C’è un rapporto dell’Organizzazione meteorologica mondiale che spiega che ci sono 9 probabilità su 10 che tra il 2021 e il 2025 andremo incontro alle temperature più alte mai registrate. Se ne deduce che il pur accorato ma generico appello a “fare di più” emerso dalla Pre-Cop 26 del week-end scorso a Milano, in vista dell’appuntamento di Glasgow di fine mese, sia largamente insufficiente. Eppure l’ultimo lavoro degli scienziati dell’IPPC, reso noto in agosto, aveva tracciato con nettezza il profilo di un quadro che segnala con tutta evidenza che non è più il tempo di giocare col fuoco. Per fare solo un esempio: la temperatura superficiale globale è aumentata più velocemente a partire dal 1970 che in qualsiasi altro periodo di 50anni degli ultimi duemila anni. Durante il decennio 2011- 2020 le temperature hanno superato quelle del più recente periodo caldo multicentenario, circa 6500 anni fa. Non dovrebbe esser difficile concluderne che non basterà “fare di più” se non si cambia completamente l’ordine delle priorità che determinano quel che si decide di fare
Gli scienziati che lavorano per l’IPCC hanno prodotto in agosto l’ennesimo rapporto sulla crisi climatica e il quadro complessivo non potrebbe essere più drammatico. In vista della Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici – COP26, che si svolgerà a Glasgow, in Scozia, dal 31 ottobre al 12 novembre 2021, e alla luce della rilevanza dello scorso week-end milanese, sarà utile tornarci per rimarcare alcune considerazioni. In una dozzina di pagine di sintesi, inviate ai decisori politici di ogni paese, gli scienziati avevano fornito sia i dati storici sui più recenti cambiamenti climatici, sia le previsioni di ulteriori peggioramenti nell’immediato futuro.
Le cause principali dell’incidenza delle attività umane sugli equilibri del pianeta sono note ed innegabili, in primo luogo l’andamento delle emissioni di gas serra a partire dal 1750. Dal 2011 la concentrazione nell’atmosfera ha continuato ad aumentare e ha raggiunto nel 2019 le medie annuali di 410 parti per milione per l’anidride carbonica, di 1866 ppb per il metano e di 332 ppb per il protossido di azoto.
Di conseguenza, poichè questi gas impediscono il rilascio nello spazio del calore prodotto dalle attività umane, la temperatura superficiale globale del pianeta nel periodo 2001-2020 è stata di quasi un grado superiore a quella del periodo 1850-1900 ed è stata di 1,09 gradi nel periodo 2011- 2020, con aumenti maggiori sulla terraferma, (1,59 C) rispetto all’oceano (0,88 C).
In una retrospettiva di lunghissimo periodo, i dati sono ancora più impressionanti.
La sintesi del Rapporto sottolinea infatti che nel 2019, le concentrazioni atmosferiche dell’anidride carbonica erano le più alte degli ultimi due milioni di anni e le concentrazioni di metano e protossido di azoto erano le più alte degli ultimi 800.000 anni. Inoltre dal 1750 gli aumenti delle concentrazioni di CO2 (47%) e del metano (156%) superano di gran lunga i cambiamenti naturali plurimillenari tra periodi glaciali e interglaciali degli ultimi 800.000 anni.
In altre parole, il collegamento tra inizio della rivoluzione industriale e danni sempre più gravi agli equilibri del Pianeta è confermato e continuamente ribadito. Su questa linea la sintesi del Rapporto contiene anche altri dati relativamente più recenti molto significativi.
La temperatura superficiale globale è aumentata più velocemente a partire dal 1970 che in qualsiasi altro periodo di 50anni degli ultimi duemila anni. Durante il decennio 2011- 2020 le temperature hanno superato quelle del più recente periodo caldo multicentenario, circa 6500 anni fa.
Alcuni commenti sono subito necessari. Ad esempio, si può aggiornare il dato sulla presenza della CO2 nell’atmosfera che secondo piccoli gruppi di scienziati ha già raggiunto le 414 ppm e che sembra ormai procedere al ritmo di più di due parti addizionali ogni anno.
Inoltre non si deve mai dimenticare che si parla di dati medi per l’intero pianeta, e che quindi in alcune zone questi livelli sono stati già ampiamente superati.
A partire dagli anni ’90 del secolo scorso le attività umane hanno costituito la causa principale dello scioglimento e del ritiro dei ghiacciai. Questa diminuizione è di circa il 40% nel mese di settembre dell’ultimo anno, momento in cui vengono effettuate le rilevazioni dei ghiacci marini, cioè di massima libertà dei mari artici, fattore questo che permesso di aumentare molto la circolazione marittima.
Sempre le attività umane hanno contribuito allo scioglimento della copertura nevosa primaverile dell’emisfero settentrionale dal 1950 e allo scioglimento superficiale della calotta glaciale della Groenlandia negli ultimi due decenni.
Nello stesso decennio 2011-2020 la media annuale dell’area di ghiaccio marino artico ha raggiunto il livello più basso dal 1850. Nel periodo tardo estivo è stata inferiore a qualciasi altro periodo degli ultimi mille anni. Più in generale, la natura globale del ritiro del ghiaccio a ‘partire dagli anni ’50 è senza precedenti negli ultimi 2000 anni.
