Ilaria Salis, domenica 23 giugno, ha affrontato in rete un argomento che dovremmo conoscere tutti, quello del diritto all’abitare. Con pazienza ci ha spiegato che «l’abbandono è letteralmente ovunque» e «chi entra in una casa disabitata prende senza togliere a nessuno, se non al degrado, al racket o ai palazzinari».
Non riassumo quello che ha scritto perché vale la pena leggerlo per intero. È chiaro e dettagliato:
𝗣𝗮𝗿𝗹𝗶𝗮𝗺𝗼 𝗱𝗶 𝗰𝗮𝘀𝗲 𝗽𝗼𝗽𝗼𝗹𝗮𝗿𝗶, 𝗼𝗰𝗰𝘂𝗽𝗮𝘇𝗶𝗼𝗻𝗶, 𝗾𝘂𝗲𝘀𝘁𝗶𝗼𝗻𝗲 𝗮𝗯𝗶𝘁𝗮𝘁𝗶𝘃𝗮
Come promesso, veniamo alla situazione milanese e lasciamo parlare subito alcuni dati, che sono di per sé sufficientemente eloquenti.
A Milano le case popolari sfitte sono più di 12mila, di cui oltre 5mila appartengono a ERP (gestite da MM) e più di 7mila ad ALER – in tutta la Città Metropolitana arrivano a quota 15mila. Gli alloggi non allocati di ERP rappresentano il 19,5% delle circa 27mila case popolari gestite dall’ente comunale, mentre quelli di ALER il 21,7% delle 32.022 in capo all’ente regionale (dati Confedilizia, sett. 2023). Dunque, un quinto (!) delle case popolari non è assegnato. Eppure non sono affatto poche le persone che hanno bisogno di una casa popolare, in Italia ci sono quasi un milione di persone che non riescono a pagare l’affitto. Per quanto riguarda Milano, dalla somma delle graduatorie di ALER e ERP risulta che a fine 2023 erano in lista d’attesa oltre 10mila famiglie (Sole 24 ore, giugno 2024). Di queste, sono in tante ad attendere a lungo – spesso invano – l’assegnazione, che potrebbe non arrivare mai pur soddisfacendo tutti i requisiti. Nell’ultimo triennio, di fronte a 5.894 assegnazioni di alloggi permanenti previste dalle due aziende, le abitazioni effettivamente assegnate sono state meno della metà, ovvero 2.818 (dati SICET, aprile 2024). Davvero è tutta colpa degli occupanti?
Innanzitutto, si sappia che le case occupate – circa tremila (dati Confedilizia, sett. 2023) – rappresentano solo una piccola parte delle case sfitte, un numero di gran lunga inferiore a quello di abitazioni lasciate vuote. L’abbandono è letteralmente ovunque. Tutti abbiamo gli occhi per vedere, ma non tutti hanno l’onestà intellettuale di ammettere questa verità, triste e scomoda per chi è incaricato di gestire l’edilizia pubblica.
Quando viene occupata una casa non assegnata, che generalmente si trova in condizioni fatiscenti ed è abbandonata da anni, l’accusa di sottrarre il posto a una persona in lista d’attesa semplicemente non regge. Chi entra in una casa disabitata prende senza togliere a nessuno, se non al degrado, al racket o ai palazzinari. Affermare il contrario, è bassa retorica politica volta a mettere gli uni contro gli altri, affinché nulla cambi.
Qualsiasi abitante di un quartiere popolare di Milano sa benissimo che a seguito di uno sgombero non avviene mai una riassegnazione. Le case vengono chiuse, murate e lamierate, alle volte sono anche distrutte dagli addetti agli sgomberi. Di regola, fanno il deserto e lo chiamano legalità. Dunque, incolpare gli occupanti per il dissesto dell’edilizia popolare pubblica sottolinea o la malafede di chi ben conosce il vuoto pneumatico delle politiche sull’abitare, l’incompetenza degli enti gestori e la speculazione sul mattone, o l’ignoranza abissale di chi non ha mai messo i piedi fuori dalla circonvallazione. Delle due, francamente non so quale sia peggio.
