Il lockdown nel nostro paese è terminato, ciò malgrado, scrive Alessandro Ghebreigziabiher, sono convinto che una parte di noi sia rimasta intrappolata in casa, sul divano imbalsamati innanzi alla tv, sul letto a fissare il soffitto alla ricerca di un’uscita, davanti allo specchio nella vana attesa che l’altro batta un colpo o magari al tavolo in cucina sperando che il pranzo non finisca mai. Ma al sicuro, ovvero con l’idea di esserlo grazie a porte blindate, inferriate alle finestre e anche aglio, va’. Dovremmo, invece, alzarci ogni giorno dal letto cercando di aprire i nostri occhi di più, ogni mattino di più. Potremmo ancora stupirci dei nostri simili…

Nei mesi scorsi ho avuto modo di leggere che, tra le altre cose, la pandemia di Covid-19 sia stata una sorta di prova generale della fine del mondo. Può essere, la ritengo un’osservazione ragionevole, ma a mio modesto parere – soprattutto per il lockdown – è altresì la rappresentazione, estremizzata e caricaturale, non soltanto del futuro che ci attende, ma anche del nostro stesso presente.
Ogni tanto mi capita di ripensare a quei giorni in cui vivevamo quasi tutti rinchiusi in casa, con la finestra o il balcone quali unici sguardi concessi sul mondo esterno. Oltre, ovviamente, agli oblò digitali con i quali continuare a esplorare i caotici fondali del World Wide Web e, più di ogni altra cosa, la tanto sottovalutata immaginazione. Ma tu leggi pure come l’internet gratuita in eterno, infinita sino a prova contraria e capace di connettere chiunque con chiunque in qualsiasi luogo e tempo.
Il lockdown nel nostro paese è terminato, ciò malgrado sono convinto che una parte di noi sia rimasta intrappolata in casa, sul divano imbalsamati innanzi alla tv, sul letto a fissare il soffitto alla ricerca di un’uscita, davanti allo specchio nella vana attesa che l’altro batta un colpo o magari al tavolo in cucina sperando che il pranzo non finisca mai. Ma al sicuro, ovvero con l’idea di esserlo grazie a porte blindate, inferriate alle finestre e anche aglio, va’. Parafrasando la commedia di Eduardo, non è vero… ma mi proteggo.
Non è vero, già. Il che vuol dire che è falso, è una bugia, è il frutto della svista, dell’invenzione o addirittura il raggiro di qualcun altro. Di qualcuno che, più o meno autorizzato da noi altri, si è arrogato il diritto di raccontarci cosa accade all’esterno delle nostre fidate caverne.
Per tale ragione, che si oltrepassi la soglia dell’appartamento o si perda d’improvviso la libertà di farlo, ho come l’impressione che la nostra generazione ci sia nata in lockdown. E malgrado l’aver esperito sulla propria pelle l’abbraccio del sole qualora i suoi raggi si mescolino con l’acqua del mare, una volta distesi sul telo dopo un bel bagno, si sia finiti in molti a fare la scelta di rinunciare all’incontro reale in cambio di una mendace e illusoria drammatizzazione del vivere. Il tutto a condizione che sia innocua, come potrebbe accadere in un film o un videogioco.
In tal caso, non sono affatto sorpreso che nell’elenco dei paesi per i quali il nostro governo ha ordinato il blocco dei collegamenti a causa del rischio per la diffusione del Coronavirus non ci siano gli Stati Uniti, il Regno Unito e la Russia, ai primi posti al mondo per numero di pazienti positivi e decessi. Soprattutto che nessuno si sia ancora deciso a farglielo notare…
Non sono stupito nel venire a sapere che non solo l’essenziale sia invisibile agli occhi nostrani, come direbbe il piccolo principe, ma anche ciò che è semplicemente umano e bisognoso d’aiuto.
Non provo alcuno sbigottimento leggendo che tra i vari spunti di riflessione che la pandemia ci ha suggerito vi sia la nostra incomprensibile e ostentata cecità innanzi alla colossale crisi che contiene tutte le altre, ovvero quella dovuta al riscaldamento globale e i cambiamenti climatici.
Non sono più sbalordito, ormai, verificando fino a che punto possano arrivare i parassiti delle disgrazie altrui pur di ottenere like e possibilmente voti.
Ecco perché dovremmo alzarci ogni giorno dal letto cercando di aprire i nostri occhi di più, ogni mattino di più. Ecco perché abbiamo necessità di leggere quanto possibile storie nuove e soprattutto diverse. Ecco perché dovremmo più di sovente coprirci la bocca con una mascherina speciale, composta di doverosa curiosità e sana empatia, e ascoltare il prossimo con la giusta attenzione.
Perché potremmo ancora stupirci dei nostri simili, e magari per qualcosa di buono.
Non abbiamo molto tempo, ahi noi, ma ce n’è ancora prima del tramonto…
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