Martedì 23 febbraio all’alba la polizia è andata in casa di Lorena Fornasir e di Gian Andrea Franchi, noti per le azioni di solidarietà con i migranti della rotta balcanica a Trieste (ass. Linea d’Ombra). Gian Andrea Franchi – collaboratore di Comune – è imputato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Hanno sequestrato loro i telefoni e i computer. Lorena Fornasir è l’autrice del Manifesto Un ponte di corpi che convoca donne e uomini a chiedere l’apertura delle frontiere: il 6 marzo “Un ponte di corpi” attraverserà l’Italia dal sud al nord. Nello stesso giorno alcune donne si incontreranno sul confine più violento, quello della Croazia. Un’azione per gridare contro le violenze e i respingimenti di cui sono vittime ogni giorno donne e uomini della rotta balcanica. “Con il nostro corpo di donne su un confine di morte vogliamo dire che il migrante è portatore di vita… – scrive Lorena Fornasir – Noi siamo coloro che dicono no alla paura… Noi siamo coloro che maledicono i confini…”

C’è un carrettino verde che tutti i giorni si porta sulla piazza del mondo[1] per accogliere chi riesce a varcare il bordo mortifero del confine. Conserva storie di corpi e di dolore e, tra le sue bende e pomate, la memoria di una pratica della cura che le donne conoscono bene. La donna, con il suo corpo pensante, è l’anticonfine per eccellenza. Contiene in se stessa la negazione del confine poiché è un corpo naturalmente aperto alla generatività, alla creatività, al pensiero sorgivo, al perturbante che la abita come intima estraneità. Il carrettino della cura ha scritto un manifesto per convocare donne e uomini a chiedere l’apertura delle frontiere.
Le donne, soprattutto loro, ma non solo, sono chiamate ad assumere il mandato che altre donne, madri, sorelle amiche, compagne, hanno trasmesso in modo tacito alle donne di questo altro mondo che noi abitiamo. Si tratta di una eredità che scorre sul filo del legame che accomuna la nascita, la vita, la sopravvivenza, purtroppo anche la morte ma dove l’amore tiene assieme i legami spezzati da una parte all’altra del mondo. Chi è mandato in salvezza, il figlio o uomo di altre terre, bimbo o minore solo, può trovare altre mani che lo accolgono e lo accompagnano nel desiderio di una vita degna di essere vissuta.

Perché corpi di donne sui confini? Perché il corpo femminile è il corpo attraverso cui si ri-produce la vita e il confine è uno di principali dispositivi che la controlla e la violenta. Perché il confine è profondamente androcentrico, dato che l’antica inferiorizzazione della donna dipende dalla volontà di controllo del maschio che nasce dalla paura della vita e quindi dal bisogno di dominarla.
Il gesto del carrettino verde, in verità una carrettina dedita alla cura, è un gesto che rimanda alle radici arcaiche del dominio dell’uomo sulla donna, di cui il confine è oggi un dispositivo caratteristico in quanto impedisce il libero movimenti dei corpi che vengono da luoghi di morte, di cui l’Occidente porta la responsabilità.
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Noi vogliamo portare un segno di vita sul confine e contemporaneamente in molti luoghi in cui donne e uomini si riconoscono nella pratica della cura. Dopo più di un anno passato a curare centinaia di corpi, di piedi di cammino, feriti dal cammino, dall’impedimento del cammino, dall’inseguimento di chi cammina proveniente da luoghi di morte per cercare di vivere una vita degna, il carrettino verde ha pensato di fare il gesto simbolico e concreto di invitare un gruppo di donne sul confine più violento, più mortifero, quello della Croazia che si erge ad antemurale dell’Europa contro l’estraneo, contro il migrante, il profugo, che viene spinto dal suo bisogno-desiderio di vita, a dirci, ben al di là della sua consapevolezza, che anche noi non viviamo se abbiamo paura di lui, che la nostra vita agiata è ben misera cosa se non sa aprirsi all’altro, se non è un tessuto di solidarietà.

