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Giocarsi la vita

Domenico Chirico
23 Novembre 2020

“Peregrino – I confini del Game” è un reportage che si pone l’obiettivo di accendere i riflettori sui viaggi disperati dei migranti lungo la rotta balcanica. “Il gioco” è il nome che viene dato dai migranti al tentativo di attraversamento di una frontiera. Il documentario racconta in modo nitido il loro viaggio verso il continente europeo: le torture subite dalle varie polizie, lo spaesamento e le continue privazioni dei diritti fondamentali. Un viaggio in cui in gioco è la loro vita

Dal 26 novembre sarà online “Peregrino” un documentario che è un piccolo gioiello per il suo racconto, il suo ritmo ed il rispetto delle persone di cui si parla e che parlano. Un documentario girato tra Trieste, la Bosnia e la Grecia, opera di Sofia Milazzo e realizzato nei mesi scorsi con il sostegno dell’associazione di volontarie e volontari Filomè.

E’ noto da anni che la frontiera più porosa e da cui arrivano migliaia di persone è quella orientale dell’Italia non il mare. Solo che le persone che arrivano da est sono meno visibili e spesso più utili. O di passaggio verso altre mete.

Trieste da anni è meta di migranti che a piedi attraversano i Balcani. Sono ad esempio afghani, pakistani, siriani, iracheni, egiziani. Sono migliaia. E fanno questo viaggio a tappe tra detenzioni e torture più o meno legalizzate.

Come sempre l’Unione Europea scarica su paesi fragili la gestione di questi problemi. I bosniaci dovrebbero assicurare la detenzione o il trattenimento in uno stato tuttora povero e fragile, i croati difendere le frontiere verso l’Europa.

Il risultato è una bomba sociale in Bosnia ed una caccia con i cani alle frontiere croate verso i moderni pellegrini.

Il documentario racconta in modo nitido e chiaro il loro viaggio. Le torture subite dalle varie polizie, lo spaesamento. E con la carne viva dei piedi martoriati dal cammino racconta il cammino verso lo spazio europeo. L’attraversamento della frontiera lo chiamano “the game“, il gioco, perché come ci spiegano durante il documentario è in gioco la vita delle persone in cammino. Molti sono morti di freddo o sotto i camion ed i treni. Molti per le botte o le mancate cure.

Un responsabile di Amnesty ci racconta le moltissime violazioni che subiscono queste persone in viaggio. Non ci sono guardie libiche brutte e cattive. Ma la polizia dell’Unione Europea che provvede.

Non c’è l’uomo cattivo a cui addebitare la colpa, qui l’ipocrisia è svelata. La violenza, la mancata accoglienza, i soprusi sono tutti strumentali e tendenti a scoraggiare il viaggio. A disinnescare, inutilmente peraltro, questa nuova rotta. Come se bastasse a fermare un flusso che è alimentato sempre e solo dall’ingiustizia.

E proprio su questo punto è rincuorante la testimonianza dell’associazione Filomè che rappresenta quanto di più pulito e necessario la solidarietà possa ancora produrre.

Un gruppo di persone che si mettono insieme per portare aiuti e dimostrare prossimità ai migranti in viaggio e si muovono tra Trieste, la Bosnia e la Grecia.

Rappresentano quelle generazioni di giovani europei che non si ritrovano nelle Ong o nelle associazioni più formali che spesso hanno perso gli spazi della partecipazione e della solidarietà, e si sono perse nelle loro burocrazie.

Sono giovani invece che spontaneamente si costruiscono dei piccoli comitati di solidarietà e sono “società civile organizzata” che si mette in movimento e fa movimento di pace, dialogo, fratellanza.

E sono molto inclusivi: chiunque può aderire e partecipare. Donare soldi, vestiti, mettersi nel furgone e partire. Esserci ed essere prossimo a gli attuali ultimi in viaggio. Ed allo stesso tempo queste volontarie e volontari creano sensibilità a casa loro. Sono portatori di storie ed esperienze da raccontare e condividere. Riportando così le persone al centro dell’attenzione.  

Le testimonianze dell’associazione Linea d’Ombra di Trieste e dell’Acli-Ipsia (presenza storica ed importante in Bosnia) sono poi un ulteriore tassello di questo spirito. Che di fatto reagisce alle ingiustizie con la solidarietà.

Peregrino è breve ed efficace. Per questo va visto. Ed andrebbe incoraggiata la regista a continuare a raccontare con lo stesso garbo ed efficacia. Ed aiutarci a pensare ed a non sederci nell’indifferenza o nella retorica della solidarietà che ci rende partigiani solo del nulla.

Commenti

  1. Giulia dice

    23 Novembre 2020 alle 23:32

    Grazie Domenico per la splendida sintesi!

    Rispondi
  2. Kerrie Moor dice

    24 Novembre 2020 alle 21:16

    Eloquently done. In Solidarity much love from Hope cafe Athens <3

    Rispondi

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