La pandemia ha messo in evidenza come un sistema basato sul pensiero unico del mercato e sul profitto, su un antropocentrismo predatorio e sulla riduzione di tutto il vivente a merce non sia in grado di garantire più alcuna protezione. Niente potrà essere più come prima, perché è proprio quel modo di pensare e di vivere che ci ha condotto al disastro e continua a minacciare il pianeta e le vite (umane e non) che lo abitano. Il dilagare del virus ha mostrato in modo evidente tutta la precarietà dell’esistenza, la fragilità e l’interdipendenza della vita umana e sociale ma anche quali siano davvero le attività essenziali, a cominciare dalla solidarietà tra le persone. “Uscire dall’economia del profitto. Costruire la società della cura” è un manifesto, proposto da molti gruppi, associazioni, reti e movimenti per indicare un possibile percorso comune al fine di porre termine ad ogni politica di dominio nelle relazioni fra i popoli, facendo cessare ogni politica coloniale, che si eserciti attraverso il dominio militare e la guerra, i trattati commerciali o di investimento, lo sfruttamento delle persone, del vivente e della casa comune. Abbiamo bisogno, invece, di una società che metta al centro la vita e la sua dignità, che sappia di essere interdipendente con la natura, che costruisca sul valore d’uso le sue produzioni, sul mutualismo i suoi scambi, sull’uguaglianza le sue relazioni, sulla partecipazione le sue decisioni. I gruppi che hanno promosso il manifesto (cui si può aderire scrivendo all’indirizzo che trovate qui sotto) propongono anche una grande manifestazione da tenersi in questo autunno per rendere più visibile e ampio il percorso avviato
USCIRE DALL’ECONOMIA DEL PROFITTO
COSTRUIRE LA SOCIETA’ DELLA CURA
Premessa
Un virus ha messo in crisi il mondo intero: il Covid 19 si è diffuso in brevissimo tempo in tutto il pianeta, ha indotto all’auto-reclusione metà della popolazione mondiale, ha interrotto attività produttive, commerciali, sociali e culturali, e continua a mietere vittime.
Dentro l’emergenza sanitaria e sociale tutt* abbiamo sperimentato la precarietà dell’esistenza, la fragilità e l’interdipendenza della vita umana e sociale. Abbiamo avuto prova di quali siano le attività e i lavori essenziali alla vita e alla comunità.
Abbiamo avuto dimostrazione di quanto sia delicata la relazione con la natura e i differenti sistemi ecologici: non siamo i padroni del pianeta e della vita che contiene, siamo parte della vita sulla Terra e da lei dipendiamo.
Decenni di politiche di tagli, privatizzazione e aziendalizzazione della sanità, di globalizzazione guidata dal profitto, hanno trasformato un serio problema epidemiologico in una tragedia di massa, dimostrando quanto essenziale ed ampia sia invece la dimensione sociale del diritto alla salute.
La pandemia ha messo in evidenza come un sistema basato sul pensiero unico del mercato e sul profitto, su un antropocentrismo predatorio, sulla riduzione di tutto il vivente a merce non sia in grado di garantire protezione ad alcun*.
La pandemia è una prova della crisi sistemica in atto, le cui principali evidenze sono determinate dalla drammatica crisi climatica, provocata dal riscaldamento globale, e dalla gigantesca diseguaglianza sociale, che ha raggiunto livelli senza precedenti.
L’emergenza climatica è vicina al punto di rottura irreversibile degli equilibri geologici, chimici, fisici e biologici che fanno della Terra un luogo abitabile; la diseguaglianza sociale si è resa ancor più evidente durante la pandemia, mostrando la propensione del sistema economico, sanitario e culturale vigente a selezionare tra vite degne e vite di scarto.
Giustizia climatica e giustizia sociale sono due facce della stessa medaglia e richiedono in tempi estremamente brevi una radicale inversione di rotta rispetto all’attuale modello economico e ai suoi impatti sociali, ecologici e climatici.
Niente può essere più come prima, per il semplice motivo che è stato proprio il prima a causare il disastro.
Oggi più che mai, ad un sistema che tutto subordina all’economia del profitto, dobbiamo contrapporre la costruzione di una società della cura, che sia cura di sé, dell’altr*, dell’ambiente, del vivente, della casa comune e delle generazioni che verranno.
1. Conversione ecologica della società
L’emergenza climatica è drammaticamente vicina al punto di non ritorno. Il tempo a nostra disposizione si sta esaurendo: il riscaldamento climatico si aggrava, aumentano gli incendi, accelera la scomparsa dei ghiacciai, la morte delle barriere coralline, la sparizione di interi ecosistemi e di specie animali e vegetali, aumentano le inondazioni e i fenomeni meteorologici estremi.
Anche la nostra crescente vulnerabilità alle pandemie ha la sua causa profonda nella distruzione degli ecosistemi naturali, nella progressiva industrializzazione della produzione, in primo luogo di quella agroalimentare, e nella velocità degli spostamenti di capitali, merci e persone. Un modello produttivo basato sulla chimica tossica e sugli allevamenti intensivi ha provocato un verticale aumento della deforestazione e una drastica diminuzione della biodiversità. Tutto questo, sommato a una crescente urbanizzazione, all’estensione delle megalopoli e all’intensificazione dell’inquinamento, ha portato a un cambiamento repentino degli habitat di molte specie animali e vegetali, sovvertendo ecosistemi consolidati, modificandone il funzionamento e permettendo una maggiore contiguità tra le specie selvatiche e domestiche.
Una radicale inversione di rotta in tempi estremamente rapidi è assolutamente necessaria e inderogabile.
Occorre promuovere la riappropriazione sociale delle riserve ecologiche e della filiera del cibo, sottraendola all’agro-business e alla grande distribuzione, per garantire la sovranità alimentare, ovvero il diritto di tutt* ad alimenti nutritivi e culturalmente adeguati, accessibili, prodotti in forma sostenibile ed ecologica.
Occorre avviare una profonda conversione ecologica del sistema tecnologico e industriale, a partire dalla decisione collettiva su “che cosa, come, dove, quanto e per chi” produrre e da un approccio eco-sistemico e circolare ai cicli di lavorazione e alle filiere, dall’estrazione dei materiali alla produzione, dalla valorizzazione ai mercati, al consumo finale.
Occorre invertire la rotta nel sistema del commercio internazionale e degli investimenti finanziari, sostituendo l’inviolabilità dei diritti umani, ambientali, economici e sociali all’attuale intoccabilità dei profitti, e rendendo vincolanti tutte le norme di tutela sociale e ambientale per tutte le imprese, a partire da quelle multinazionali, anziché concedere loro di agirle solo volontariamente o come forme di filantropia.
