Dai primi anni Novanta in poi, negli Stati Uniti e in Europa, abbiamo assistito a un enorme aumento quotidiano degli spostamenti in bici. Nello stesso arco di tempo in molte città spuntava dal nulla la Critical Mass. Ma in quali scenari si situano i cambiamenti che possono favorire oggi un utilizzo sempre maggiore della bicicletta? Prima di tutto c’è da difendersi dalle reazioni dell’industria automobilistica e delle corporation dell’estrattivismo e del petrolio. Poi c’è da rendere sempre più evidenti le ragioni per scegliere i pedali e le proprie gambe come agenti del movimento nella vita di ogni di giorno. La sfida più grande, per gli uomini e le donne che vanno in bici, rimane però quella di restare in movimento e di restare un movimento. Sì, la bicicletta serve a vivere insieme cambiando il mondo. A questi temi è dedicato il nuovo quaderno Un movimento a pedali (25 interventi, 18 autori) e un grande appuntamento romano (sabato 26 novembre). L’introduzione del quaderno

di Comune
La bicicletta serve a vivere insieme
“La nuova rivoluzione può venire semplicemente da questa alternativa mattutina: prendo l’automobile o la bicicletta?”
(Didier Tronchet, Piccolo trattato di ciclosofia)
Dai primi anni Novanta in poi, negli Stati Uniti e in Europa, abbiamo assistito a un enorme aumento quotidiano degli spostamenti in bici. Le ragioni e le conseguenze sono numerose e tutte significative. Nello stesso arco di tempo, mentre la Cina dismetteva il suo paradiso delle biciclette, in molte città statunitensi, europee e sudamericane spuntava dal nulla la Critical Mass, un allegro appuntamento di ciclisti, senza uomini al comando, che si trovano quasi per caso a percorrere tutti la stessa strada, lentamente, al centro della carreggiata e in strade trafficate.
Si raduna ancora in molti luoghi, la Critical Mass. Più o meno una volta mese ma sembra aver perso per strada un po’ di smalto e forse anche un po’ della sua magia. C’è chi se ne duole ma buona parte dei partecipanti ritiene invece che quanto seminato nell’immaginario di tante persone abbia già cominciato a germogliare in modi diversi e a trasformare la vita e i territori, ben oltre i recinti tematici della mobilità. Panta rei, tutto scorre. A saper guardare, per dirne una, proliferano i gruppi che fanno a meno di leader o altre linee di comando come delle continue rivendicazioni rivolte a un potere superiore, quello dello Stato, ad esempio, per scegliere invece di mettere in atto in autonomia e subito i cambiamenti auspicati. Una politica radicata nella vita di ogni giorno. Si tratta di persone che si ribellano non chiedendo ma facendo, o magari pedalando.
“Con la Critical Mass – scrive Chris Carlsson – non inoltriamo petizioni al governo, non chiediamo riforme, non facciamo domande, vogliamo solo poter realizzare un mondo che per il resto del mese ci limitiamo a sognare”.

Sognare sì, anche perché le due ruote restano il mezzo di trasporto più popolare per chi vive ai piani bassi della società, infatti la maggior parte dei ciclisti del pianeta vive tuttora nelle township dell’Africa, nelle periferie dell’America Latina e negli slum dell’Asia. La bici unisce a modo suo quei continenti, non li divide. Erano piani bassi quelli del dopoguerra romano neorealista raccontati da Ladri di Biciclette, lo sono oggi gli indiani sikh dell’Agro Pontino o i migranti di Rosarno, come lo restano quelli delle bici più arrugginite che percorrono le piste di terra etiopi o quelle usate dai pescatori dell’Estremo Oriente. Ci piace ricordare, però, anche le bici delle staffette partigiane, per certi versi i piani bassi della Resistenza.
Ma in quali scenari si situano i cambiamenti che può favorire oggi un utilizzo sempre maggiore della bicicletta? Prima di tutto c’è da difendersi dalle reazioni dell’industria automobilistica e delle corporation dell’estrattivismo e del petrolio, che potrebbero essere anche scomposte, imprevedibili e violente. Poi c’è da rendere sempre più evidenti le ragioni per scegliere i pedali e le proprie gambe come agenti del movimento nella vita di ogni di giorno. Spiega Ivan Illich in Elogio della bicicletta:
“La bicicletta richiede poco spazio. Se ne possono parcheggiare diciotto al posto di un’auto, se ne possono spostare trenta nello spazio divorato da un’unica vettura. Per portare quarantamila persone al di là di un ponte in un’ora, ci vogliono … dodici [corsie] se si ricorre alle automobili, e solo due corsie se le quarantamila persone vanno da un capo all’altro pedalando…”.
