di Lea Melandri*
Non si può liquidare come trionfo del narcisismo un fenomeno (Facebook) che sta abbattendo tante barriere – pudore, riservatezza, vergogna, banalità, insignificanza, ecc. –, che muove un arco imprevedibile di sentimenti, pensieri, fantasie, desideri, sogni, che gioca sulla dipendenza e la seduzione, sul bisogno di affetto e di condivisione.
Il selfie, venuto per ultimo nella sfida al “privato più privato”, forse può offrire una chiave interpretativa meno scontata e liquidatoria. Se lo specchio e l’autoritratto – nell’arte, nella fotografia – rimandano un’immagine fissa, costruita del sé, lo scatto rapido e mobilissimo di uno smartphone si affida alla sorpresa, all’immagine rubata a un “sottosuolo” emotivo, imprevedibile. È il tratto che, pur nell’incomparabile diversità, avvicina il selfie alla pratica dell’autocoscienza (nell’accostare un po’provocatoriamente il selfie all”autocoscienza, mi riferisco a persone, gruppi, che oggi lo usano ma facendone una pratica di riflessione su di sé, quanto al “privato” di Facebook direi che ha poco a che vedere con ciò che il femminismo intendeva con lo slogan “il personale è politico”…).
![](https://comune-info.net/wp-content/uploads/2016/01/fb.jpg)
Siamo senza dubbio lontano dal piccolo gruppo, fatto di presenza reali, parole legate a un corpo, a un viso e ai mutevoli stati d’animo che vi passano sopra. Chi è invitato a consegnare i suoi pensieri a una pagina solitaria e al medesimo tempo visitata da molteplici possibili sguardi, si muove come un funambolo tra sponde opposte, ma oggi inseparabili: da una parte, l’amore di sé che cerca, come agli inizi della vita, conferme esistenziali e affettive, dall’altra una società che sembra aver perso lo spazio intermediario della famiglia, per cui potrebbe riprodurla, ma anche volerne sperimentare l’assenza.
Una corda tesa tra sé e sé, tra sé e mondo, una sospensione del già noto che non rinuncia tuttavia a mettere in campo, con una libertà finora sconosciuta, quello che c’è di più quotidiano, intimo e particolare in ogni singola vita. Se, come dicono le statistiche, sono soprattutto le donne che fanno uso dei social network, bisogna ammettere che un grande passo avanti è stato fatto da quando una pagina di diario finiva in un cassetto, preziosa e, contemporaneamente, destinata a perdersi come i sogni.
* Dopo aver insegnato alle scuole medie e alle superiori, da più di vent’anni tiene corsi presso l’Associazione per una Libera Università delle Donne di Milano, di cui è tra le fondatrici. Saggista, scrittrice e giornalista, Lea Melandri ha diretto per molti anni la rivista “L’erba voglio” ed è un punto di riferimento del movimento delle donne. Ha scritto diversi libri, l’ultimo è “Amore e violenza.Il fattore molesto della civiltà” (Bollati Boringhieri 2011). Altri articoli di Lea Melandri sono leggibili qui.
L’adesione di Lea Melandri alla campagna Facciamo Comune insieme:
Cari amici di Comune, come potrei non dare il mio sostegno al vostro prezioso e instancabile impegno, in cui riconosco idee, pratiche, azioni che hanno segnato il mio lungo percorso, a partire dagli anni ‘70 – il movimento non autoritario nella scuola e il femminismo –, una rivoluzione culturale e politica che si rivela oggi più attuale che mai? In una nota … SEGUE QUI
Non male come articolo…
Grazie Comune! Questo articolo mi sembra una saggia risposta a quanti sostengono che “con i social parola a legioni di imbecilli”… A dire il vero, proprio qui ho compreso meglio tutti quegli argomenti ignorati dai giornali e da quella “matrigna” che diffonde prevalentemente immondizia: la televisione. Con il tempo ho imparato a distinguere chi usa “i social” per vendere o per vendersi, e chi lo usa per accrescere la consapevolezza tra il vero e il falso, tra il giusto e l’ingiusto, tra il bello e l’osceno…
I Social per accrescere consapevolezza?!?? Stiamo freschi allora… Sono pari immondizia che la televisione, anzi peggio, perché estremamente più pericolosi per la nostra libertà.