Un nuovo paradigma energetico, con l’immediato abbandono dei combustibili fossili, deve fondarsi su energia “pulita, territoriale e democratica” invece che “termica, centralizzata e militarizzata”. Un approccio sano al territorio e alla mobilità deve porre fine al consumo di suolo e alle Grandi e meno grandi Opere inutili e dannose, per permetterci di vivere in comunità, città e sistemi insediativi che siano luoghi di vita degna, socialità e cultura, collegati tra essi in modo sostenibile.
Va profondamente ripensata la relazione di potere fra esseri umani e tutte le altre forme di vita sul pianeta: non possiamo assistere allo sterminio di molte specie animali e al brutale sfruttamento di diverse altre, pensando di restare indenni alle conseguenza epidemiologiche, climatiche, ecologiche ed etiche.
Occorre una conversione ecologica, una rivoluzione culturale, che ispiri e promuova un cambiamento economico e degli stili di vita.
2. Lavoro, reddito e welfare nella società della cura
La pandemia ha reso più evidente che nessuna produzione economica è possibile senza garantire la riproduzione biologica e sociale, come il pensiero eco-femminista e la visione cosmogonica dei popoli nativi sostengono da sempre.
La riproduzione sociale – intesa come tutte le attività e le istituzioni necessarie per garantire la vita, nella sua piena dignità – significa cura di sé, dell’altr* e dell’ambiente: ed è è attorno a questi nodi che va ripensato l’intero modello economico-sociale.
La pandemia ha fatto ancor di più sprofondare nella disperazione le fasce deboli della popolazione, dai migranti ai senza casa, dai disoccupati ai disabili, dalle persone fragili ai non autosufficienti, e ha allargato la condizione di precarietà, con altri milioni di persone che si sono trovate senza alcun reddito.
Non può esserci società della cura senza il superamento di tutte le condizioni di precarietà e una ridefinizione dei concetti di benessere sociale, lavoro, reddito e welfare.
La conversione ecologica è una lotta per abbandonare al più presto tutte le attività che fanno male alla convivenza degli umani, tra di loro e con la Terra, per promuovere altre attività che prevedono la cura di sé, dell’altr* e di tutto il vivente: la riproduzione della vita nelle condizioni migliori che si possono conseguire.
L’attività lavorativa deve basarsi su un’ampia socializzazione del lavoro necessario, accompagnata da una netta riduzione del tempo individuale a questo dedicato, affinché l’accesso al lavoro sia l’esito di una redistribuzione solidale e non di una feroce competizione fra le persone e i Paesi, dentro un orizzonte che subordini il valore di scambio al valore d’uso e organizzi la produzione in funzione dei bisogni sociali, ambientali e di genere.
Se la cura di sé, dell’altr* e dell’ambiente sono gli obiettivi del nuovo patto sociale, il reddito è il dividendo sociale della cooperazione tra le attività di ciascun*, e il diritto al reddito è il riconoscimento della centralità dell’attività di ogni individuo nella costruzione di una società che si occupa di tutt* e non esclude nessun*, eliminando la precarietà, l’esclusione e l’emarginazione dalla vita delle persone.
Va pienamente riconosciuto il diritto alla conoscenza, all’istruzione, alla cultura, all’informazione corretta, al sapere, come fattore potente di riduzione della diseguaglianza, di cui la povertà culturale è una causa chiave.
Va realizzato un nuovo sistema di welfare universale, decentrato e depatriarcalizzato, basato sul riconoscimento della comunità degli affetti e del mutualismo solidale, sull’autogoverno collettivo dei servizi e sulla cura della casa comune.
3. Riappropriazione sociale dei beni comuni e dei servizi pubblici
Nessuna protezione è possibile se non sono garantiti i diritti fondamentali alla vita e alla qualità della stessa. Riconoscere i beni comuni naturali -a partire dall’acqua, bene essenziale alla vita sul pianeta- e i beni comuni sociali, emergenti e ad uso civico come elementi fondanti della vita e della dignità della stessa, della coesione territoriale e di una società ecologicamente e socialmente orientata, richiede la sostituzione del paradigma del pareggio di bilancio finanziario con il pareggio di bilancio sociale, ecologico e di genere.
La tutela dei beni comuni, e dei servizi pubblici che ne garantiscono l’accesso e la fruibilità, deve prevedere un’immediata sottrazione degli stessi al mercato, una loro gestione decentrata, comunitaria e partecipativa, nonché risorse adeguate e incomprimibili.
Occorre socializzare la produzione dei beni fondamentali, strategici ai fini dell’interesse generale: dai beni e servizi primari (i prodotti alimentari, l’acqua, l’energia, l’istruzione e la ricerca, la sanità, i servizi sociali, l’edilizia abitativa); a quelli senza l’uso dei quali una parte considerevole delle altre attività economiche non sarebbe possibile (i trasporti, l’energia, le telecomunicazioni, la fibra ottica); alle scelte d’investimento di lungo periodo di carattere scientifico, tecnologico e culturale, in grado di modificare, nel tempo e in maniera significativa, la vita materiale e spirituale della popolazione.
4. Centralità dei territori e della democrazia di prossimità
La crescita interamente basata sulla quantità e velocità dei flussi di merci, persone e capitali, sulla centralità dei mercati globali e delle produzioni intensive e sulla conseguente iperconnessione sregolata dei sistemi finanziari, produttivi e sociali, è stata il principale vettore che ha permesso al virus di diffondersi in tutto il pianeta a velocità mai viste prima, viaggiando nei corpi di manager e tecnici specializzati, così come in quelli di lavoratori dei trasporti e della logistica, e di turisti.
Ripensare l’organizzazione della società comporta la ri-localizzazione di molte attività produttive a partire dalle comunità territoriali e dalla loro cooperazione associata, che dovranno diventare il fulcro di una nuova economia trasformativa, ecologicamente, socialmente ed eticamente fondata.
Le comunità sono i luoghi dove convivono umani, altri animali, territorio e paesaggio, ciascuna con la propria storia, cultura e identità insopprimibile. La pialla della globalizzazione ha provato a omologare differenze e peculiarità, producendo resistenze che sono state troppo spesso governate verso una versione chiusa ed escludente del comunitarismo. La sfida, anche culturale, è progettare il futuro come un sistema di comunità aperte, cooperanti, includenti e interdipendenti.
Questo comporta anche la ri-territorializzazione delle scelte politiche, con un ruolo essenziale affidato ai Comuni, alle città e alle comunità territoriali, quali luoghi di reale democrazia di prossimità i cui abitanti partecipano fattivamente alle decisioni collettive.
Attraverso forme di riappropriazione popolare delle istituzioni di livello nazionale ed internazionale si potrà garantire, tutelare ed affermare l’uguaglianza nei diritti e nelle relazioni fra le diverse aree dei sistemi paese, dei sistemi regionali e continentali e del sistema mondo.
