Dobbiamo uscire da quello stato di paralisi che ci impedisce perfino di pensare e di cercare (o inventare) i modi per muoverci e incontrarci entro ragionevoli limiti di sicurezza. Dobbiamo vincere la paura, alimentata di continuo da un clima di sospensione della vita in attesa che finiscano le emergenze, che non sono cominciate lo scorso anno e non finiranno con i vaccini. E dobbiamo riprendere a muoverci e a lottare. Metterci in movimento significa, prima di tutto, concentrarci su ciò che facciamo nella nostra realtà immediata, nello spazio che abitiamo. Non si tratta di creare mobilitazioni di massa per avanzare richieste ai governi ma di cambiare un modo di vivere che ormai minaccia non solo la nostra felicità o l’affermazione del diritto a una vita dignitosa per tutti ma perfino la sopravvivenza. Il cambiamento più urgente e importante è quello della lotta anti-patriarcale contro la violenza e la gerarchia. Il nostro impegno per l’autonomia va concentrato nello spazio locale ma deve evitare ogni forma di localismo. Dobbiamo alzare lo sguardo per cercare solidarietà e alleanze in altre geografie, perché la natura dei problemi che abbiamo di fronte è di natura planetaria. Un punto di riferimento importante e uno stimolo a cercare con nuove energie e tenacia le vie del cambiamento di un mondo insopportabile viene dalla mobilitazione che prepara il viaggio delle zapatiste e degli zapatisti nei cinque continenti. Quello verso l’Europa comincerà nella prossima primavera e avrà diverse tappe, anche in Italia, in estate e in autunno

È ora di agire, di metterci in movimento. È una questione essenziale di sopravvivenza. È la stessa lotta, quella di sempre, che non è altro che un modo di vivere. Ma adattata alle circostanze. In primo luogo, il senso dell’urgenza. Ogni giorno aumentano le minacce di ogni genere, e la situazione di molti milioni di persone peggiora. Abbiamo addosso ogni tipo di orrore. Non possiamo fare affidamento sulle promesse di chi sta in alto né su soluzioni che vengano dall’esterno. E dobbiamo vincere la paralisi causata dalla paura continuamente stimolata dalla campagna in corso. Gli scarti vengono scartati.
Nelle condizioni attuali, mobilitarsi non significa necessariamente scendere in piazza per manifestare in massa. Può essere necessario farlo in alcuni casi, come espressione di resistenza ad azioni concrete, o per dimostrare la nostra forza, per vederci ed essere visti. Però l’andare per strada a presentare richieste ha perso di senso. I governi sanno bene come ignorare le necessità popolari e loro sono più che mai il problema, non la soluzione. Manca di senso continuare a guardare in alto.
Metterci in movimento significa, prima di tutto, concentrarci su ciò che facciamo nella nostra realtà immediata, nello spazio che abitiamo. Comporta la chiara consapevolezza del fatto che siamo complici del sistema che ci opprime, ci spoglia e ci uccide. Che l’azione principale oggi è cambiare il modo di vivere in cui siamo stati educati e che siamo perfino stati costretti ad adottare. È da molto tempo che quel sistema ha raggiunto il suo limite. Non c’è sopravvivenza possibile se ci restiamo dentro.

In questo mondo concreto, non c’è cambiamento più urgente e importante della lotta anti-patriarcale. Dobbiamo riconoscere che nelle nostre organizzazioni, nei nostri spazi, nelle nostre famiglie, perdurano le strutture e le forme di comportamento proprie della tradizione patriarcale. E dobbiamo essere coscienti che vi sono poche cose più difficili del dissolvere quella tradizione, cominciando con il distruggere ogni gerarchia. Non è solo una questione di equità di genere, sebbene questo sia importante. Si tratta anche di eliminare le innumerevoli forme di violenza entro le quali ci siamo abituati a vivere. E di riconoscere che nella lotta attuale, quella che rimette al centro la cura della vita, le donne hanno e avranno sempre più un ruolo centrale.
Nel concentrare il nostro impegno nello spazio locale, realizzando lì le trasformazioni necessarie per costruire la nostra autonomia, dobbiamo scontrarci con ogni forma di localismo. Dobbiamo alzare lo sguardo.
Uscire dalle nostre incrostazioni individuali o di gruppo non significa oggi concentrarsi su questioni di classe, regione e neppure nazionali. Alzare lo sguardo, oggi, significa cercare altri e altre come noi, persone che stanno lottando per la vita in diversi contesti e situazioni. Si tratta di crescere mutuamente, di imparare da ciò che ciascuno fa e di intessere i nostri impegni in un esercizio di solidarietà e alleanza che riconosca la natura planetaria delle difficoltà attuali.

Tutto questo ha a che fare con l’appello zapatista che è circolato in sei comunicati. L’anniversario dell’insurrezione che, per molte e molti di noi, ha cambiato sia la realtà che le prospettive, in misura molto maggiore di quanto spesso si vuol riconoscere, ha acquisito adesso un significato speciale. Come ha ribadito il subcomandante Moisés, le zapatiste e gli zapatisti hanno fatto la loro parte (Milenio,1/02/2021). E così ci hanno coinvolto e continuano a coinvolgerci. Sono fonte di ispirazione e anche segnale di allerta.
Dobbiamo ricordare, con Raúl Zibechi, che l’EZLN è “la luce più potente del firmamento latinoamericano“. La sua esistenza è “una spinta, un riferimento, una luce che ci dice che è possibile resistere al capitale e al capitalismo, che è possibile costruire altri mondi, resistendo e vivendo con dignità.

Non è cosa da poco organizzare un viaggio in Europa nelle circostanze attuali. Ciò che è stato raggiunto finora in questo lavoro di organizzazione, ciò che illustra bene cosa significa interagire tra uguali che sono diversi, si riflette chiaramente nella Dichiarazione per la vita che è stata sottoscritta, insieme agli zapatisti, da un’impressionante varietà di persone, organizzazioni e movimenti del mondo che sta in basso, in Messico e in Europa, che condividono la decisione di incontrarsi. E di lottare.
La Dichiarazione annuncia la volontà concorde di “realizzare incontri, dialoghi, scambi di idee, esperienze, analisi e valutazioni tra quelli di noi che, partendo da concezioni diverse e in diversi campi, sono impegnati nella lotta per la vita”. Annuncia anche la decisione concorde di fare tutto questo nei cinque continenti, iniziando in Europa, e di invitare “coloro che condividono le stesse preoccupazioni e lotte simili, tutte le persone oneste e tutti quelli che nel mondo che sta in basso si ribellano e resistono in molti angoli della terra, a unirsi, contribuire, sostenere e partecipare a questi incontri e attività, e a firmare e fare propria questa Dichiarazione per la Vita”. Coloro che non l’hanno ancora fatto possono farlo scrivendo a
Fonte: “Resistir, luchar, movilizarnos… por la vida”, in La Jornada
Traduzione a cura di Camminardomandando

I SEI COMUNICATI CHE ANNUNCIANO
IL VIAGGIO NEI CINQUE CONTINENTI
Una montagna in alto mare. Sesta parte
Lo sguardo e la distanza dalla porta. Quinta parte
Memoria di ciò che sarà. Quarta parte
Una dichiarazione per la vita. Prima parte
LAPAZ, Libera Assemblea Pensando/Praticando Autonomia Zapatista
La pagina facebook con le notizie per l’organizzazione del viaggio in Europa
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