In una parte importante dei cittadini statunitensi cresce la preoccupazione per quella che molti considerano già una nuova versione della guerra civile del XIX secolo. I gravi mali che hanno sempre afflitto la società oggi si manifestano in un autoritarismo pericoloso e in espansione. Le nuove restrizioni alla facoltà di voto si aggiungono ad estremi senza precedenti nella riconfigurazione truffaldina dei collegi elettorali allo scopo di favorire il Partito Repubblicano. Gustavo Esteva, dal Messico, coglie l’occasione per ricordare però i fondamenti della natura del regime dominante negli Usa. Il razzismo e il sessismo sempre più violenti che si manifestano oggi sono caratteristiche che la società degli Usa ha avuto da quando è nata. Qualcosa di simile si può dire anche per ciò che accade in Messico. Non è una novità, ma gli estremi che ha raggiunto lo rendono del tutto intollerabile. Assumere iniziative per reagire è diventata una questione di sopravvivenza, di fronte a una realtà atroce che tende a peggiorare. La consultazione nazionale del primo agosto – cui hanno invitato a partecipare “a modo loro” – cioè dalla parte delle vittime e con assemblee comunitarie – perfino gli zapatisti – difficilmente sarà un esercizio di giustizia. Potrebbe essere un ulteriore gioco pirotecnico dell’attuale governo, oppure qualche altra cosa ancora. Nessuno può saperlo. Ma un’affluenza massiccia al voto, con un risultato importante del Sì, sarebbe di per sé un giudizio storico delle vittime su ciò che hanno sofferto nell’ultimo mezzo secolo a causa delle azioni o delle omissioni di un regime in agonia che include anche l’attuale governo. Quel giudizio avrebbe di per sé un immenso valore politico
Le recenti restrizioni alla facoltà di voto di ampi settori della popolazione[1] comportano la necessità della difesa della democrazia negli Stati Uniti, ha recentemente commentato Harry Cleaver. Cleaver è ben noto per la sua critica radicale al capitalismo e alle sue espressioni nella società statunitense. Il suo archivio sul marxismo autonomista non ha rivali. Nel 2019 ha pubblicato una versione per le nuove generazioni della sua classica opera Reading Capital Politically (1979). Sembra strano che ora inviti a difendere ciò che ha sempre criticato.
Cleaver, in realtà, starebbe esprimendo una preoccupazione crescente tra gli statunitensi per quella che molti considerano già una nuova versione della guerra civile del XIX secolo. Trump non sarebbe stato la malattia, ma il sintomo di gravi mali che hanno sempre afflitto la società statunitense e che oggi si manifestano in un autoritarismo pericoloso e in espansione. Le nuove restrizioni alla facoltà di voto si aggiungono ad estremi senza precedenti nella riconfigurazione truffaldina dei collegi elettorali allo scopo di favorire il Partito Repubblicano. La cosa più grave è l’ampliarsi delle fasce “popolari” di un settore particolarmente aggressivo dell’estrema destra. Tutto ciò darebbe sostegno giuridico e sociale a un regime atroce. L’attuale lotta cercherebbe di impedirne l’installazione.
Forse questo è un buon momento per ricordare la natura di quel regime. I federalisti che l’hanno concepito all’epoca hanno spiegato che nella nuova nazione che avrebbe unito le 13 colonie il potere non poteva essere dato al popolo, nel quadro di una vera democrazia, a causa dei rischi che ciò comportava per il paese che volevano creare. Ecco perché hanno concepito una repubblica, in cui il potere rimane sotto il controllo di un’élite, anche se una parte di esso viene ceduta alla gente attraverso il voto. Questo regime, del tutto compatibile con la monarchia, la schiavitù o il sistema delle caste, e aperto a tutti i tipi di razzismo e di sessismo, è stato chiamato democrazia solo quando la schiavitù è stata abolita dopo la guerra civile statunitense. Sebbene la sua natura dispotica non sia stata modificata, è diventato un modello universale di democrazia moderna.
