di Elena Giuliani
La sera del 20 luglio di quattordici anni fa, intorno alle 19 circa, provavo a telefonare a mio fratello. Ma il cellulare era staccato.
Poi, ad un tratto, suonò libero.
Mi rispose una voce, di uomo. Una voce che risuonava nel silenzio di una stanza vuota.
“Chi parla” mi chiese. Io risposi che volevo parlare con Carlo, con mio fratello. “Salve signora” mi disse la voce. “Sono un amico di Carlo… mi ha prestato il cellulare”.
Era strana quella voce, strana l’eco che si sentiva. Voglio parlare con Carlo, dicevo. “Lui è più avanti” mi rispose. “Appena lo raggiungo la faccio richiamare”. Mi chiese il numero. Risposi che Carlo il mio numero lo aveva. Prima di chiudere aggiunse “Ha sentito signora che a Genova c’è stata un po’ di confusione”.
Un po’ di confusione…
Avevano da poco ammazzato Carlo.
daniela degan dice
Genova non sa ancora niente, lenta agonizza, fuoco e rumore,ma come quella vita giovane spenta, Genova muore.Per quanti giorni l’odio colpirà ancora a mani piene.Genova risponde al porto con l’urlo alto delle sirene.Poi tutto ricomincia come ogni giorno e chi ha la ragione,dico nobili uomini, danno implacabile giustificazione,come ci fosse un modo, uno soltanto, per riportareuna vita troncata, tutta una vita da immaginare.Genova non ha scordato perché è difficile dimenticare,c’è traffico, mare e accento danzante e vicoli da camminare.La Lanterna impassibile guarda da secoli gli scogli e l’onda.Ritorna come sempre, quasi normale, piazza Alimonda. La «salvia splèndens» luccica, copre un’aiuola triangolare,viaggia il traffico solito scorrendo rapido e irregolare.Dal bar caffè e grappini, verde un’edicola vende la vita.
Resta, amara e indelebile, la traccia aperta di una ferita.