5. Pace, cooperazione, accoglienza e solidarietà
La pandemia non ha rispettato nessuna delle molteplici separazioni geografiche e sociali e nessuna delle gerarchie costruite dagli esseri umani: dalle frontiere alle classi sociali, passando dal falso concetto di razza. Ha dimostrato che la vera sicurezza non si costruisce contro, e a scapito degli altri: per sentirsi al sicuro bisogna che tutt* lo siano.
Perché questo succeda, occorre che ad ogni popolazione venga riconosciuto il diritto ad un ambiente salubre, all’uguaglianza sociale, all’accesso preservativo alle risorse naturali.
Occorre porre termine ad ogni politica di dominio nelle relazioni fra i popoli, facendo cessare ogni politica coloniale, che si eserciti attraverso il dominio militare e la guerra, i trattati commerciali o di investimento, lo sfruttamento delle persone, del vivente e della casa comune. Non possiamo più accettare che i nostri livelli di consumi si reggano sullo sfruttamento delle risorse di altri Paesi e su rapporti di scambio scandalosamente ineguali, né l’esistenza di alleanze militari che hanno l’obiettivo del controllo e sfruttamento di aree strategiche e delle loro risorse.
La società della cura rifiuta l’estrattivismo perché aggredisce i popoli originari, espropria le risorse naturali comuni e moltiplica la devastazione ambientale. Per questo sostiene l’autodeterminazione dei popoli e delle comunità, un commercio equo e solidale, la cooperazione orizzontale e la custodia condivisa e corresponsabile dei beni comuni globali.
La guerra contro i migranti è ormai uno degli elementi fondanti del sistema globale attuale. Intere aree del pianeta – mari, deserti, aree di confine – sono diventati giganteschi cimiteri a cielo aperto, luoghi dove si compiono violenze e vessazioni atroci, e dove a milioni di esseri umani viene negato ogni diritto e ogni dignità.
La società della cura smantella fossati e muri e non costruisce fortezze. Rifiuta il dominio e riconosce la cooperazione fra i popoli. Affronta e supera il razzismo istituzionale e il colonialismo economico e culturale, attraverso i quali ancora oggi i poteri dominanti si relazionano alle persone fisiche, ai saperi culturali e alle risorse del pianeta.
La società della cura rifiuta ogni forma di fascismo, razzismo, sessismo, discriminazione e costruisce ponti fra le persone e le culture praticando accoglienza, diritti e solidarietà.
6. Scienza e tecnologia al servizio della vita e non della guerra
La ricerca scientifica e l’innovazione tecnologica sono fondamentali per la costruzione di una società della cura che permetta una vita degna a tutte le persone, ma possono divenire elementi di distruzione se non sono messe al servizio della vita ma del dominio e della guerra. Indirizzi e risultati vanno ricondotti all’emancipazione delle persone e non al controllo sociale autoritario, in direzione della redistribuzione della ricchezza e non dell’accumulazione, verso la pace e la solidarietà e non in direzione della distruzione di vite, società e natura.
E’ di particolare gravità che continui la corsa al riarmo atomico e al perfezionamento dei sistemi di puntamento delle armi nucleari, mentre si allentano gli impegni internazionali per il bando al ricorso all’arma più micidiale. I saperi e le risorse di una società non possono essere indirizzati alla costruzione di armi, al mantenimento di eserciti, all’appartenenza ad alleanze basate sul dominio militare, alla partecipazione a missioni militari e a guerre, al respingimento dei migranti, alla costruzione di una realtà manipolabile e falsificabile digitalmente.
Il controllo sui Big Data, l’Intelligenza Artificiale e le infrastrutture digitali determineranno la natura delle istituzioni del futuro e le persone devono essere in grado di esercitare una sovranità digitale su tutti gli aspetti sensibili della propria esistenza. Occorre immaginare un futuro digitale democratico in cui i dati siano un’infrastruttura pubblica e un bene comune controllato dalle persone.
7. Finanza al servizio della vita e dei diritti
La pandemia ha dimostrato che per curare le persone l’Unione europea ha dovuto sospendere patto di stabilità, fiscal compact e parametri di Maastricht. Significa che questi vincoli non solo non sono necessari, ma sono contro la vita, la dignità e la cura delle persone.
La finanziarizzazione dell’economia e la mercificazione della società e della natura sono le cause della profonda diseguaglianza sociale e della drammatica devastazione ambientale.
Mettere la finanza al servizio della vita e dei diritti significa riappropriarsi della ricchezza sociale prodotta, cancellando il debito illegittimo e odioso e applicando una fiscalità fortemente progressiva, che vada a prendere le risorse laddove si trovano, nei ceti ricchi della società, nei grandi patrimoni, nei profitti delle grandi imprese.
Nessuna trasformazione ecologica e sociale sarà possibile senza fermare l’unica globalizzazione che il modello capitalistico è riuscito a realizzare compiutamente: quella dei movimenti incontrollati di merci e capitali. Un capitale privo di confini che può indirizzarsi senza vincoli dove gli conviene, determinando le scelte di politica economica e sociale degli Stati, costretti a competere tra loro, offrendo agli investitori nazionali e esteri benefici sempre più lesivi dei diritti dei propri cittadini e dell’ambiente.
Per questo bisogna socializzare il sistema bancario, trasformandolo in un servizio pubblico per risparmi, credito e investimenti, gestito territorialmente con il coinvolgimento diretto degli utenti organizzati, dei lavoratori delle banche, degli enti locali e dei settori produttivi territoriali.
Senza una nuova finanza pubblica e partecipativa, nessuna trasformazione ecologica e sociale del modello economico e produttivo sarà possibile, e le decisioni di lungo termine sulla società rimarranno appannaggio delle lobby finanziarie e delle grandi multinazionali.
Vogliamo una società che metta al centro la vita e la sua dignità, che sappia di essere interdipendente con la natura, che costruisca sul valore d’uso le sue produzioni, sul mutualismo i suoi scambi, sull’uguaglianza le sue relazioni, sulla partecipazione le sue decisioni.
