo sguardo dalle ragioni più o meno remote da cui ogni volta prende la sua spinta meno visibile, perché più conveniente da nascondere a chi sceglie la logica “amico/nemico”, “democrazia/dittatura”, “civiltà/barbarie”. A volte l’occultamento dell’ingiustizia e della violenza che sta a monte di un conflitto è talmente vergognoso, cinico e intollerabile, che ogni altra ragione riconducibile a situazioni contestuali passa in secondo piano: è il caso, riemerso con il feroce imprevisto attacco di Hamas a Israele, di un silenzio, che ha dell’incredibile, della stampa occidentale sull’occupazione di Gaza, sull’apartheid e le infinite restrizioni, devastazioni e stragi inflitte al popolo palestinese.
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Forse non è un caso che una delle voci più autorevoli, perché impegnata da anni a mettere fine al conflitto Israele/Palestina, sia quella di Luisa Morgantini: al centro della sua appassionata denuncia ci sono prioritariamente le responsabilità dei governi del mondo che finora hanno permesso a Israele di ignorare la violazione di diritti internazionali.
Battersi per una informazione sottratta all’uso degli interessi politici e militari in campo è il primo passo per aprire la strada a un No alla guerra, che non sia solo un vuoto grido di protesta.
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dice
Grazie