Vivere in una casa occupata non è una svolta, non è qualcosa da “furbetti”. È logorante. Ti fa vivere quotidianamente nella paura che ti vengano a svegliare e ti buttino fuori di casa, o di ritrovare tutte le tue cose sul marciapiede al ritorno dal lavoro, sempre che le ritrovi. Occupare vuol dire entrare in una casa abbandonata, murata, coi sanitari rotti e i buchi nelle pareti, lasciata al degrado anziché essere assegnata. Essere occupante vuol dire abitare questo spazio precario e faticosamente trasformarlo in un luogo che si possa chiamare casa, cercando di sistemarlo coi pochi mezzi a disposizione che si hanno.
Con l’introduzione dell’art.5 del decreto Lupi (2014), un occupante non può più avere né l’allaccio alle utenze (acqua, luce, gas), né la residenza e i diritti ad essa legati – ad es. il medico di base, l’accesso a un nido pubblico vicino a casa per i bimbi, l’iscrizione ai centri per l’impiego. Inoltre, alle persone non italiane viene così impedito di maturare i requisiti per ottenere la cittadinanza e anche il rilascio o il rinnovo del permesso di soggiorno è ostacolato. Essere occupante è uno stigma sociale, vuol dire essere trattati come criminali per aver cercato di vivere in modo dignitoso. Mettetevelo in testa, nessun occupante vuole essere occupante.
In questo contesto di strutturale emergenza abitativa, i movimenti di lotta per la casa agiscono per aiutare il prossimo, con costanza e dedizione, senza scopo di lucro, perché il valore che li anima e guida è la solidarietà. Aiutano individui e famiglie in stato di forte bisogno e recuperano luoghi abbandonati da anni, ristrutturandoli e rivalorizzandoli. Promuovono la diffusione di una cultura della partecipazione, del rispetto e del mutuo aiuto. Sono in prima linea a scontrarsi con il racket che specula sulla povertà, così come a prendersi le denunce quando si tratta di difendersi dalla violenza degli sgomberi. Non mi stancherò mai di dirlo: tali movimenti rappresentano un baluardo di resistenza contro la barbarie della nostra società, ed è da qui che dobbiamo ripartire.
“Però occupare è illegale…”. Il concetto di legalità, nella sua versione più rozza e strumentale, diventa spesso il buco nero dove collassano i discorsi pubblici sulle grandi questioni sociali che riguardano le classi popolari e i giovani, come l’emergenza casa. D’altro canto, si sente parlare molto poco di legittimità. La legittimità riguarda la giustificazione etica, morale e politica dell’azione. Come ci insegna la Storia, non sempre le azioni legittime sono necessariamente anche legali in quel dato momento – ma in una società sana possono diventarlo successivamente. Spesso, infatti, sono proprio azioni oltre la Legge a spingere la Legge stessa a mutare, a modificarsi in meglio, prendendo in considerazione le istanze di bisogno e desiderio che vengono poste dai gruppi subalterni. Il movimento di lotta per la casa ha sempre agito con la forza della legittimità data dal semplice principio che tutte e tutti dobbiamo avere un tetto sulla testa. Questo è il nocciolo della questione, l’argomento su cui tutti siamo chiamati ad esprimerci e a decidere cosa vogliamo collettivamente.
Vi piaccia o meno, c’è chi continuerà a lottare in nome di tale principio, richiamandosi alle lotte del passato ed entrando in contatto con quelle del futuro.
[Ilaria Salis]
Mentre leggo il suo pezzo mi vengono in mente due cose
La prima: tra le notizie trovo anche gli articoli di giornali come Tempo, Libero, Giornale, … e mi rendo conto che Ilaria Salis ha scritto un pezzo più lungo e professionale di molti suoi commentatori. Ne prendo uno a caso, quello del quotidiano fondato da Montanelli e diretto da Sallusti (il regime, passato e presente). Poco più di 500 parole per commentare un post lungo il doppio. Un commento qualunquista che non prende in considerazione nemmeno uno dei dati che Ilaria usa per dare concretezza al suo discorso. I dati che, specifica subito, «sono di per sé sufficientemente eloquenti», ma evidentemente imbarazzano il giornalista che preferisce mettere sul tavolo anche il pericolo comunista in Francia. Secondo lui c’è un complotto internazionale della «sinistra estrema», un «programma che promette di spalancare le porte agli occupanti» che sdogana «gli inviti all’illegalità».