Lotteremo tutte e tutti assieme per renderla realtà
*
Il Manifesto è il risultato di un percorso a cui finora hanno partecipato attivisti ed attiviste di: Arci, Arcs, Aoi, Ari, Attac Italia, Associazione Laudato Sì, Associazione Botteghe del Mondo, AlterPiana FI-PO-PT, AlterAzione Climatica Pesaro, Associazione Maschile Plurale, Associazione nazionale per la Decrescita, Associazione Sprar Siproimi Mugello, Associazione per il Rinnovamento della Sinistra, Associazione Rimuovendo gli ostacoli, Autoconvocat* contro la crisi, Campagna Dico32, Cantiere delle idee, Casa internazionale delle donne, Casa delle donne di Milano, Catdm Italia, Cemea, Cittadinanza sostenibile bergamasca, Cobas Lavoro privato, Comitato Acqua Pubblica Milano, Comitato Difesa Sanità Pubblica Milano Città Metropolitana Sud Ovest, Comune-Info, Coordinamento nazionale per il diritto alla salute, Comitato nazionale contro ogni autonomia differenziata, Controsservatorio Val Susa, Coordinamento ligure Gestione Corretta Rifiuti, Campagna per il Clima Fuori dal fossile, Communia, Cultura è libertà, Demosfera, Dialogo Globale, Disarmisti esigenti, Distretto di mutuo soccorso LO-PC-RE-MI-BG, Emilia in Comune, Extinction Rebellion, Fair, Fairwatch, Fridays For Future, Forum italiano dei movimenti per l’acqua, FuoriMercato, Genuino Clandestino, Green Italia, Ife Italia, Laboratorio Lavoro e Natura, Laboratorio per la riscossa del sud, Left, Libertà Donne XXI secolo, Lodi comune solidale, Medicina Democratica, Mediterranea, Mondeggi bene comune, Movimento federalista europeo, Movimento Ippocrate, Movimento nazionale Stop al Consumo di Territorio, Movimento No Tav, Movimento per la Decrescita Felice, Movimento per la Difesa della Sanità Pubblica Veneziana, Navdanya international, No Inc Pisa, Nonna Roma, No Tap, Ong Mais, Parents For Future, Punto Rosso, Rete Semi Rurali, Solidarius, Rete Italiana Economia Solidale, Rete contro le Grandi Opere inutili e dannose, Society for international development, Transform, Un Ponte per, Usb sanità, Woof Italia, Yaku.
Aderisci e partecipa alla convergenza dei movimenti e delle realtà sociali italiane: un Manifesto comune, una piattaforma di priorità concrete nella crisi, una manifestazione nazionale in autunno, un percorso permanente da fare insieme. Porta le tue idee, le tue proposte, le tue lotte, le tue alternative. Firma il Manifesto scrivendo a:
Giuseppe Farina dice
Sono le vostre proposte tutte condivisibili da parte mia, ma come si pensa di potere avviare un processo di realizzazioni, quale il soggetto in grado di imporre un programma del genere?: l’Onu, l’Ue, gli Stati nazionali, le comunità locali? Quale è la struttura, la forza organizzata, che possa provocare una tale rivoluzione in termini economico-finanziari e fiscali, di giustizia sociale, nel rapporto con la natura, le sue risorse,i beni comuni, l’ambiente ed il clima, nei suoi risvolti sociali e culturali, fino al superamento della logica di dominio, a cui è soggetta la stessa ricerca scientifica, invece che essere diretta al bene comune? È un Manifesto politico programmatico che viene semplicemente posto all’attenzione di governi e forze politiche, che invece si muovono in senso del tutto inverso? Il sistema capitalistico ormai globalizzato, non ha scrupoli di sorta, ha in mano tutte le armi ed i mezzi materiali ed immateriali per continuare a perpetrare la sua prassi fondata sullo sfruttamento ed il mercato. Le oligarchie finanziarie ed economiche multinazionali non le sconfiggiamo con i proclami o i manifesti, che oltre tutto non riescono neppure a raggiungere la stragrande maggioranza della popolazione. La pandemia ha mostrato e continuerà a mostrare con la crisi che ne è derivata le contraddizioni e gli aspetti negativi del sistema produttivo fondato sullo sfruttamento ed il mercato, ma quanti sono coloro che ne hanno preso coscienza? Si dice che nulla potrà essere come prima, che nessuno si salva da solo, che necessita una rivoluzione economica, sociale, politica e culturale, ma a me sembra che non si voglia fare altro che riprendere quello che si faceva prima e che, pur tra le difficoltà, non si è mai fermato. Si guarda ancora una volta ai livelli da raggiungere, cioè alla quantità di produzione, al Pil, il dio sacro da onorare, e per il quale tutto è ammesso. E la classe politica è pronta a servire…
Giacomo Lisi dice
Completamente d’accordo sui contenuti dell’articolo. Mi sembra non adeguatamente trattata la realizzazione della bella analisi e delle indicazioni di cambiamento. Senza ciò potremmo apparire sognatori o utopistici
Giacomo Lisi dice
Condivido in pieno il post di Giuseppe Farina, molto preciso ed articolato, che non avevo letto prima di scrivere il mio. Secondo me la possibilità di riuscita può essere affrontata mediante un movimento a struttura interna con base decisamente democratica dove quindi la base assume le decisioni più importanti ed esercita il controllo sugli organizzatori. Necessariamente gli iscritti dovranno responsabilmente impegnarsi ad assumersi la responsabilità di decidere e quindi condividere il progetto e le finalità che il movimento intende perseguire. Se un tale metodo avrà successo nel movimento questo potrà diventare un partito che potrà divulgare una cultura democratica in modo che creando condivisione la massa avrebbe la possibiltà di diventare popolo. Laa lotta sarà ingaggia ta alla fine tra il popolo pensante e responsabile con le forze ora invincibili che traggono dal profitto la loro supremazia. È una proposta sulla quale potremmo soffermarci per analizzate e psrlarne
Anna Viacava dice
Concordo pienamente con l’analisi
Gemma dice
Nell’articolo. Idee che mantengo da anni luce e d’accordo con i commenti che mi precedono qui, è questione di come attualizzare queste idee.
Credo che siamo in tanti a pensare sulla linea dell’articolo. Da dove incominciare? Io vorrei incominciare dalla guerra.
La macchina della guerra è quella che provoca la maggior parte delle distruzioni del nostro pianeta. Destabilizza grandi masse di popolazioni, provoca o rinnova povertà, distrugge l’ambiente naturale, ecc.
io vorrei cominciare con la lotta contro la guerra. Il diritto alla vita di tutti noi e della salute della nostra biosfera dovrebbe cominciare col riconoscere che la guerra è Omi/ecocidio legalizzato.
Giovanni Papa dice
Colgo con vivo interesse sia il programma, che in micro comunità torritoriali proviamo ogni volta a concretizzare, salvo scontrarsi con il contesto ben delineato da Giuseppe Farina. Comunque non demordiamo, semmai scegliamo oggi di rivitalizzare con quei valori e visioni, luoghi abbandonati dalle imprese ed enti che ripropongono ancora analogo “sviluppo” cambiando solo modi e parole nel presentarlo.senza curarsi come prima degli impatti, esclusioni e effetti devastanti anche in territori lontani da quelli da loro direttamente toccati. Spero solo di mantenere i contatti con tutti voi sperando che l’impossibile oggi stimoli il possibile per la “Next Generation di domani.
