Mancano ormai solo una decina di giorni all’avvio della Cop26 di Glasgow, la conferenza sul clima organizzata dalle Nazioni Unite che gli analisti considerano più significativa dopo l’Accordo di Parigi (Cop21) del 2015. Alberto Castagnola riprende e prosegue l’analisi del Rapporto AR6 degli scienziati che lavorano per l’IPCC. Gli effetti del disastro chiamato “emergenza climatica” oggi sono ben diversi da come venivano descritti nel precedente rapporto AR5 solo poco più di due anni fa e sono causati sempre di più dalle attività umane. Qualche dettaglio in merito

Prosegue l’analisi del Rapporto AR6 degli scienziati che lavorano per l’IPCC. Il testo dedica uno spazio importante agli effetti che i mutamenti climatici hanno sugli eventi meteorologici, che colpiscono direttamente le popolazioni, ma tendono ad essere considerati degli eventi che talvolta sono un po’ più gravi del solito, ma che nella percezione di molto esseri umani continuano a essere uguali a quelli del passato.
Invece siamo ormai da parecchi anni immersi in una realtà in rapido mutamento e che mostra effetti di gravità crescente. Il rapporto infatti sottolinea che i cambiamenti climatici stanno già modificando profondamente e rendendo estreme molte manifestazioni climatiche e meteo: ondate di calore, piogge più intense, siccità estese e cicloni tropicali più veloci e diffusi.
Ma soprattutto oggi sono ben diversi da come venivano descritti nel precedente rapporto AR5 solo poco più di due anni fa e sono causati sempre di più dalle attività umane. Vediamoli con qualche dettaglio.
Gli estremi di caldo, comprese le ondate e le “cupole ” di calore, sono diventati più frequenti e più intensi nella maggior parte delle terre emerse a partire dagli anni cinquanta del secolo scorso (mentre gli estremi di freddo sono diventati meno frequenti e meno gravi, ma ne parleremo con maggior precisione più avanti). In particolare, le ondate di calore marine sono raddoppiate in frequenza dagli anni ’80, mentre in alcune regioni è aumentata la siccità agricola ed ecologica, a causa della evapo-traspirazione dei terreni.
Un altro fenomeno: la diminuzione delle precipitazioni monsoniche terrestri globali, tra gli anni ’50 e gli anni ’80, è in parte attribuita alle emissioni di aerosol nell’emisfero settentrionale causate dagli uomini, ma gli aumenti del periodo successivo sono dovuti all’aumento della concentrazione di gas serra e alla variabilità interna su scala decennale o pluri- decennale.
Il testo degli scienziati IPCC prosegue prendendo in considerazione altri fenomeni climatici fortemente influenzati dalle attività svolte dagli esseri umani. In primo luogo afferma che è probabile che la percentuale di forti cicloni tropicali (quelli facenti parte delle categorie 3-5, cioè i più potenti e dannosi) sia aumentata negli ultimi quattro decenni, e che la latitudine in cui i cicloni tropicali del Pacifico raggiungono il picco di intensità si sia spostata verso nord.
Una conferma molto recente di questa ipotesi è rappresentata dal ciclone Ida, iniziato nei Caraibi, che ha investito gli Stati nordamericani a 240 chilometri all’ora, causando morti e danni in Louisiana e in particolare ha raggiunto New York ancora a 170 chilometri all’ora causando almento tredici vittime.
Il Rapporto fornisce poi alcuni elementi di conoscenza sui miglioramenti apportati alle analisi scientifiche rispetto al rapporto precedente AR5: ed è utile segnalarli anche se sono effettivamente comprensibili solo per gli scienziati addetti ai lavori.
E’ aumentata la probabilità che si verifichino eventi estremi composti, cioè che comprendano più fattori trainanti, ad esempio ondate di calore e siccità concomitanti, oppure un’ ondata di maltempo che si accompagna a piogge o flussi fluviali estremi, e ancora incendi in condizioni di caldo, siccità e venti. Ovviamente, combinazioni più frequenti di questo tipo influiscono fortemente sulla durata, la diffusione e la dannosità di ogni fenomeno: quanto è avvenuto in California nei mesi scorsi è un esempio impressionante di questa nuova situazione climatica.