La seconda: è triste dover ricordare che, scrive Ilaria, «sono proprio azioni oltre la Legge a spingere la Legge stessa a mutare, a modificarsi in meglio». Ce lo insegnano a scuola che Rosa Parks, quando si rifiutò di lasciare il posto a un bianco, fu arrestata. La guardia ha applicato la legge, lei l’ha violata. Ma quella violazione ha contribuito a modificare in meglio la legge e la nostra vita.
Non manca, poi, la comunicazione sulla Brianza dei patrioti che non vuole la pericolosa sovversiva e va a stendere un lenzuolo con la scritta: “Monza non ti vuole”. Il Tempo cita lo striscione in un post di buoni brianzoli che solidarizzano coi loro colleghi ungheresi chiamando “manifestazioni patriottiche” quelle neonaziste, organizzano feste come “Primavera di Bellezza”, scrivono articoli “In morte di un camerata”, celebrano i loro martiri col saluto romano.
Ilaria Salis ricorda alla destra che ha un gigantesco problema con le proprie radici fasciste. Nel migliore dei casi c’è l’aspirazione alla democrazia illiberale, ma nella pancia c’è il disprezzo per i diritti e la democrazia.
Giovanni Scavazza dice
Egregio Ascanio Celestini, le leggi che impongono agli indigenti di mettersi in fila per le case popolari secondo graduatorie basate sulle reali esigenze di ciascuno non le ha fatte il fascismo, ne’ Orban: le ha fatte uno Stato democratico che, come tutti, non puo’ tollerare le scorciatoie di minoranze prepotenti e violente armate di tronchesi e grimaldelli che passano davanti a tanta brava gente come il sottoscritto in attesa da anni, per prendersi cio’ che non e’ loro: e’ un bene pubblico, cioe’ dei cittadini. Altrimenti, io che sono un galantuomo e rispetto le regole e aspetto pazientemente le liste d’attesa, passo per fesso. CON CHE FACCIA FRATOIANNI E BONELLI INVOCANO LO SGOMBRO DI CASAPOUND DALL’EDIFICIO OCCUPATO A ROMA? Diranno che le occupazioni abusive possono farle solo i centri sociali amici loro e quelli di destra no?
Saluti comunisti.
Marco dice
Caro sig. Giovanni Scavazza, da quello che scrive sembra evidente che non ha letto, o non ha compreso, il testo dell’intervento di Salis. Lo legga, o lo rilegga, e troverà le risposte alle sue domande. Se anche stavolta non riuscirà a comprendere, si faccia aiutare…
Renato Rizz dice
più o meno la sua risposta corrisponde a quella dei giornali, poche righe per dire che alla fine non ha letto l’articolo.
EUGENIO dice
Ho provato a fare un riassunto. Sottolineo che il caso “Salis” riguarda quel 20% di case fatiscenti non assegnate e lasciate marcire. Non so se questo sia il suo caso.
“A Milano, oltre 12mila case popolari sono sfitte, di cui 5mila gestite da MM e più di 7mila da ALER. Ci sono quasi un milione di persone in Italia che non possono pagare l’affitto. Tuttavia, un quinto delle case popolari non è assegnato. Molti rimangono in lista d’attesa a lungo senza essere assegnati. Le case occupate sono solo una piccola parte delle case vuote. Occupare una casa abbandonata non significa prendere il posto a qualcuno in lista d’attesa. Il movimento di lotta per la casa agisce per aiutare i bisognosi. La legalità va affiancata alla legittimità, che spesso porta a cambiamenti positivi nella legge.”
Salvatore Scarola dice
Caro Ascanio, mi permetto di chiamarla così per la vicinanza di idee che registro spessissimo quando la leggo o l’ascolto.
Mi limito qui a dire che concordo con Ilaria e con quanto lei scrive al 100%.
Grazie per questo suo intervento
Tullio Tomasi dice
Che risposta sgarbata e piena di saccenteria…
E questi sono i portavoce della nuova sinistra!
Mi vergogno per lei caro sig. Marco, e tutta la mia solidarietà al “compagno” Giovanni.
Francesco Merolli dice
Grazie ad Ascanio Celestini per aver riportato i termini del problema della casa oggi in Italia e inquadrato il contesto dell’intervento di Ilaria Salis.
