Se utilizzassimo come parametro di valutazione il Pil, la bottega gestita dall’associazione Quinoa, come molte altre botteghe, sarebbe sotto la sufficienza, direbbero gli economisti seri. Noi, che non siamo economisti seri (su questo tema suggeriamo la lettura del libro «L’invenzione dell’economia» di Serge Latouche, Bollati Boringhieri), continuiamo a osservare qualsiasi esperienza per la sua capacità o meno di creare relazioni sociali diverse da quelli imposte dal capitalismo: relazioni di reciprocità, di equità e di cooperazione concreta, di cura, di attenzione alle persone e all’ambiente, relazioni non gerarchiche (quindi anche non patriarcali) e non fondate sui miti della crescita infinita, del profitto a tutti i costi, dell’accumulazione di ricchezza e di potere, sulla proprietà privata, sull’iperconsumo, relazioni che favoriscono i cambiamenti sociali e culturali profondi quanto immediati (anche se limitati e contraddittori), relazioni che non delegano il compito del cambiamento e che contribuiscono alla nascita di nuovi immaginari, insomma relazioni di fratellanza/sororità. Vi avevamo avvertito: non siamo economisti affidabili.
E allora, se accanto (meglio saerebbe dire contro e oltre) alla sostenibilità economica ci sono anche questi parametri, il lavoro di Quinoa, all’interno della Casa internazionale delle donne di Roma, ha tutto un altro spessore, forse sottovalutato dal movimento del consumo critico romano. Già, ma che ci fa una bottega nella Casa internazionale delle donne? La scelta di aprire uno spazio del commercio equo in un luogo particolare come questo nasce dal passaggio delle promotrici della bottega attraverso il femminismo degli anni ’70, spiegano Vita, Cristina, Giovanna, Paola e Daniela. La Casa è uno spazio unico in Italia, nato dalla cooperazione di oltre quaranta tra gruppi e associazioni del movimento femminista, la cui origine è legata agli anni dell’occupazione di via del Governo Vecchio: all’interno del complesso di via della Lungara 19 sono oggi presenti oltre alla bottega, una libreria, una caffetteria, un centro congressi, un centro di documentazione, l’archivio storico del movimento delle donne e una biblioteca.
Di seguito, il frutto della conversazione con Vita, Cristina, Giovanna, Paola e Daniela che si sono alternate e intrecciate nelle risposte. In coda, trovate gli indirizzi di Quinoa e i link con le interviste alle altre botteghe di Roma.
Come valutate oggi la scelta di aprire una bottega nella Casa delle donne? Che relazione avete con il quartiere, Trastevere, che vi ospita?
La nostra scelta nasceva dal bisogno di portare il discorso economico e i problemi delle donne del sud del mondo in una realtà come questa, che lo condivide ma spesso lo sfiora soltanto. Certo, non è stato facile divenire parte integrante del patrimonio culturale del femminismo. All’interno della Casa oltre alla bottega abbiamo anche uno spazio espositivo nel Caffè letterario con il quale abbiamo una collaborazione, che potrebbe essere, avendone le forze, più sviluppato. Intanto, attraverso la promozione di incontri sulle economie del Sud del mondo e sui temi dei beni comuni abbiamo creato una collaborazione con il Biobar che pure è all’interno della Casa, proponendo la distribuzione di bevande, snacks e dolci dell’equosolidale, ma solo poche cose. Invece non siamo riuscite a instaurare la stessa collaborazione con il ristorante per utilizzare prodotti del commercio equo perché, dicono, sono troppo cari. Il nostro obiettivo, nonostante tutto, resta ottenere che tutta la Casa proponga il commercio equo per la ristorazione, che è una parte importante della struttura.
Di certo, la bottega è diventata nel tempo un luogo di incontro e di conoscenza dei temi del consumo critico ma tutto molto lentamente perché anche donne sensibili e impegnate a sinistra hanno ancora difficoltà a incontrare e condividere il commercio equosolidale come una scelta politica: prevale l’atteggiamento occasionale, si è disponibile per un momento ad acquistare qualche prodotto buono e un oggetto di artigianato bello per aiutare gli altri… Noi pensiamo che per alcune delle donne che frequentano la Casa per i corsi, i seminari, i convegni, per il lavoro all’interno della Casa, cioè le consulenze e la gestione degli sportelli, la nostra presenza è stata ed è significativa molto di più di una bottega incontrata sulla strada per tornare a casa, Ma certo, la nostra azione, riguarda solo alcune delle donne che hanno frequentato questo luogo. Dal quartiere invece vengono le persone comuni, anche nuclei familiari, che riescono a superare l’ostacolo determinato dal fatto che la bottega non si trova sulla strada. Ci sarebbe molto da fare in questo campo pubblicizzando meglio nel quartiere con volantinaggio e altro, ma noi l’abbiamo fatto solo all’inizio. Con le scuole del quartiere, gli istituti Virgilio e Gioberti, abbiamo avuti contatti con banchetti e corsi per gli studenti.
