di Claudia Fanti*
Sapete cosa era magnifico del nostro lavoro di insegnanti? Ebbene la libertà, quella di cui oggi non si parla più. Quella libertà rischiosa che faceva andare a scuola con lo slancio che dà la consapevolezza che ogni incontro non rientrerà mai in protocolli, che ogni giorno permetterà di correggere il tiro delle proprie scelte e di far sudditi di ogni bambino/a il programma, le Indicazioni o qualsiasi diavoleria pensata dall’alto.
È nella libertà che siamo cresciute e cresciuti come insegnanti, è nella libertà che credevamo, in quella sancita dalla Costituzione. Ora rischiamo di diventare piccoli funzionari di Stato, soggetti da valutare, monitorare, controllare. Questo si vorrebbe che fossimo e che non producessimo pensiero autonomo in materia di insegnamento/apprendimento, gente senza valore da assoggettare a verifica e Invalsi. Errore che si pagherà caro. Non si può arginare il mare delle differenze con una disciplina da truppa. E chi non ha conosciuto questa infinita libertà come farà a inventare, ad aggiornarsi su ciò che si ritiene utile e consono alla propria concezione pedagogica perché è bello e giusto il farlo per arricchire il proprio modo di insegnare? È tanto triste leggere che maestre e maestri non vorrebbero recarsi a scuola per stanchezza o addirittura per timore di essere schiacciati dalla burocrazia, dal nonsenso di certe riunioni, dal registro elettronico, dalla non considerazione e valorizzazione delle proprie individualità, oppure leggere articoli, riviste, post, libri sull’organizzazione e sul sistema, testi di riforme, nei quali quasi mai si scrive la parola “insegnante” come se questa fosse foriera di male e di individualismo a sfavore della comunità.
Ma senza la libertà, con dirigenti e amministrazione che non trovano più il coraggio di affermare apertamente che i loro insegnanti e le classi sono il nucleo bello, forte e onorevole della scuola, ogni ipotesi di volo, di miglioramento, di ricerca, di sperimentazione, di invenzione, di amore per la scuola svapora e allora si profila all’orizzonte una scuola in cui tutto diventa noia, in cui il rischio educativo scompare per lasciare il posto al prevedibile, al già pensato. Illusione di miglioramento una scuola che non mette al centro chi insegna e chi apprende, mai uguale binomio ricco di affetti, emozioni, azioni e reazioni senza briglie! Illusione pericolosa per una società che invece si vorrebbe responsabile, vitale e disposta al cambiamento.
Libertà e fierezza d’insegnamento o scuola delle piccole paure con minuscoli funzionari assenzienti?
Così scriveva Claudia Fanti il 22 dicembre 2002. Da “2014, odissea della scuola”1) pag.97 “Queste le domande per “Non uno di meno””
“Fin dai primi passi l’autonomia è stata un terreno sul quale si sono scontrate posizioni diverse. In effetti coniugare autonomia e responsabilità, collegialità e libertà di insegnamento, agibilità didattica, ricerca e sperimentazione non è una cosa facile da conseguire. Fin dagli inizi degli anni 2000, dopo l’entusiasmo iniziale, cominciano le avvisaglie di tendenze neo accentratrici. La reazione centralistico-burocratica muove i primi passi e i governi iniziano a limitare sempre più gli spazi di agibilità per gli insegnanti e per le scuole portando in primo piano il problema della governance, del controllo, della gerarchizzazione dei ruoli e delle funzioni, anche quando non ce ne sarebbe bisogno, anche quando ciò che si ipotizzava entrava in conflitto con l’idea che l’educazione necessita di aria e di terreni ampi per essere veramente efficace nel favorire la formazione dell’uomo e del cittadino. La peculiarità della funzione docente ontologicamente non ammette la burocratizzazione e la gerarchizzazione della professione.”
1) http://www.youcanprint.it/youcanprint-libreria/didattica-e-formazione/2014-odissea-nella-scuola.html
Nel 1968 ho vinto il concorso magistrale a cui avevo partecipato perché mia madre mi diceva “insegna, è un lavoro in cui puoi LIBERAMENTE
esprimere le tue capacità”.
Avrei voluto fare la giornalista e per questo frequentavo l’università. Ma aveva ragione la mia mamma. Ho messo a disposizione delle bambine e dei bambini la mia creatività, le mie conoscenze in sperimentazioni di rilievo.
Poi, proprio in nome della libertà, quando nel 1992 le prime avvisaglie della stretta burocratica hanno determinato la chiusura del Laboratorio di Informatica da me fondato, sono andata in pensione e ho cominciato l’avventura della formazione.
Ma, poiché se sei insegnante lo sei per sempre, ora progetto e conduco GRATUITAMENTE con una associazione un Laboratorio di Scrittura nella scuola media.