Si tratta di proteggere anche la propria autonomia da ogni forma di dominio: con la bicicletta, aggiunge Illich, “si diventa padroni dei propri movimenti senza impedire quelli dei propri simili”.
La sfida più grande, per gli uomini e le donne che vanno in bici, rimane però quella di restare in movimento e di restare un movimento. Scrive ancora Carlsson, in uno degli articoli raccolti in questo quaderno:
“Fate attenzione a una futura integrazione e sussunzione da parte dei ricchi, dei costruttori e dei loro amici politici. Oggigiorno, andare in bicicletta è un tipo di movimento sociale, ma domani sarà solo un modo per spostarsi… a meno che non uniamo la bici a un’agenda più estesa che cambi la logica della crescita infinita, di un mondo basato sulla mercificazione dell’uomo e della sua creatività, e della riduzione della natura a “risorsa” (…) Un’agenda più profonda si nasconde dietro le nostre turbinanti ruote, ma può sfuggirci abbastanza facilmente se lasciamo spazio al più ristretto buon senso di coloro che non riescono a vedere negli alberi una foresta, che non riescono a vedere che andare in bici non è altro che un passaggio verso una più ampia trasformazione di come possiamo vivere insieme”.
È possibile inviare il contributo proposto (1,5 euro) via paypal oppure con un bonifico (in questo secondo caso, appena lo avete effettuato scrivete ad ). Grazie
Questo è l’iban:
Versamenti sul: c/c bancario dell’associazione Persone Comuni
IBAN IT58X0501803200000000164164; Banca Pop. Etica, Roma;
causale donazione “Un movimento a pedali”
INDICE DEL QUADERNO “UN MOVIMENTO A PEDALI”
INTRODUZIONE
La bicicletta serve a vivere insieme Comune
“Ma come freni… Non è possibile” Rotafixa
PENSARE
Quando andare in bici era cool C. Carlsson
Mai più altri 20 anni di Critical mass Rotafixa
La ciclofficina e le candele Chiara Sozzi
Città e biciclette Alfredo Bellini
Andiamo a piedi e in bicicletta Raffaele Basile e Luca Madiai
Le metropoli autogrill Fabrizio Bottini
La rivoluzione comincia in strada Chris Carlsson
GRIDARE
E tutto per una stupida auto Bicisnob
Niente Motor Show: 10 motivi per rallegrarsi Michelangelo Alimenti
La bicicletta è una matita Marco Boschini
La bici da cross di Amy Liz Smith
La bambina con la bicicletta e la pace Saverio Tommasi
La trappola delle piste ciclabili Paolo Bellino Rotafixa
FARE
Bike to school. Lettera alla giunta Anna Becchi
Ero un automobilista Michelangelo Alimenti
Penne, quaderni, zainetti e biciclette Bikeitalia.it
Ripartire dalle ferrovie abbandonate Domenico Finiguerra
La vecchia ferrovia, autostrada delle bici Maria Rita D’Orsogna
Andare a 30 all’ora, per cambiare la città Luca Cirese
Slow, saring, low cost, dalla bici al bus Alessandra Magliaro
Bloccare il traffico non basta più Domenico Finiguerra
Cicliste della luna, ribellarsi pedalando Maria G. Di Rienzo
Le polveri sottili siamo noi Marco Boschini
Notizie sugli autori
Se vivendo nelle città dove “nascondono” l’inquinamento spostando le centraline e la “mobilità ciclabile” è insignificante (0,6%) si sognano le città che stanno cercando di raggiungere ‘obiettivo del 50% di “mobilità ciclabile”, c’è speranza per il cambiamento. Ma è necessario tenere i piedi per terra e sui pedali e farsi aiutare dalla Storia. Siamo nati (tutti) pedoni e le attività umane assumono sempre più velocità. C’era il bisogno di arrivare prima? velocizzare i passi? rendere il piede più veloce? si costruisce il veloci-piedi uguale “velocipede” (poi, bicicletta personale). Nel luglio 2007, Parigi – che dal 1992, partendo da ZERO, va costruendo ed ampliando una rete tranviaria di n. 10 linee (Roma ne ha n. 6 di linee, ma di binari ne ha pochissimo) – avvia la rivoluzionaria mobilità cittadina con il “velocipede” pubblico e libero: il “Vèlib” (vèlocipede e libertè) e ne incentiva l’acquisto col contributo del 25%. Siamo per chiudere i primi 10 anni ed il Vèlib cresce sempre; l’incentivo ha esteso i suoi rivoli anche alle bici-elettroassistite; alle n. 100 aree di Z30. Sogniamo, per la gemella Roma, qualcosa di simile e realizziamola non cedendo su diritti e dignità.
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