Roberto Renzoni dice
Queste prediche sul “che fare” di lontana memoria – e non son poche in questo momento – tradiscono una significativa impotenza. Non, si badi bene, sulla teoria dei problemi esposta, bensì sui mezzi o il solo mezzo per realizzarla. Che è e resta quello di una organizzazione politica che le faccia proprie e lotti per portarle avanti. E la lotta, come ben s’intende, non può certo esser solo pacifica perché chi ha non darà mai quanto ha o si renda democraticamente disponibile se non costretto con la forza da chi non ha. Pertanto, tutta buona la predica, ma è il fare operativo per ciascuno dei punti che non c’è. Probabilmente perché spaventa.
Luca dice
Condivido pienamente ed amaramente le tue osservazioni.
Oltre ai valori e alle scelte espresse, assolutamente centrati, serve un apparato stabile ed organizzato, democraticamente eletto, e una strategia di confronto con le forze esistenti con l’obiettivo di riacquisire adeguati spazi decisionali.
Mettendo in preventivo un conflitto aspro, purtroppo.
PIERA dice
niente parole solo fatti concreti per soluzioni condivisibili
descrivere i mali di un’epoca come la nostra serve poco .. o niente !
Massimo Angelini dice
Ho pensato allo spirito delle leggi condivisibili ma inutili fino a quando non viene promulgato un regolamento di attuazione.
Bene per le idee, ora occorre – col minor numero di parole – un programma per attuarle. Come? Bisognerebbe che le adesioni fossero reali e vincolanti per tutte e tutti quelli che appartengono a una sigla aderente. Il manifesto è stato firmato da un centinaio di sigle: se è condiviso solo da leader e portavoce allora quelle sigle valgono poco, ma se chi si riconosce in quelle sigle (a occhio e croce 10.000 persone, lasciando da parte l’Arci – sulla cui rappresentatività reale non mi sentirei di confidare) si impegnasse a tradurre i contenuti del manifesto, senza sconti né compromessi, in termini di impegno personale, azione locale, denuncia, proposte e coinvolgimento, allora saremmo presto a un passo da un rinnovamemnto radicale.
Riccardo dice
Almeno l’articolo è servito a lanciare una riflessione che mi sembra interessante. Vado in controtendenza e dico che del manifesto ho letto solo i titoli dei punti, anche perché se vedo le firme che lo sostengono sono sicuro di essere ideologicamente d’accordo al 99%: è da anni che leggo o partecipo alla scrittura di Manifesti di questo tipo, che anche se pre-Covid19 dicevano cose grossomodo simili. Molti dei commenti qui sopra sono di persone che come me hanno smesso di credere nelle parole scritte, forse spendendo più energie per azioni concrete, piccole o grandi che siano, o anche nessuna: un po’ in modo anarchico, nel senso di “non chiedere niente a nessuno”. Forse mi sono perso qualcosa, stando tanti anni fuori dall’Italia (forse anche per cercare altre vie rispetto a quelle già transitate lì), ma ora che ho deciso di tornare mi chiedo: è avanzato qualcosa dopo il fracasso del movimento degli Indignados e la sparizione di chi pilotò la sua parte finale fino al naufragio? Si è cresciuti politicamente? Se qualcuno ha delle risposte, sarebbe interessante ascoltare delle belle novità.
Edoardo Nannetti dice
Come diversi commenti precedenti rilevo che, da un lato, il manifesto è veramente moltto bello e può costituire la base dei fondamentali per un’azione politica di lungo periodo che affronti le varie crisi che si intrecciano; individua bene le svolte di paradigma ed anche gli avversari (anche se una più esplicita menzione del capitalismo come problema sarebbe stata utile, visto che poi è implicita in tutto il discorso). Ma spicca il limite di fondo di questa analisi: quel è il soggetto politico che poterà avanti il programma. Questo limite credo derivi dalla mancanza, tra gli estensori, di una componente intesa come competenze specifiche,quelle che si occupano dei temi della sovranità democratica e dei suoi strumenti giuridici, delle teorie dello stato, delle riforme costituzionali ecc. Manca anche il tema del ‘potere’ come strumento per realizzare gli obbiettivi rivoluzionari che si enunciano: ogni passaggio richide di imporre a poteri economici e militari fortissimi scelte per loro inaccettabili. Manca un’analisi politica sui soggetti sociali che dovrebbero essere protagonisiti di questo processo, di come si possa costruire un’alleanza consapevole tra questi soggetti; quindi manca la riflessione sulla politica e sul soggetto politico trainante di questo processo, intesa sia come partito nazionale che come movimento internazionale. Penso che questi limiti, alla fine si risolvono nella generica affermazione di ‘fare rete’ che poi si sfarinerà come si è sfarinata sempre aderendo perfettamente al modello sociale dominante che ci vuole soli davanti ai mercati. Questo limite inoltre non affronta il punt politico: per fare tutte le cose enunciate occorre uscre dalla logica di breve periodo del capitalismo per entrare in quella di lungo eriodo e per farlo occorre un soggtto ed u movimento stabile e duraturo, amagri molto plurale ma che non sfugga al tema dell’organizzazione. Penso che questi limiti derivino da una diffidenza ideologica verso parole come potere, sovranità(eppure si parla di autodeterminazione dei popoli), organizzazione; questa diffidenza deriva anche dalla mancanza di relazioni con settori intellettuali e politici che su questi temi ragionano a sinistra con competenza. Finchè non ci sarà una saldaturatra questi due versanti non si darà mai seguito reale ai propositi enunciati. Il papa può e deve scrivere cose belle solo per influenzare la cultura collettiva ed il senso comune (e gli echi della Laudato sì in questo manifesto si sentono tutti), ma a noi spetta il compito di dare gambe politiche. Suggerisco la lettura dellappendice al libro ‘Il sarto di Ulm’ di Lucio Magri: un testo del’87 che aticipa molti dei temi qui trattati ma non sfugge alla questione politica, sia pure co il linguaggio dell’epoca.
stella gaetano dice
IL PROBLEMA E’ IL “CHE FARE”. COME IL “DIBATTITO” DIMOSTRA”. Il documento ha tutto per produrre “EGEMONIA CULTURALE”. Nel senso “gramsciano” del termine. Ma’ come diceva Lenin, la prima cosa è “l’analisi concreta della situazione concreta”. Aggiungendo subito il motto di GANDHI :” sii tu il cambiamento che vuoi vedere nel mondo”. Perchè IL FALLIMENTO di tutte “le sinistre” del secolo “breve” hanno avuto almeno due punti in comune. Uno è la teoria e la pratica” della “COSCIENZA ESTERNA”. Teorizzata da KAUTSKI per la social-democrazia tedesca. E ripresa da LENIN nel CHE FARE nella sua teoria del partito. Il proletariato nelle sue lotte raggiunge solo una coscienza “tradeunionistica”. Per LA COSCIENZA GENERALE servono gli “intellettuali” “burocrati di professione (ma allora non erano solo o immediatamente così…) che la portano dall’ESTERNO. Per il secondo punto…la separazione tra trasformazione individuale e trasformazione collettiva…è un dato comune interrotto solo dall’entrata in campo del movimento FEMMINISTA. Quindi IL PARTITO ha costantemente “usato espropriato il proletariato”. E’ stato maschilista ed ha teso alla “conquista dello stato”. Malamente interpretato come il luogo fondamentale del POTERE. IL PARTITO HA FALLITO. L’organizzazione per la CONVERSIONE ECOLOGICA deve tener conto che I SOGGETTI della trasformazione sono “plurali”. Perchè le contraddizioni sono: quella economico-sociale (la disuguaglianza), quella uomo-donna (di genere), quella ecologica-ambientale, quella maschilista sessista patriarcale, quella del razzismo populismo fascismo….