Con il nostro corpo di donne su un confine di morte vogliamo dire che il migrante è portatore di vita, ciò che va ben oltre la ricerca di un luogo in cui poter lavorare e vivere tranquillamente e che l’accoglienza è un gesto di vita non solo verso i migranti ma verso di noi, verso tutti.
Noi siamo coloro che dicono no alla paura e all’odio per lo straniero, per il diverso, per l’altro, perché da sempre noi donne siamo state considerate inferiori all’uomo.
Noi siamo coloro che maledicono i confini perché quelle strisce di terra o di mare sono bagnate di sangue, selezionano chi può passare e chi no, chi può vivere e chi può morire, chi può essere torturato e chi può essere deportato.
Noi siamo coloro che vogliono gridare la voce della maternità, che è la voce della solidarietà, della vita che donne di altre terre hanno generato, consegnandola alle donne di questo mondo affinché la conservino e la promuovano
Il 6 marzo “Un ponte di corpi” attraverserà l’Italia dal sud al nord, dall’est all’ovest, dentro l’Europa, fra le frontiere, mentre una farfalla gialla volerà sopra i reticolati.
[1] Piazza Libertà di fronte alla stazione di Trieste è il luogo dove arrivano i migranti dalla rotta balcanica
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Ciao . Sono i piccoli gesti che costruiscono la Comunità. Dalla Sicilia , che può sembrare una irraggiungibile fortezza … ma che , centro del Mediterraneo , ha accolto da sempre le popolazioni … e sempre le accoglierà.
Buongiorno Carla, vivo a Lipari, vorrei partecipare il 6 marzo a un’iniziativa per “Un ponte di corpi” in Sicilia. Posso raggiungere Messina, Palermo o Catania.
Ti chiedo per favore di informarmi sulle iniziative in programma il 6 marzo in queste città.
Grazie Luciana
Che azione la iu extraordinaria!
La solidarietà richiede coraggio, oggi più che mai è una sfida all’egoismo, all’indifferenza ma anche alle forze che questi salvaguardano, perciò la solidarietà è visionaria. Vorrei fare di più
Un aggiornamento dell’associazione Line d’Ombra di Trieste:
“Questa mattina all’alba la polizia ha fatto irruzione nell’abitazione privata di Gian Andrea Franchi e Lorena Fornasir, nonché sede dell’associazione Linea d’Ombra ODV.
Sono stati sequestrati i telefoni personali, oltre ai libri contabili dell’associazione e diversi altri materiali, alla rierca di prove per un’imputazione di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina che noi contestiamo, perché utilizzata in modo strumentale per colpire la solidarietà.
Siamo indignati e sconcertati nel constatare che la solidarietà sia vista come un reato dalle forze dell’ordine.
Oggi, in Italia, regalare scarpe, vestiti e cibo a chi ne ha bisogno per sopravvivere è un’azione perseguitata più che l’apologia al fascismo, come abbiamo potuto vedere il 24 ottobre scorso sempre in Piazza Libertà.
Condanniamo le azioni repressive nei confronti di chi è solidale, chiediamo giustizia e rispetto di quei valori di libertà, dignità ed uguaglianza, scritti nella costituzione, che invece lo Stato tende a dimenticare.
Chiediamo la solidarietà di tutta la società civile, per tutte le persone attaccate perché solidali.
Sarà nostra premura comunicare informazioni più precise appena ne entreremo in possesso”
Dichiaro la mia solidarietà a chi viene aggredito per restare umano.
Che triste leggere questo, a un mese della ricorrenza della Giornata della Memoria, a neanche un secolo dal genocidio fascista quando aiutare era diventato un crimine che poteva costare la vita… E’verso questo che ci voglione portare ancora?
Se ci sono modi per sostenere Gian Andrea e Lorena, mi piacerebbe saperlo e se posso partecipare.
Grazie
È un mondo alla rovescia quello che stiamo vivendo, viene criminalizzato chi fa della sua vita servizio per i più fragili, mentre i malvagi si arricchiscono nelle stanze del potere
Sono indignata. Vorrei sapere come sostenere Andrea e Loriana. Grazie
Basta con la repressione nei confronti delle persone che vivono la solidarietà. Questo mondo ha bisogno di fratellanza e non separazioni, più persone come Loriana e Andrea.
Buongiorno
Ho scritto un pezzo su ristretti orizzonti
Si era gonfiata la vena
Solidarietà
Sono indignata
se ci sono modi per sostenere Gian Andrea e Lorena, mi piacerebbe saperlo e se posso partecipare.
Grazie