Rccontate una giornata tipo in bottega…
La nostra bottega è aperta tutti i giorni dalle 11 alle 19,30, potremmo tenere aperto anche fino alle 20 ma per ragioni di sicurezza chiudiamo insieme alla Casa internazionale della donne, se invece ci sono iniziative importanti che vanno oltre le 20 prolunghiamo l’orario di chiusura. L’apertura della bottega è basata su due turni: il primo dalle 11 alle 15,30 e il secondo dalle 15,30 alle 19,30. I turni vengono effettuati dalle socie e da altre due o tre volontarie Abbiamo un quaderno per comunicare tra di noi le notizie varie. Gli ordini li fa una sola persona tenendo conto del quaderno dove giornalmente annotiamo i prodotti che mancano: per gli acquisti, non abbiamo una scadenza fissa e come scelta politica abbiamo sempre dato la preferenza, nell’individuazione dei fornitori, anche ai piccoli importatori e pertanto suddividiamo gli acquisti tra vari importatori e o distributori, piuttosto che comprare da un’unica centrale di importazione.
Come vivete il rapporto sostenibilità economica e dimensione politico/sociale della vostra esperienza?
Non riusciamo ad avere una vera sostenibilità economica: riusciamo a pagare tutte le fatture e l’affitto entro le scadenze, e a coprire le spese fisse per gli ordini acquistati, le imposte più i costi per due o tre eventi l’anno. Per quanto concerne il lavoro siamo tutte volontarie, pure la commercialista, per cui nessuno viene pagato né viene rimborsato di alcunché, ad eccezione dei «vouchers Inps» per mesi estivi, quando molte di noi sono in vacanza e una giovane ci aiuta. Questo per noi è fonte di grande preoccupazione perché crediamo che la sostenibilità sia fondamentale per una bottega. Abbiamo aspettato e sperato che le vendite aumentassero, ma sono passati ormai sette anni e non siamo riuscite a incrementare il profitti. Noi rispettiamo i prezzi consigliati dagli importatori per la vendita al pubblico ma il margine per la bottega resta molto basso: nelle nostre vendite la fetta più grossa è quella dei prodotti alimentari, sui quali il ricarico è più basso e ciò peggiora le cose. Tenere il magazzino fornitissimo per le richieste di tutti è oneroso economicamente.
Quali obiettivi avete per il futuro?
Noi crediamo che le potenzialità di sviluppo della bottega del commercio equo all’interno della Casa internazionale delle donne siano molte, ma le nostre forze sono scarse, Avremo bisogno dell’aiuto di giovani interessate a innovare con proposte nuove e con impegno più preciso: con un allungamento ad esempio dell’orario di apertura, per organizzare la serate nel cortile della Casa oppure per tenere apera la bottega quando ci sono concerti, spettacoli… Abbiamo bisogno di giovani che sanno muoversi nel quartiere e che sappiano utilizzare le possibilità di lavoro che la bottega potrebbe dare: per questo non molliamo malgrado le difficoltà. Speriamo e aspettiamo che qualcuna prende la nostra staffetta, noi sino ad ora abbiamo fatto il massimo rispetto alle nostre possibilità.
Commercio equo e grande distribuzione: cosa pensate? Più in generale come valutate lo stato di salute del movimento del commercio equo?