Quindi NO alla DELEGA se non a tempo e pratica concreta dell’alternativa a partire dal “sè”.
QUINDI IL MIO CONTRIBUTO E’ QUESTO DOCUMENTO PROGRAMMA PROPOSTA …che avevo già scritto…
COME SALVARE L’UMANITA’ E IL PIANETA- UN PROGRAMMA PER TUTTI
Gli STATI GENERALI facciamoli dal basso. Per dare a tutti/e la possibilità di sapere capire decidere. Viviamo La PIU’ GRANDE CRISI DELLA STORIA. La pandemia è ancora in atto e come se e quando se ne uscirà non è prevedibile. Dal modo e dalle forme del processo economico sociale e culturale che si affermerà nel nostro paese in Europa e a livello mondiale dipende il presente e il futuro dell’UMANITA’. Il CORONAVIRUS è il “frutto” del modo di produrre di consumare e di vivere che il CAPITALISMO LIBERISTA ha imposto al mondo intero. IL VIRUS E’ IL SISTEMA. Ma dell’origine e del PERCHE’ della CATASTROFE in atto il POTERE ECONOMICO POLITICO e MEDIALE al seguito non parla. Anzi il Covid19 è stato usato come un’ARMA DI DISTRAZIONE DI MASSA. Tutti i fenomeni estremi causati in questo periodo DAL RISCALDAMENTO GLOBALE vengono sistematicamente ignorati. Anche perché LA RIPARTENZA di cui si parla è per LORSIGNORI tutti UN RITORNO al “PRIMA”. Cioè a tutto quello che ci ha portati alla CRISI. E’ quello che sta succedendo anche in ITALIA . Ieri i metalmeccanici e, soprattutto LA SCUOLA hanno interrotto il gioco. Come avevano fatto GLI INFERMIERI i MEDICI…e soprattutto commercianti ristoratori industria del turismo…mentre TUTTE LE TV usano a piene mani il vissuto collettivo del periodo della CHIUSURA per RICOLONIZZARE L’IMMAGINARIO COLLETTIVO e reimporre LA MERCIFICAZIONE TOTALE e il modo di vivere che ci ha portati alla CATASTROFE.
BREVEMENTE LO STATO DEL MONDO- L’1% più ricco tra giugno 2018 e 2019 sotto il profilo patrimoniale deteneva più del doppio della ricchezza netta posseduta da 6,9 MILIARDI di persone. Nel mondo 2153 miliardari detenevano più ricchezza di 4,6 miliardi di persone. Cioè del 60% della popolazione mondiale. In questo mondo il 46% vive con 5,50 dollari al giorno. A metà 2018 in ITALIA il 5% più ricco deteneva la stessa quota di ricchezza del 90% più povero. Nei PARADISI FISCALI l’80% dei 7.800 miliardi di dollari che ci sono appartiene allo 0,1% dei ricchi del mondo e il 50% è in mano allo 0,01%. IL SIG B. il DELINQUENTE DI ARCORE piduista in perenne conflitto di interesse…che “condiziona” ancora l’ITALIA con il fascista padano è il SETTIMO più ricco d’ITALIA. Questo per dire che il risultato della GLOBALIZZAZIONE ha fatto i ricchi più ricchi ..e il PROBLEMA E’ LA REDISTRIBUZIONE DELLA RICCHEZZA. Che non c’è stata e non c’è. LA DEVASTAZIONE AMBIENTALE la crescita della CO2 e dei fenomeni ESTREMI è l’altra faccia della CATASTROFE.Gli ultimi dati dicono che in SIBERIA oltre IL CIRCOLO POLARE ARTICO siamo arrivati a 38gradi centigradi. Una cosa mai vista. Che si accompagna allo scioglimento “anticipato” sulle previsioni del PERMAFROST…che libera metano e moltiplica iL RISCALDAMENTO GLOBALE. Abbiamo avuto,come s’è visto, un NON-INVERNO una primavera a FEBBRAIO e il maggio più caldo di sempre nel mondo. E la CO2 è arrivata già a 417 ppm (parti per milione) come mai nella storia dell’UMANITA’. E’ in atto la SESTA ESTINZIONE..e abbiamo 8 ANNI PRIMA DELLA CATASTROFE che annuncia l’IRREVERSIBILE DEGRADO secondo gli scienziati dell’Ipcc (ONU!) che da più di 40 anni descrivono l’arrivo di ciò che si sta verificando..ma che TUTTI I POTERI MONDIALI non ascoltano. Senza dimenticare che i PETROLIERI hanno pagato trilioni di dollari per NEGARE IL RISCALDAMENTO GLOBALE e i loro servi politici e mediali sono stati e stanno al gioco. TUTTI, nessuno escluso, negano manipolano nascondono TRA IGNORANZA FOLLIA MALAFEDE …LA BANALITA’ DEL MALE…
LA CONVERSIONE ECOLOGICA COME UNICA STRADA PER SALVARE L’UMANITA’ E IL PIANETA-
1) LAVORARE MENO LAVORARE TUTTI/E- Riduzione generalizzata dell’orario di lavoro e redistribuzione- Per dare a tutti il necessario e il sufficiente. Salario diritti valore dignità. E superare precarietà disoccupazione insicurezza. Cambiando senso e significato alla vita. Recuperando tempo per amore affetti sentimenti…come ci ha imposto la CHIUSURA del Covid19. Ritrovando IL VICINO i VICINI..e imparando che LA RELAZIONE E’ LA VITA.
2) REDDITO MINIMO UNIVERSALE DI BASE INCONDIZIONATO- nelle fasi di “passaggio”…
3) UGUAGLIANZA ASSOLUTA UOMO/DONNA –salariale e nei diritti- per dare ad ognuno autonomia indipendenza e possibilità di libera espressione in casa e fuori…che è la base della DEMOCRAZIA…
4) MASSIMA DIFFERENZA SALARIALE 1 a 10 – consigli d’azienda per decidere cosa come e per chi produrre…ruoli dirigenti a tempo revocabili e eletti democraticamente..