L’altro fenomeno richiamato è il riscaldamento determinato dall’uomo, il “forzante radiativo”, principalmente attraverso le emissioni di gas serra e, in passato, di aerosol.
Questo fattore è arrivato nel 2019 a 2,72 watt per metro quadro, calcolato in riferimento all’anno 1750. Negli anni più recenti, il tasso medio annuo osservato di questo riscaldamento è passato da 0,50w nel periodo 1971-2006 a 0,79w nel periodo 2006-2018.
Il rapporto non fornisce dati sull’andamento annuale nei 270 anni cha sono passati dall’anno di riferimento ai nostri tempi, ma evidentemente prima dello sviluppo industriale il fattore radiativo era molto basso, mentre sembra in accelerazione nel periodo più recente.
Il rapporto dà invece informazioni molto interessanti sugli effetti del riscaldamento globale, che ha causato l’aumento del livello medio dei mari, a seguito dello scioglimento dei ghiacciai terrestri e all’espansione termica degli oceani. In particolare, l’espansione termica giustifica il 50% dell’innalzamento del livello dei mari, nel periodo 1971-2018, mentre l’arrivo dell’acqua dei ghiacciai disciolti ha contribuito al 22%, le calotte di ghiaccio marino per il 20% e i cambiamenti nell’immagazzinamento delle acque terrestri per l’8%.
Veniamo ora alle previsioni, formulate dal Rapporto sempre con una gamma di almeno cinque livelli possibili, e per questi vengono indicati diversi gradi di probabilità di verificarsi, lasciando quindi agli Stati di pronunciarsi sugli obiettivi concreti da perseguire.
Vediamo pertanto che in presenza di scenari di emissioni di gas serra basse, è “estremamente improbabile” che il riscaldamento globale di 2 gradi centigradi venga superato nello scenario SSP 1-1,9 e “improbabile” nello scenario SSP 1- 2,6. Questi due scenari iniziano nel 2015, prevedendo emissioni di gas serra molto basse, e anzi che l’anidride carbonica sia ridotta allo zero netto entro il 2050 e che negli anni successivi continuino a registrare emissioni negative di CO2.
Invece il superamento dei 2 gradi centigradi nel medio termine (2041-2060) è considerato molto probabile nello scenario di emissioni di gas serra molto elevate, SSP 5-8,5, e probabile negli scenari di emissioni intermedie ed elevate.
Per quanto riguarda il riscaldamento globale non superiore a 1,5 gradi centigradi ( rispetto al 1850-1900), l’obiettivo auspicato dall’IPCC, ma non ancora approvato dagli Stati membri, verrebbe superato nel corso del ventunesimo secolo negli scenari intermedio, alto e molto alto (SSP 2-4,5; SSP 3- 7,0 e SSP 5-8,5 rispettivamente).
Nel breve termine (2021-2040) è molto probabile che l’aumento di 1,5 gradi centigradi venga superato nello scenario di emissioni molto alte, è probabile che venga superato negli scenari intermedio e alto.
E’ invece probabile che non venga superato nello scenario di emissioni molto basse; inoltre in tale scenario c’è una probabilità superiore al 50% che la temperatura superficiale globale scenda nuovamente al di sotto dei 1,5 gradi centigradi verso la fine del secolo attuale, con un superamento per brevi periodi di non più di un decimo di grado al di sopra del di 1,5 C.
Questa evidentemente è l’ipotesi “preferita” dagli scienziati, anche se non appare molto chiaro il comportamento previsto dai fattori reali del riscaldamento globale.

Il rapporto infatti a questo punto sottolinea che la temperatura superficiale globale in ogni singolo anno può variare al di sopra o al di sotto della tendenza di lungo termine indotta dall’uomo a causa della variabilità naturale del clima, vale a dire la parte non influenzata dalle attività umane, come ad esempio le eruzioni vulcaniche, i cambiamenti nell’attività solare e, su scale temporali più lunghe, gli effetti orbitali e la tettonica a placche, cioè le variazioni dell’asse terrestre e gli spostamenti dei vari strati del pianeta. Vale a dire. in sostanza, una volta stabilizzata la temperatura ottimale, eventuali sforamenti di uno o due anni, non implicano che l’obiettivo prefissato non sia stato raggiunto.
Possiamo quindi notare che in realtà gli scienziati sottolineano l’importanza di ridurre molto e subito le emissioni di gas serra – obiettivo ormai ben chiaro ma fortemente contrastato dalle imprese fossili, non a parole ma nelle loro strategie di prospezione di nuove fonti di petrolio o con la costruzione di nuovi impianti elettrici a carbone in Cina – mentre, una volta stabilizzato l’obiettivo deciso, scarti di uno o due anni non avrebbero molto importanza.
Le loro analisi e le loro previsioni, quindi, mettono bene in evidenza l’urgente necessità di abbassare radicalmente le emissioni dannose, il che significa incidere in tempi brevi su uno dei meccanismi di fondo del sistema economico dominante.
Alcune letture possono aiutare ad approfondire questi ragionamenti:
Laurent Testot, Cataclismi, storia ambientale dell’umanità, Odoya, Città di castello e Bologna, 2021
Ian Angus, Anthopocene, capitalismo fossile e crisi del sistema Terra, Asterios Editore, luglio 2020
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