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La vittoria di un personaggio come Trump, che fa dell’arroganza e del cinismo più volgare e feroce la sua bandiera, non c’è dubbio che segna la crisi di quel modello di democrazia che è stato finora il vanto dell’Occidente rispetto agli altri Stati del mondo. Un “populismo”, eversivo più che conservatore, sta allineando gli Stati Uniti a quei governi dittatoriali, dispositici, di stampo nazifascisti, che erano stati visti come il nemico principale di ogni civile convivenza.
A proposito dell’incontro/scontro con Zelenski, che si è svolto venerdì 28 febbraio in diretta a Washington, nello Studio Ovale del presidente, c’è chi, nel dibattito che vi ha fatto seguito nel nostro Paese, ha associato il comportamento di Trump a quello di un “gangster”, di un “mafioso”, di un “cowboy da saloon”. Non c’è dubbio che il potere e la violenza che lo Stato ha riservato a sé assomiglia sempre più a quella privata, per cui di conseguenza vengono meno sia la credibilità che il rispetto del cittadino verso le istituzioni che lo governano.
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Non posso non vedere in questo affondamento, giustamente temuto, della democrazia, dove il potere del popolo, considerato “sovrano” si trasferisce di fatto nelle mani di un singolo, che arroga a sé la sovranità e il potere di decidere della vita del suo popolo e di interferire su quella di altri, una linea di tendenza che era già stata riconosciuta cinquant’anni fa: la modificazione dei confini tra privato e pubblico. Sono stati il movimento non autoritario nella scuola e il femminismo ha darne un’ interpretazione che faceva intravedere “prospettive impensate”.
Lo slogan “il personale è politico” diceva, in sintesi, che a essere state “privatizzate” e “naturalizzate” erano le esperienze più universali dell’umano, come la relazione tra i sessi, la sessualità, la maternità, ecc., e che andavano perciò riportate dentro la storia, la cultura e la politica. Si pensava, si sperava, che l’uscita dal dualismo e dalla “rovinosa dialettica” (Elvio Fachinelli) fosse il riconoscimento dei “nessi” che ci sono sempre stati tra poli separati e contrapposti. “Portare la politica alla radici dell’umano”, condizione ritenuta necessaria per la sua capacità trasformativa dell’esistente, significava prendere distanza dalla separazione millenaria tra il corpo e la Polis, ma anche la “persona” nella sua interezza e il “cittadino”, tra individuo e società, sentimenti e ragione.
La parabola, vista a distanza di mezzo secolo, sembra invece che si stia rapidamente dirigendo verso la privatizzazione della politica, il passaggio nelle mani di un singolo del potere e della facoltà di dettare legge che era prima delle istituzioni, dell’esercizio di una violenza sottratta a ogni limite imposto da organizzazioni internazionali.
Trump si è comportato nella Sala Ovale come fosse nel salotto di casa propria, e non molto diverso è il modo con cui va bacchettando altri governi, come se il mondo non fosse diverso dal cortile della sua casa.
Lea Melandri ha aderito alla campagna Partire dalla speranza e non dalla paura
Cara Lea, tu scrive che “Trump si è comportato nella Sala Ovale come fosse nel salotto di casa propria” ed è vero.
Ma c’è un MA: in casa tua tratteresti una persona – amica o non amica – in quel modo? Non credo.
Costui è un cowboy, ma soprattutto è un cafone ignorante!
l’America comunque non è l’Europa, non è l’Italia patria dell’Umanesimo e del Rinascimento. 🌸