Sono sostanzialmente 3 le questioni rimosse e ora riaperte: nel tentativo disperato di non far votare Salis, il giorno prima delle elezioni alcuni giornali di estrema destra riportano di una occupazione di quasi 20 anni fa e di un conseguente debito che si sarebbe configurato, per l’occupazione, in 90 mila euro.
A parte che l’effetto è stato di fargli avere più voti (esempio, il mio), volevo riportare alcune riflessioni sugli aspetti più salienti della questione.
1) l’accusa di occupare le case “degli altri”. Accusa fatta oltre che dai giornali di cui sopra anche da Gramellini(!) e Travaglio(!!). I comitati per la casa non sono mai stati accusati di occupare case di gente che è uscita per fare la spesa… però con questo slittamento semantico, gesuitico, si lascia intendere, che si tratti di banditi che aspettano che esci di casa per rubartela (quindi innestando una guerra tra poveri). No, si parla di case popolari, case dello stato o dei comuni costruite con i soldi dei lavoratori dipendenti negli anni dai 60 agli 80, proprio per chi si trova in difficoltà.
Attraverso un azione politica, attraverso le occupazioni si voleva sollecitare le istituzioni ad assegnarle queste benedette case anziché lasciarle vuote.
2) il confronto con l’occupazione di casa pound a roma. Un signore qui sopra ha commentato in difesa sostanzialmente dell’occupazione di casapound sostenendo che non si poteva richiederne lo sgombero se poi si appoggiano le occupazioni dei comitati di sinistra.
Be’ nel caso pound c’è una sentenza del tribunale del 2023 che condanna 10 appartenenti all’organizzazione per l’occupazione abusiva, ne ordina lo sgombero (ancora non avvenuto, il ministro dell’interno ha altre priorità) e alla restituzione di circa 6 milioni di euro (ho detto seimilionidieuro!) . La domanda piuttosto sarebbe perchè questo accanimento per 90mila euro quando ci sarebbero 6 milioni da recuperare?
Piuttosto il giudice ha motivato la condanna (e questo fa giurisprudenza) con la non necessità, cioè siccome gli occupanti hanno lavoro/reddito adeguato, potevano andare in affitto. Quindi se fossero stati poveri non sarebbero stati condannati. E’ semplice.
3) Perchè le case vuote non vengono assegnate? Secondo i gestori delle case tipo ALER di Milano, non ci sarebbero i soldi per ritinteggiare le pareti quando un appartamento si libera, o fare lavori di manutenzione, ecc.
Bene dal sito ALER si possono rilevare gli stipendi per il 2024 dei 5 direttori dell’ente.
Matteo Papagni- Direttore generale 180milaeuro
Maria cristina Cocciolo – Vice direttrice 165 milaeuro
Manuela Parisi Direttrice Amminitrativa 130mila
Stefano Giannuzzi Direttore operativo 130mila
il più povero il Presidente Matteo Adolfo Maria Mognaschi 80mila
Fanno un totale di quasi 700.000 euro di stipendio base per solo 5 dirigenti…e solo per un anno.
Quanti appartamenti si potrebbero ripulire e finalmente assegnare con solo la metà di questi soldi?
E’ subentrata da qualche anno l’idea che le case popolari non servano più, l’obiettivo di fondo sembrerebbe in realtà di svendere queste nostre case a qualche immobiliare per metterle poi sul mercato “libero”. Fa impressione che nel paese cuore del cattolicesimo la parola solidarietà sia stata cancellata proprio da coloro che si fanno paladini della cristianità.
Francesco Merolli
Alessandra dice
Un’amministrazione “normale” magari darebbe le case non affidate perché necessitano lavori a quelli che si fanno i lavori da soli. ma i controlli costano e così preferiscono tenere le case popolari vuote (da immaginare che peggiorano se dentro non ci sta nessuno). La verità è che in Italia tutti si sono dimenticati delle politiche per la casa e delle case popolari, hanno dismesso nei decenni, migliaia di appartamenti. La Francia costringe i palazzinari a costruire anche edilizia popolare accanto a palazzi rimessi a nuovo o costruiti ex-novo. Così non si creano ghetti, o almeno ci provano.