Tutte noi crediamo che il commercio equosolidale insieme a tante altre scelte ambientali e politiche rappresenti una delle alternative alla difficoltà provocate della crisi economica in corso: in questo orizzonte la bottega del commercio equo non fallisce se mantiene il ruolo di luogo sociale nel quale si possono affrontare i temi dell’economia alternativa e della difesa dei beni comuni. Noi ad esempio abbiamo autogestito per tre mesi uno sportello aperto a tutti per spiegare come far rispettare i risultati del referendum sull’acqua. Il commercio equo ha il vantaggio di proporsi come alternativa immediata e concreta, che parte da una cosa semplice, cambiare le regole del commercio locale e il modo di fare la spesa, per poi incidere nel cambiamento del commercio mondiale e nel cambiamento degli equilibri economici e ambientali del pianeta. Non siamo contrarie in linea di principio alla diffusione dei prodotti del commercio equo nella Grande distribuzione, anche se questa propone solo il modello consumistico contro il quale ci battiamo. Siamo consepevoli che attraverso la Gdo aumentano le persone del sud del mondo che possono avere benefici dal commercio equo, ma allora i prodotti vanno promossi soltanto se sono ben distinti e non confusi con gli altri prodotti del mercato tradizionale, in modo che la scelta dell’acquirente possa essere eticamente motivata e mai determinata dal colore della confezione o da altro… Secondo noi deve aumentare il volume delle vendite dei prodotti equo e solidali ma perchè aumentano le scelte etiche di acquisto e non per altre regioni, devono aumentare le vendite perché più persone hanno scelto di acquistare prodotti equi in modo consapevole. Per ottenere questo la Grande distribuzione al momento non è attrezzata e non ha nessun interesse a farlo: il suo obiettivo è massimizzare il profitto, per questo ora si è lanciata sui prodotti equo e solidali, così raggiunge una fetta di cittadini consumatori che altrimenti non raggiungerebbe. Le botteghe del mondo invece hanno l’obiettivo di dimostrare alle persone che è eticamente giusto e possibile acquistare prodotti equosolidali raccontando chi e come li produce, mostrando il prezzo trasparente, cioè quanto va ai produttori e quali sono i progetti sostenuti nel sud del mondo.
La bottega del mondo Quinoa è nata come un’associazione culturale che ha tra i suoi scopi statutari quello di contribuire allo sviluppo economico e sociale dei popoli del Sud del Mondo, favorendo la conoscenza e la vendita dei prodotti alimentari, cioè caffè, thè, cacao, dolci bevande, ed artigianali garantendo ai produttori interessati un lavoro dignitoso e remunerato con un’equa retribuzione e senza sfruttamento del lavoro anche minorile. In molti casi contribuendo anche a creare occasioni di lavoro per le donne di questi paesi dando loro una possibilità concreta di uscire dall’impoventimento. Per perseguire questo scopo, oltre alla gestione del punto vendita, abbiamo organizzato fino allo scorso anno convegni e seminari con le scuole proprio per informare e cercare di educare le giovani generazioni a un consumo consapevole. Pensiamo che non sia una utopia a meno che non si consideri una utopia la possibilità per tutti e tutte di vivere perché ormai crediamo che la posta in gioco sia quella di vivere, dal momento che la finanza e altri pezzi di potere fanno di tutto per portare vantaggi a pochi e a danno di molti.
Cosa pensate del commercio equo a Roma? E in Italia come stanno messe le cose?
Molte cose potrebbero migliorare se ci fosse più rete tra le botteghe a Roma e in Italia: per questo abbiamo deciso di rispettare i criteri di Agices, l’Assemblea generale italiana del commercio equo e solidale, e abbiamo fatto da subito la scelta di aderirvi, anche se la spesa per il nostro budget non è indifferente, pensiamo che in questo modo la scelta etica del cittadino venga rafforzata se chi compra sa che sta comprando in un negozio che fa parte di una rete di una organizzazione di cui lui pure fa parte. Tutti, bottegai e cittadini acquisiamo più consapevolezza e partecipazione. Qualche anno fa, ad esempio, le botteghe avevano le buste delle a spesa con gli indirizzi di tutte le botteghe: ecco, quella è stata un’ottima scelta, molto concreta che favorisce consapevolezza e partecipazione. Speriamo che il lavoro di informazione e di collegamento che la redazione di Comune sta cercando di promuovere possa avere risultati in questa direzione.
Quali relazioni avete con altre esperienze di economia solidale di Roma?
Abbiamo legami con piccole realtà vicine a noi come l’associazione La lucerna, che aiuta le donne migranti con corsi professionali come taglio e cucito: preparano piccoli oggetti di tessuto per la casa e noi li proponiamo in bottega. Collaboriamo anche con l’associazione Immagine cinema, che stampa magliette del commercio equosolidale con disegni del cinema, e con l’associazione Ora d’aria di Rebibbia, che ci prepara invece le borse di plastica riciclata. Infine, con l’associazione Spiral refugee scart Arte migrante, che pure propone oggetti di plastica riciclata e offre un’occasione di lavoro a rifugiati politici.
A proposito di donne e economia e società diverse, suggeriamo anche la lettura di questo nuovo punto di vista critico di ricerca: «Tracce di mutualità nella storia».
Bottega Quinoa: via della Lungara 19, tel. 06 68309547
Le precedenti interviste alle botteghe di Roma:
Il Fiore (di Ladispoli)
Lascia un commento