La nascita del Fronte di Liberazione omosessuale nel 1971 all’interno del femminismo, la moltiplicazione dei collettivi di lesbiche degli anni Ottanta, la costituzione di Arcilesbica, la conquista delle unioni civili del 2016 (ma non di altri diritti civili), l’emersione dello straordinario movimento internazionale Non Una di Meno che si nomina “transfemminista” ma anche i conflitti con alcune femministe arroccate alla difesa, non nuova, di quella “differenza sessuale” presunta “naturale”. La storia del movimento delle lesbiche in Italia ha alle spalle un percorso ricco e concentrato in un arco di tempo tutto sommato breve. Lo ricorda questo paragrafo tratto da La terra non è piatta. Mondi lgbtiq*, femminismo plurali e femminismi escludenti edito da *asterisco: un libro (di Lidia Cirillo, Carlotta Cossutta, Paola Guazzo, Mauro Muscio, Roberta Padovano, Marta Palvarini e Sara Garbognoli) che mostra come la bicategorizzazione uomo/donna non abbia nulla di naturale e di eterno ma sia legata a una certa distribuzione del potere, a un sistema di violenze e al concetto di identità. Mentre a livello istituzionale prevale il fronte che si è opposto perfino all’adozione del DDL Zan, la storia di quel movimento rivela come, tra inevitabili complessità e contraddizioni, i semi gettati hanno cominciato comunque a favorire un cambiamento in profondità nella società, legato alla vita di ogni giorno e alla costruzione di relazioni sociali diverse. Insomma, anche se ai piani alti fanno di tutto per negarlo, la terra non è piatta e ha già un presente femminista, transfemminista e queer
La storia delle lesbiche, visibili e politiche, in Italia ha ormai lo spessore di un percorso cinquantennale. Ne proponiamo una breve ricognizione e classificazione periodica, utile come orientamento di base.
Le fasi storiche del movimento sono tre, con una quarta in via di svolgimento e definizione. La prima è segnata dalla nascita del Fronte di Liberazione omosessuale nel 1971; questo raccoglie al suo interno lesbiche che nel movimento femminista non trovavano spazio per la propria autodefinizione. Nella seconda metà degli anni Settanta nascono i Collettivi Donne Omosessuali di Milano e le Brigate Saffo di Torino, queste ultime rilevanti anche per la loro componente di classe, eminentemente operaia; inoltre gruppi lesbici partecipano anche all’occupazione del Governo Vecchio a Roma. Questa fase si colloca da un lato nella partecipazione alla nascita del movimento gay e dall’altro nella nascita di autocoscienza e politica lesbica all’interno dei gruppi femministi, segnando nei fatti la prima manifestazione di una caratteristica di lunga durata del movimento lesbico, ovvero quella di collocarsi anche all’interno del femminismo, in un rapporto di dialogo, elaborazione e differenziazione.
La seconda fase è quella del lesbofemminismo separatista, che percorre tutti gli anni Ottanta e una parte dei Novanta. Si moltiplicano, in tutta la penisola, collettivi di lesbiche radicalmente avverse al patriarcato e pure al silenzio che alcune femministe della differenza vorrebbero far calare sulle esistenze lesbiche, viste come mera “scelta sessuale” e non come punto di vista rivoluzionario contro la dogmatica dell’eterosessualità obbligatoria. I testi di Monique Wittig (leggi anche Il pensiero straight e altri saggi, ndr) sono la teoria, il diffondersi di un lesbismo autodeterminato e ambizioso la pratica. L’autunno del 1981 è caldissimo: a ridosso dell’incontro nazionale lesbico al Governo Vecchio a Roma, parte una mobilitazione di lesbiche su tutto il territorio per protestare contro l’arresto di due donne che si erano baciate in pubblico ad Agrigento.