Nel chiarire queste caratteristiche del regime dominante, si potrebbe anche esaminare un’altra opzione. A causa delle condizioni in cui gli Stati Uniti sono stati costituiti, ai suoi Stati e alle sue municipalità sono stati concessi poteri molto ampi. Sono i poteri che il capitalismo elettorale utilizza ora per smantellare il sistema elettorale esistente. Potrebbero anche essere messi in gioco per il contrario: promuovere una vera forma di democrazia, a livello di base, in cui i cittadini stessi possano occuparsi delle questioni di governo, anziché rinunciare a tale potere attraverso il regime della rappresentanza.
La lotta contro quello che è stato definito in modo equivoco “fascismo” non deve concentrarsi tanto sugli Hitler, sui Mussolini, sui Trump, quanto sulle persone che li seguono, spesso in modo fanatico e fondamentalista. Deve concentrarsi, soprattutto, su quello che Foucault chiamava il fascista che portiamo dentro, quello che ci fa amare il potere che ci opprime. E non dobbiamo dimenticare che il fascismo degli anni ’30 si è dichiarato vicino al programma socialista, sia in Italia che in Germania, cosa che non ha equivalenti nella situazione attuale.
Il razzismo e il sessismo sempre più violenti che si manifestano oggi nella società statunitense sono in realtà molto vecchi, caratteristiche che ha avuto da quando è nata. Qualcosa di simile si può dire per ciò che sta accadendo oggi in Messico. Non è una novità, ma gli estremi che ha raggiunto lo rendono del tutto intollerabile. Assumere iniziative per reagire è diventata una questione di sopravvivenza, di fronte a una realtà atroce che tende a peggiorare.
Lo sforzo, qui e dovunque, dovrebbe concentrarsi su ciò che abbiamo a portata di mano, sull’azione concreta in ogni luogo e contesto, per la costruzione autonoma di un modo di vivere che vada al di là del patriarcato e del capitalismo, il che costituisce la forma più efficace di resistenza. Questo significa, naturalmente, intrecciarsi passo dopo passo con gruppi che portano avanti la stessa ribellione, per imparare da loro e praticare solidarietà, come stanno provando a fare oggi gli zapatisti in Europa.
L’enfasi su questa dimensione, tuttavia, non deve escludere iniziative ad altri livelli. Le reazioni critiche suscitate dall’invito zapatista a partecipare alla consultazione del 1° agosto [2] sono per lo meno strane. Si dice che contraddica la loro ben nota posizione, cioè l’aver abbandonato da molti anni ogni speranza di cambiamento nelle sfere governative.
Nessuno può dire seriamente in anticipo cosa accadrà dopo la consultazione, che si tratti dell’esercizio di giustizia nella transizione che continua a chiedere Javier Sicilia, oppure di un ulteriore gioco pirotecnico da parte dell’attuale governo, oppure di qualche altra cosa ancora. Ma un’affluenza massiccia al voto del 1° agosto, con un risultato importante del Sì, sarebbe di per sé un giudizio storico delle vittime su ciò che hanno sofferto nell’ultimo mezzo secolo a causa delle azioni o delle omissioni di un regime in agonia che include l’attuale governo. Quel giudizio avrebbe di per sé un immenso valore politico.
E in questo modo, forse, potremmo iniziare il nostro stesso viaggio.
Fonte: “Nuestra travesía”, in La Jornada, 26/07/2021
Traduzione a cura di Camminardomandando.
[1] Ndt – Negli Usa, alcuni Stati del Sud stanno introducendo leggi che restringono la platea degli aventi diritto al voto: cambiano le regole di identificazione del votante, riducono le sedi dove votare (così che uno debba fare anche 200 km per votare), aboliscono o limitano il voto postale. In uno Stato hanno addirittura inserito una norma che proibisce la distribuzione di acqua e viveri alle persone in coda per votare.
[2] Ndt – Si tratta di una consultazione nazionale a cui gli zapatisti hanno invitato a partecipare, seppure in modo molto autonomo e originale, sulla possibilità di rendere giustizia alle vittime dei massacri che prevede, tra le altre opzioni, anche quella di processare gli ex-presidenti della Repubblica per i loro misfatti.
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