5) CHIUSURA PARADISI FISCALI – recupero del malloppo , generalmente trafugato o frutto di sfruttamento o del fare soldi con i soldi..e uso collettivo per servizi sociali…
6) TASSAZIONE PROGRESSIVA COME DA COSTITUZIONE – azzeramento EVASIONE e ELUSIONE..carcere per gli evasori…lotta alle MAFIE e alla corruzione diffusa…
7) CHIUSURA DELLE FABBRICHE DI ARMI – Conversione ecologica- CHIUSURA FABBRICHE DI PESTICIDI E DI DISERBANTI- Via la NATO VIA LE BASI AMERICANE e non VIA LE ATOMICHE dal nostro territorio, trasformazione dell’esercito da militare a civile dimezzamento..ritiro di tutte le “MISSIONI DI PACE” che sono di GUERRA come tutti sanno..
8) CHIUSURA DI TUTTI GLI ALLEVAMENTI INTENSIVI- inquinanti di acqua terra fiumi mari.. e FEROCI con gli animali ridotti a strumenti.. RIDUZIONE DRASTICA del consumo di CARNE per andare verso la fine dello stesso..
9) TRASFERIMENTO FONDI DAI FOSSILI ALLE RINNOVABILI – Piano nazionale per RINNOVABILI al 100% – Abbiamo tutto…manca solo la volontà politica…NO AI METANODOTTI IN PUGLIA E SARDEGNA – USCIRE DAI FOSSILI- BASTA con le trivellazioni e le ricerche di petrolio e gas..
10) NO ALLE CROCIERE E ALLE GRANDI NAVI – Basta! Hanno inquinato i mari e gli oceani per il privilegio di una minoranza crassa e ignorante …RIDURRE L’USO DEGLI AEREI E I VOLI all’indispensabile e all’irrinunciabile..abbiamo il nostro paese da vedere e scoprire e possiamo vedere l’esotico da lontano..abbiamo tutti gli strumenti…inutile dire che GRANDI NAVI E AEREI sono SUPER-INQUINANTI…
11) FARE IL CAPPOTTO COIBENTARE LE CASE..cambiare le caldaie con le nuove più efficienti…risparmio energetico…autoproduzione di energia nei condomini con progetti collettivi… PIANTARE ALBERI dappertutto ma soprattutto in città…
12) ORTI INDIVIDUALI COLLETTIVI SOCIALI – dai balconi alle terre incolte alle periferie…autoproduzione…GAS (gruppi di acquisto solidali che già esistono e si possono creare..) costituzione di cooperative di giovani con richiesta di fondi al governo..RILOCALIZZAZIONE per ritrovare la natura la campagna la montagna..la più grande ROTTURA della modernità è stata con la NATURA..considerata oggetto cosa risorsa e altre amenità economico-folle…
13) REGOLARIZZARE TUTTI I BRACCIANTI AGRICOLI –contratto e diritti- ABROGARE I DECRETI SALVINI – Accoglienza di tutti quelli che fuggono da fame miseria e disperazione …
14) BASTA PLASTICA – BASTA ACQUA NELLA PLASTICA – Ripubblicizzare l’acqua . L’acqua è UN BENE COMUNE l’acqua è vita l’acqua non è merce..e la PLASTICA ha inquinato già il mondo i fiumi i mari gli oceani..il riciclaggio è una manfrina per continuare a produrla…
15) SERVIZIO SANITARIO PUBBLICO GRATIS PER TUTTI in tutto il mondo.. medici infermieri personale strumenti posti letto…è quello di cui si discute in questi giorni…perché ci saranno ALTRI VIRUS…
Questo è un programma di pratica individuale istituzionale e di governo..perchè siamo TUTTI COINVOLTI…..e tutti possono aggiungere completare…praticare appunto…
Gaetano Stella –lago di Chiusi 26/06/2020
-passaparola!-http://blog.gaetanostella.it
Ettore Crocella (comitato senza confini di Brescia dice
Come, in che modo, con quale materiale e progetto è possibile costruire qualcosa di nuovo? Come è possibile difenderlo ed espanderlo? Come affrontare e superare la questione del “privato”, della “gerarchia” e del dominio mentre la distruzione avanza imperturbabile ed anche forti risposte sociali, come in Francia, sembrano sbattere contro un muro in cui non pare formarsi alcuna breccia ? Aderendo pienamente al manifesto che ci avete proposto, soprattutto per la vastità e varietà di gruppi, associazioni e movimenti coinvolti, come compagne e compagni del Comitato senza Confini di Brescia vorremmo sottolineare come hanno fatto altri l’importanza di costruire un movimento organizzato che parta dal basso e si esprima attraverso forme di democrazia diretta. Se tutto pare al di fuori della nostra portata, tanto più che non ci aiutano tanti esempi rivoluzionari, “che si sono conclusi quasi sempre nella controrivoluzione e nel terrore” pensiamo utile ricordare quanto abbiamo appurato in tutti questi anni e cioè il fatto che spesso anche l’agenda dei cosiddetti rivoluzionari è dettata dal sistema e che se dedichiamo le nostre migliori energie in continue campagne elettorali, per la conquista del governo o, peggio, per migliorare scelte di quello esistente allora difficilmente ci rimarrà la forza per costruire qualcosa di diverso.Dobbiamo parlare delle reali alternative esistenti e non di ciò che riguarda la semplice propaganda o i moti emotivi per sostituire il capitalismo.
Così, tutte le politiche di sola contestazione (comprese quelle contro corporazioni o multinazionali, come se queste non fossero il risultato inevitabile delle forze storiche della produzione capitalista) non sono produttive, o meglio non sono “politica”, perché si sviluppano all’interno di parametri stabiliti dal sistema sociale. Ci si interessa così solo dei problemi più evidenti, e ci si ferma ai sintomi, incapaci di mettere nella pratica in discussione il “terreno”, cioè l’ordine sociale esistente che incontriamo quotidianamente.
Sappiamo d’altronde che Le sorti dell’umanità e di ogni soggettività (comprese le centinaia di migliaia di persone uccise nel mediterraneo) anche nel loro essere parte inscindibile di madre natura, non “Interessano”, sono estranee alla logica di questo sistema che prosegue incurante la sua corsa. Il disastro è che paiono sempre meno” interessare” anche il cittadino comune. Come è possibile tutto ciò e quale sforzo è necessario per ricostruire questa umanità?
Abbiamo più volte dichiarato, dall’inizio della pandemia che l’uomo è un animale sociale e non è accettabile una scelta che lo separi dagli altri. L’associazionismo umano per sua natura implica la solidarietà tra gli individui, la prevenzione autogestita da piccole comunità di villaggio o di quartiere, attraverso la redazione di mappe di rischio, consigli alimentari, gruppi di acquisto etc. probabilmente, avrebbe evitato lo sviluppo della pandemia e avrebbe comunque potuto costruire nuovi rapporti di partecipazione attiva nella gestione comune dei problemi da affrontare. Ecco a nostro parere come affrontare l’irrazionalià del sistema che quotidianamente incontriamo.Siamo coscienti dell’urgenza che richiede il momento storico nel costruire una transizione, ma forse dobbiamo costruirla senza ansia e con serenità interiore per tentare senza violenza, con pacatezza già nel suo farsi un modo di essere e di atteggiarsi morale e razionale opposto alla violenza predatrice del sistema.