La terza fase inizia negli anni Novanta e persiste, in vari passaggi, fino al 2016, con una cesura nel 2008, che la separa in due parti. Comincia, con vari passi inizialmente diffidenti, un dialogo tra le lesbofemministe ed Arcigay Donna, associazione alla quale aderiscono molte giovani e che pone la conquista dei diritti civili al centro della propria piattaforma. Questo processo porta, nel 1996, alla nascita di Arcilesbica, nella quale confluiscono soggetti ex-separatisti e lesbiche con un percorso di attivismo misto nel movimento lgbt. Non sarà un percorso immune da frizioni e rotture con l’ala più intransigente del movimento separatista, contrario all’accesso al diritto alle unioni civili, visto come ingresso nel Codice e nel riconoscimento statale di forze immaginate refrattarie a propositi non rivoluzionari di sovvertimento dello status quo. Tuttavia, l’onda della visibilità e della lotta per i diritti, anche nelle numerose associazioni e collettivi extra Arcilesbica, sarà – all’inizio del nuovo millennio – prevalente e in grado di formare una sorta di “egemonia culturale” del proprio progetto giuridico e sociale. Lo sarà non facendo tabula rasa del passato, ma spesso con attenzione al dialogo e alla dimensione queer delle lotte, che va formandosi in quegli anni. Una crescente insofferenza verso l’attivismo misto e queer precede e produce, tuttavia, la lacerazione avvenuta dopo il Bologna Pride del 2008 con l’arresto di Graziella Bertozzo. Da qui si evidenzierà uno sfaldamento interno al movimento, insieme alla riduzione drastica dei margini di confronto tra le posizioni differenti, con una parte che sceglie di procedere sulla strada della partecipazione ai tavoli istituzionali e alla sponsorship dei Pride e di altre iniziative sociali mentre l’altra confluirà in iniziative queer e femministe meno legate alla griglia associativa ed istituzionale.
La quarta fase inizia nel 2016, anno della conquista del diritto alle unioni civili, ma non alla stepchild adoption, con tutte le problematiche connesse per le “nuove famiglie” lgbt+. Contemporaneamente, nel secolo nuovo, che è il secolo della biopolitica ben più di quello trascorso, emerge la problematica questione della gpa (gravidanza per altri), che coinvolge e spesso divide il movimento femminista. Insieme ad essa vanno ridefinendosi i confini del sesso cosiddetto “biologico” e dei suoi rapporti con il genere e l’orientamento sessuale. Le definizioni identitarie novecentesche si sfaldano: nascono i soggetti non binary, che rifiutano la partizione patriarcale dei sessi, e il movimento Non Una di Meno si nomina “transfemminista” rifiutando completamente la gabbia differenzialista. In questo tsunami biopolitico, che coinvolge le femministe di tutto il mondo, maturano atteggiamenti diversi, quando non opposti, che i social, e in generale la facilità e velocità della comunicazione, esasperano e rendono tossici. L’epoca dei meme contro l’epica della memoria, mentre la realtà e le potenzialità lesbiche sembrano sfuggire alle stesse lesbiche. Questo, a nostro avviso, il quadro attuale, che scegliamo di rappresentare assecondando una dimensione di ascolto e citazione delle voci in campo.
Questo paragrafo, titolo originale Come eravamo. Lineamenti di storia lesbica, fa parte del capitolo Not in our names Voci di lesbiche politiche in Italia (2017-2021) del libro “La terra non è piatta” (*asterisco).
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Le assurde critiche alla legge contro l’omotransfobia (Lea Melandri)
La terra non è piatta (Mauro Muscio e Marta Palvarini)
APPUNTAMENTI:
Giovedì 28:
■ Alessandria ore 21 Casa delle donne
■ Como ore 18 piazza Verdi
■ Roma ore 18 Via San Giovanni in Laterano
■ Milano ore 19 Arco della Pace
■ Novara ore 17 Piazza delle Erbe
■ Varese ore 19 Piazza Montegrappa
■ Vincenza ore 20 Piazza dei Signori
Venerdì 29:
■ Aosta ore 18,45 piazza Arco di Augusto
■ Barletta ore 19,30 via Cialdini (dinnanzi prefettura)
■ Genova ore 18 Piazza de Ferrari)
■ Brescia ore 21 Piazza Mercato)
Sabato 30:
■ Lecco ore 16 Piazza XX Settembre
■ Firenze ore 16 piazza della Repubblica
■ Mantova ore 16 piazza Martiri di Belfiore
■ Monza ore 18,30 in piazza Roma
■ Palermo ore 15 Foro Italico
■ Pesaro ore 15,30 piazzale della Libertà
■ Pavia ore 16 Piazza Vittoria
■ Padova ore 16,30 Palazzo Moroni
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