Per quanto riguarda il riscaldamento della superfice degli oceani, (da zero a 700 metri) e la attuale acidificazione globale dello strato superficiale, la causa sono sempre le emissioni di anidride carbonica alimentate dagli esseri umani. Il livello medio del mare globale è aumentato di 0,20 metri tra il 1901 e il 2018, è il tasso medio di innalzamento è stato di 1,3 millimetri tra il 1901 e il 1971 e le attività umane sono la causa principale di questo innalzamento.
Più di recente, tra il 2006 e il 2018 il tasso di innalzamento ha raggiunto i 3,7 millimetri all’anno. Rispetto al passato, il livello medio del mare è aumentato più velocemente a partire dal 1900 che in ogni secolo precedente degli ultimi 3000 anni. L’oceano si è riscaldato più velocemente nell’ultimo secolo che dalla fine dell’ultima glaciazione (circa 11.000 anni fà).
Gli scienziati alla fine di questa parte del rapporto concludevano che “l’influenza umana ha riscaldato il clima ad un ritmo (velocità) senza precedenti negli ultimi 2000 anni“.
Nella seconda parte del Rapporto tutti i livelli raggiunti dai fenomeni vengono proiettati nei prossimi ottanta anni del 21° secolo, però gli scienziati si sono mossi con estrema delicatezza poichè tutto dipende dalle decisioni e dagli interventi di tutti gli Stati dell’IPCC, e in misura più accentuata dai paesi paesi maggiori inquinatori e da quelli più industrializzati, poiché è noto che i paesi poco sviluppati nel loro insieme possono incidere in misura piuttosto limitata sia sui danni ambientali che sulle eventuali misure positive adottate.
Quindi qualunque previsione verrebbe considerata una pressione indesiderata da parte del mondo scientifico. I responsabili del Rapporti hanno adottato una tecnica piuttosto complessa e non facile da interpretare.
Inoltre è stato adottato un linguaggio, particolare, ben spiegato solo nel rapporto completo, dove avverbi e aggettivi usati hanno dei contenuti statistici convenzionali, che devono essere tenuti presenti nelle valutazioni contenute nel testo.
In altre parole, espressioni come “è probabile” o “è molto probabile” possono avere alle spalle il 25 o il 50 per cento di probabilità di essere realizzate in base ad una complessa tabella di confronti, che contiene tutte le parole usate e le rispettive percentuali probabilistiche. In sostanza, in questo modo gli scienziati sperano di avere messo a disposizione dei decisori politici degli elementi utili per assumere posizioni o prendere decisioni, riducendo i margini di approssimazione o improvvisazione.
Dal punto di vista di un economista critico invece gli scienziati hanno evitato di compromettersi evidenziando le diverse urgenze di intervento per modificare il clima e soprattutto indicando i rischi sempre più chiari di raggiungere i “punti di non ritorno” di alcuni fenomeni molto gravi senza intraprendere iniziative.
Ciò premesso, vediamo alcune indicazioni riguardanti il futuro che erano contenute nel Rapporto. Ad esempio, il documento premette che “È atteso che la temperatura superficiale globale continuerà ad aumentare almeno fino alla metà del secolo in tutti gli scenari di emissioni considerati. Il riscaldamento globale di 1,5 C e 2 C sarà superato durante il corso del 21° secolo a meno che non si verifichino nei prossimi decenni profonde riduzioni delle emissioni di anidride carbonica e di altri gas serra”.
Queste frasi contengono un messaggio chiaro, anche se non indica alcun limite o scadenza per il superamento degli obiettivi finora indicati dall’IPCC e per i relativi necessari interventi. Poi si elencano le diverse previsioni elaborate circa la temperatura superficiale media nel 2081-2100 rispetto al periodo 1850-1900:
Scenario di emissioni di gas serra
-molto basso (SSP 1- 1,9), sarà molto probabilmente più alta di 1,0° – 1,8°
-intermedio (SSP 2-4,5) , sarà di 2,1 C- 3,6
-molto alto (SSP 5-8,5), sarà 3,3-5,7 C
Qui il messaggio è piuttosto chiaro: se i livelli di emissioni saranno tenuti molto bassi, la temperatura sarebbe con ogni probabilità entro i limiti finora discussi nell’IPCC; se le emissioni saranno lasciate a livello intermedio o molto alto, le temperature potranno arrivare a 3 o addirittura quasi 6 gradi centigradi. I governi devono sapere che stanno giocando con il fuoco……e il testo avverte anche che l’ultima volta che la temperatura superficiale globale ha superato i 2,5 C è stato più di tre milioni di anni fa.
I governi sono quindi avvertiti del fatto che stanno rischiando di tornare alla preistoria del genere umano.
Per approfondire:
Peter Wadhams, Addio ai ghiacci, rapporto dall’Artico, Le Scienze, agosto 2020
Mark Lynas, Il nostro ultimo avvertimento, Sei gradi di emergenza climatica, Fazi Editore, luglio 2021
pasquale ranghelli dice
BRAVO ALBERTO……..