Da undici anni nel centro storico di Firenze c’è qualcosa di unico: un giardino comunitario, uno spazio gestito da chi vive il rione rapportandosi alla pari con le istituzioni, uno spazio straordinario nel quale ogni giorno, per quanto sia molto complicato, si costruiscono relazioni di fiducia. Domenica 5 maggio…
Stiamo organizzando in questi giorni la festa del Giardino detto Nidiaci/Ardiglione, che da undici anni è qualcosa di unico a Firenze: uno spazio nel pieno centro storico, gestito da chi vive nel rione, rapportandosi alla pari con le istituzioni, attualmente con un Patto per l’amministrazione condivisa, tra noi e il Comune.
Da quando i Savoia, i fascisti e i loro successori di ogni colore governano sull’Italia, esistono lo Stato e il privato. E anche se siete le famiglie che vivono in un rione, siete pur sempre privati, e lo Stato è pur sempre un funzionario con il timbro in mano che ti concede qualcosa.
Qualche anno fa, un professore dell’università di Trento, Gregorio Arena, si accorse che c’era stata una modifica nella Costituzione, che introduceva il principio di sussidiarietà. Al comma 4, l’articolo 118 recita oggi così: “Stato, Regioni, Città metropolitane, Province e Comuni favoriscono l’autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà”.
A quanto si vocifera, questo articolo è stato introdotto per dare un po’ di soldi pubblici alle attività di Comunione e Liberazione (sussidiarietà infatti è un termine di provenienza cattolica, che quando lo sentono, molti di sinistra si lanciano in ateistici esorcismi). Ma il diritto è una cosa strana: una volta introdotto questo principio nella Costituzione, ci resta, al di là del motivo contingente. E la Costituzione è al di sopra di ogni altra legge: da quel momento, tutti i funzionari con il timbro in mano hanno il dovere di “favorire” le iniziative che i cittadini si inventano creativamente, non nel proprio interesse ma nell’”interesse generale“.
Di Gregorio Arena, ho sempre apprezzato il sorriso: il più grande rivoluzionario che mi sia stato concesso di conoscere dal vivo, che non distrugge e non odia nessuno, che dialoga con tutti, ma ha colto un cavillo che mette sossopra l’Italia.
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Ora, noi gestiamo questo spazio antico nell’interesse generale. Solo che pochissimi funzionari hanno capito la portata dell’articolo 118, e quindi siamo noi – una ragazza rinnegata dai suoi perché voleva studiare e diventata educatrice e oggi è mamma, il calciante de’ Bianchi cui i Rossi spaccarono una clavicola, un messicano traduttore di manuali tecnici, un’ex-cassiera del Penny Market, per citare solo qualche nome – a dover spiegare a gente che ha vinto concorsi in diritto amministrativo come stanno le cose. E il bello è che abbiamo ragione.
Un giorno avevamo combinato un disastro, riempiendo una stanza di roba che non ci doveva stare. E proprio nel momento meno opportuno, calò su di noi una funzionaria del Comune molto arrabbiata. Avevamo torto, e io e la Laura ci siamo rimboccati le maniche e abbiamo fatto un lavoro immane, per rimettere tutto in ordine. Da quel momento abbiamo creato un vincolo profondo proprio con la funzionaria arrabbiata: perché stava dalla parte delle regole, lei capì che alla fine avevamo ragione noi. In quel momento, con questa bella persona, abbiamo sentito che si poteva fare un ponte tra due mondi, superando tante approssimazioni.
Gestire questo spazio alle spalle della Chiesa del Carmine dove le guide ci dicono “è nato il Rinascimento“, non è certo facile; ma in tutti questi anni, abbiamo dimostrato che è possibile. Si tratta ogni giorno di trovare soluzioni nuove a problemi che si dicono insolubili; di stabilire un rapporto di fiducia radicale, tra persone molto diverse tra di loro, spesso irascibili (toscanacci!), capaci tutte di sbagliare, e dove alla fine tutti i rischi si caricano sulle spalle del povero responsabile legale che ha il coraggio di fidarsi di un branco di improvvisati incompetenti che si stanno lanciando in uno degli esperimenti più azzardati d’Italia.
Ecco, domenica 5 maggio, faremo la festa del Giardino, che per noi deve essere la festa di tutto il nostro rione: a forza di coinvolgere gente che fa cose belle, abbiamo coinvolto ventuno, boh, come si dice, realtà. Dal giovane babbo colombiano con la bimba piccola che si è lanciato alla riscoperta dei sedici gonfaloni di Firenze; alla Valentina che dipinge stoffe; alla maestra di yoga; ai filosofi che insegnano ai liceali a combattersi senza odio, con la ragione e con il corpo; ai ragazzi che si travestono da cavalieri medievali; alla Carla che dà da mangiare a 900 famiglie di disperati; al laboratorio che permette agli artigiani di condividere strumenti; al milanese diventato allevatore di api tra i monti toscani; a chi raccoglie le storie degli anziani del nostro rione, a partire da Libertario, anni 102; ai musicisti che suonano pizzica e taranta; a Gianluca che in una chiesa abbandonata fa volare in aria acrobati; alla Ronda che gira di notte, portando coperte e cibo ai tanti che a Firenze dormono per strada. E tanti altri. Ci sono la gelateria, i ristoratori e i bottegai di San Frediano.
E speriamo che non piova!
Antonio Mereu dice
Sarò uno dei musicisti che allieterà con pizziche e tarante l’evento del 5 maggio al meraviglioso Giardino dell’Ardiglione Abito anche a pochi passi dal giardino che è in uno dei quartieri piu belli e caratteristici di questa città l’Oltrarno, e spero che siano in tantissimi a partecipare a questo evento . Abbiamo tanto bisogno di creare comunità , soprattutto in un quartiere quasi totalmente gentrificato come il nostro . E la scelta di invitare il mio gruppo di musiche e danze popolari che suona pizzica e taranta non è casuale perchè la pizzica oltre ad essere un ballo liberatorio è unificante perchè tutti ballano il circolo e non ci sono barriere tra spettattori e musicisti ed il ritmo ipnotico ed incalzante del tamburello salentino permetterà a tutti di essere coinvolti attivamente nello spettacolo . Si dice in salento: “Ci balla la pizzica nun more mai”……