Peppe dice
“Uscire dall’economia del profitto. Costruire la società della cura”
ineccepibile analisi , altrettanto i commenti al documento.
propongo Giuseppe Farina e chi vorrà affiancarlo (tra i commentatori del documento), un confronto per trovare un amalgama, e, soprattutto un prosieguo.
proviamo a mettere fine a bei documenti pieni di belle firme che finiscono lì dove nascono.
Mattia Saccenti dice
Credo di più a un movimento unitario che si coordini e faccia proposte concrete per promuovere la cultura della “società della cura” perchè questa si può diffondere solo se nasce nel cuore delle persone. Anzichè creare una forza politica nuova che porti avanti i temi del manifesto bisognerebbe sensibilizzare quelli attuali su questi temi. La società della cura infatti non deve avere colore politico, riguarda tutti.
Bisognerebbe parlare con il mondo politico ed imprenditoriale per far sì che si possano creare le condizioni per “lavorare meno, lavorare tutti” così da avere tempo vero da dedicare alla “cura” e alla diffusione di questi temi culturali.
Avere il coraggio di avviare imprese che rispondano a questi principi.
Far proprio il pensiero di Gandhi “il meno va preferito al più”.
Concretamente si potrebbe iniziale nello stabilire un proprio budget, mensile, per finanziare le attività locali di “cura” che già esistono (caritas, volontariato, ecc.).
Aggiungo, infine, pregare insieme e costantemente perchè questo manifesto si possa, poco per volta, concretizzare.
Una giovane generazione dice
Proposta concreta: facciamo come fanno i NO TAv da 30 anni. Loro non hanno “un singolo modo di raggiungere il loro obiettivo comune”: c’è chi si impegna all’interno delle istituzioni, chi si occupa di fare opere divulgative della questione, e chi si dedica alle iniziative di piazza ed alle azioni contro la grande opera.
Ognuno fa ciò per cui è più portato, tutti uniti verso l’unico obiettivo di trasformazione radicale di questa società malata e azzoppata.
Adelante!
Lorenzo VENTURA dice
Limitare il mandato dei nostri delegati a un solo anno può servire ad allontanare dalla politica le persone indegne che hanno dimostrato di perseguire il proprio tornaconto piuttosto che servire la loro comunità.
Siamo pronti a sorteggiare i nostri delegati?
Solo così secondo me si può dare pari dignità alle voci che oggi sono marginalizzate. So che non è un’idea particolarmente nuova, ma la trovo decisamente sovversiva, potenzialmente in grado di dare spazio a idee diverse dalle mie, tutte, senza eccezioni.
Alessandra Ricci dice
Concordo con quanti cercano di trovare azioni specifiche per modificare in maniera utile quanto sta accadendo. Il manifesto è condivisibile e utile per portare avanti una riflessione sistematica sulle conseguenze che il perseverare dei comportamenti guidati dal consumo e dalla predazione sistematica dei beni comuni a tutti noi e alle generazioni future.
Antonio Savino dice
Propongo di qualcosa di più modesto ma che si dovrebbe e potrebbe fare subito.
COME DEMOCRATIZZARE LA SANITA’
SALUTE A Km. 0!!
https://www.comunardo.it/index.php/nella-societa/35-salute-democratica
Monica dice
Condivido questo manifesto. L economia capitalista ci ha portati sull’orlo della catastrofe ambientale e sociale. L’alternativa è un cambio di rotta radicale che però non verrà accettato da chi detiene il potere e da chi è soggiogato a questo potere. Cambiare vuol dire redistribuire le ricchezze con un conseguente appiattimento per chi ora è in quella parte del mondo che vive del superfluo. Non è semplice. Bisogna agire come una goccia d’acqua che perseverando scava una voragine.
Silvano Bello dice
Ok
Anna Maria Altobelli dice
Leggendo il manifesto ho trovato esposta ogni mia visione. Condivido ed esprimo la mia gratitudine per il vostro impegno. La realizzazione non è certo semplice, ma dire che la proposta è utopica non ci fa muovere di un passo. Il cambiamento richiede coraggio ed impegno.
Gemma Reggimenti dice
Condivido pienamente quanto espresso nel vostro manifesto. Mi permetto di aggiungere che nel PNNR l’implementazione del digitale e della tecnologia 5G sono visti come la panacea per la ripresa del Paese: credo che sia un tema sottovalutato su quale occorrerebbe riflettere per una serie di ragioni:
1) è una scelta imposta dall’alto, sulla quale non c’è e non c’è stata alcuna informazione né coinvolgimento della popolazione nei processi decisionali; 2) per l’impatto che potrebbe avere sulla salute umana e dell’ambiente: non sono state effettuate preventive verifiche come richiederebbe il Principio di Precauzione, riconosciuto a livello europeo – recentemente invocato, invece, a giustificare la sospensione del vaccino AstraZeneca in seguito ad eventi nefasti – in assenza delle quali rischiamo di trovarci di fronte all’ennesimo sottovalutato boomerang sanitario (come lo sono stati l’amianto, il pfas,…) sul quale nessuno sarà chiamato a rispondere! Il rischio che la cura possa rivelarsi più dannosa della malattia che intende sanare non è remoto (vi sono studi pubblicati su Pubmed bellamente ignorati), mentre è certo che essa sarà l’ennesima occasione per foraggiare le multinazionali delle telecomunicazioni, del digitale, dell’e-commerce, etc… 3) L’installazione di migliaia di antenne RSB avrà un prevedibile e non stimato impatto sull’inquinamento ambientale (già denunciato da numerose associazioni e realtà, tra i quali i medici dell’ISDE nella richiesta di moratoria) e non solo per l’aumento dell’esposizione all’elettrosmog, ma anche per il consumo di energia che il loro funzionamento richiede.
Sollecito pertanto una riflessione e l’apertura di una campagna di sensibilizzazione e di rivendicazioni anche su questo importante tema.
Ne approfitto per informare, mi scuso se tardivamente, dell’incontro di oggi 7 aprile 2021, alle ore 18,00 promosso da Legambiente Toscana, per contrastare la richiesta di aumento dei valori cautelativi di esposizione ai campi elettromagnetici, che da 6 v/m passerebbero a 60v/m, e della relativa campagna di raccolta firme.
Grazie
Olmo dice
E’ assolutamente necessario trovare il modo, per rompere la coltre perbenista e artefatta, che ci sovrasta. Importante la collaborazione con tanta umilta’.