No devo dirlo …. non sono d’accordo, non lo trovo romantico FB, non la penso così, tanto è vero che non sono iscritta e sento che sono tagliata fuori da molte cose, ma ho deciso in modo intelligente di pagarne il prezzo … va bene così!
perché penso che la vita fatta di relazioni è fuori dalla rete …. le relazioni, le emozioni sono fuori con le altre e con gli altri. Voglio vedere gli occhi scintillanti di amicizia e di amore e non sulla fotografia scattata per una sorta di voyeurismo. Lo trovo molto preoccupante tutto ciò.
Da un punto di vista strettamente politico ….. altro che FB è personale e politico!
Vi consiglio di leggere La rete è libera e democratica /FALSO di Ippolita
Nell’acquario di FACEBOOK sempre del gruppo Ippolita e L’impero virtuale – colonizzazione dell’immaginario e controllo sociale di Renato Curcio.
Qui non me la sento di scrivere altro ….. ma per chi vuole faremo proprio un cantiere di socio analisi narrativa su questi temi.
Condivido pertanto quello che ha scritto Davide. E sono molto preoccupata …..
Non vedo cosa ci possa essere di positivo nell’affidare la propria emotività o i desideri ad una scatola che specula, ruba, egemonizza, opprime, controlla. Non trovo nulla di cui felicitarmi, ma solo tanta tristezza per chi si trastulla con candore con strumenti che regalano potere a pochi, dopo aver pressoché ignorato per decenni analoghi strumenti molto più interessanti e democratici. Noi andiamo avanti col nostro modo di stare in rete, continuando a costruire un altro mondo, anche per voi. Quando vi svegliate fateci un fischio.
Grazie Lea!
Ci voleva una donna per uscire dalle secche del catastrofismo e dei luoghi comuni sull’uso dei nuovi media! Uno dei pochi articoli che ho letto che esce dal bla bla e che si basa sulla consapevolezza che deriva dal guardarsi dentro senza pregiudizi…..evviva!
Cara Paola, purtroppo non basta un pensierino originale (o pseudo tale) e un buon italiano per fare un articolo adatto a comune-info. Bisogna conoscere, studiare, approfondire. I testi suggeriti da Daniela sono l’eccellenza sul tema in lingua italiana. Altrimenti si rischia, questo sì, un bla bla insipido, ingenuo e soprattutto pericoloso. Questo articolo, a partire dal suo titolo, è politicamente nocivo e sul piano personale mi fa infuriare. Infatti ogni volta che si porta l’acqua al mulino dei padroni di Facebook et similia, si perpetua la macchina dello sfruttamento e del controllo che danneggia anche di chi, come me, è fuori dalla malattia dei social network. Siamo ancora troppo pochi ad aver paura di Facebook.
Facebook può diventare addirittura uno strumento diabolico, generatore di odio e rancore.
E’ un social-network in realtà poco social, dal momento che costruisce “muri” e tanta ipocrisia!
Certamente non è un buono strumento se ti vuoi bene informare.
Facebook può diventare addirittura uno strumento diabolico, generatore di odio e rancore.
E’ un social-network in realtà poco social, dal momento che costruisce “muri” e tanta ipocrisia!
Certamente non è un buono strumento se ti vuoi bene informare.
Sono anch’io convinto che i vantaggi di facebook siano ben poca cosa rispetto ai pericoli. Cerco di argomentarlo da mesi su veramente.org:
http://www.veramente.org/wp/?p=18127
Ma ovviamente il male non sta nella “cosa” di per se ma nell’uso che se ne fa come è per molte altre cose compresa la televisione. In questo senso si può essere d’accordo con l’articolo. Tuttavia trovo sorprendente come la Melandri trascuri tutte le ricadute economiche che stanno dietro i fenomeni (social, ecc,) legati a internet. In questo senso può essere utile una riflessione che si trova in “L’impero virtuale” breve ricerca sociologica di Renato Curcio. Qui , tre l’altro viene individuato come” internet, l’ideologia della rete, hanno costruito nel tempo la nuova figura del lavoratore-consumatore, soggetto che opera volontariamente per un azienda produttiva senza percepire alcun salario, che produce con il suo lavoro valore, ma lo fa gratuitamente, volontariamente, e nella maggior parte dei casi senza neppure esserne consapevole. Una nuova forma di lavoro gratuito prodotto dalla sudditanza culturale a forme di colonizzazione per lo più inconsapevoli, e che infatti vengono riprodotte e reiterate anche da chi politicamente vorrebbe combatterle.”