La radicata consuetudine di considerare prezioso solo ciò che è raro ha certo una sua ragion d’essere. Eppure, non è insolito imbatterci in esempi o situazioni di straordinario valore e interesse che sono invece frequenti, abbondanti e pure facilmente accessibili. Nel mondo botanico, un caso esemplare è quello della malva, pianta erbacea comunissima allo stato selvatico, apprezzata da millenni per la bellezza del colore dei fiori e le molteplici e notevoli proprietà benefiche. Ne hanno tessuto le lodi personaggi del calibro di Pitagora, Ippocrate e Teofrasto, così come Orazio, Cicerone, e ancora, tra i medici e filosofi del mondo islamico, Avicenna e Averroè. Si dice, poi, che Carlo Magno ne facesse coltivare ovunque portasse le sue conquiste ritenendola capace di curare ogni male. Anche sulle altre sponde del Mediterraneo, in Medio Oriente come nel Maghreb, la malva viene naturalmente considerata un toccasana e un alimento prezioso. C’è un solo luogo nel mondo dove perfino raccogliere malva può invece esser considerato un’attività sospetta, da controllare in modo ossessivo e con tanto di mitra spianato. Riuscite a indovinare quale?
Spontanea, bella, generosa, si offre da millenni come cibo e come medicamento e, volendo, sa essere anche ornamentale. È originaria delle regioni mediterranee ed asiatiche e delle sue proprietà parla anche il “papiro di Ebers”, trattato egiziano di medicina scritto intorno al 1550 a.C. È la malva selvatica, erba molto apprezzata come alimento sia in Medio Oriente che nei paesi del Maghreb. Nei suq palestinesi viene regolarmente venduta fresca a mazzetti come la menta, la salvia e la portulaca e rappresenta tanto una risorsa per i poveri che vanno a raccoglierla per venderla e per nutrirsene, quanto la base per alcuni piatti tipici tra cui una zuppa tradizionale. Nei banchi in cui si vendono spezie ed erbe officinali la si trova invece essiccata e destinata a curare decine di disturbi, dal mal di gola, alla gastrite, all’ansia.
I palestinesi, vivendo sotto occupazione militare, purtroppo non hanno neanche il diritto di raccogliere in pace questo frutto spontaneo della terra perché capita, essendo sotto occupazione, che i militari israeliani si divertano a puntargli il fucile addosso mentre fanno la raccolta o, altre volte, che irrorino i campi con diserbanti che avvelenano coltivazioni e terreno.
Dove non è passato l’esercito israeliano, la khobeizeh o Malva silvestrys cresce rigogliosa e i suoi fusti, eretti o sdraiati, possono raggiungere anche un metro di lunghezza. Questa pianta è una delle 1500 specie della famiglia delle malvaceae di cui trattano oltre all’antico papiro di Ebers, anche molti studiosi tra cui Pitagora, più vicino a noi di circa mille anni, che la considerava “purificante della mente” e sacra agli dei e la usava non come alimento ma come rimedio per placare ansia e passioni negative. Anche Ippocrate di Kos, il padre nobile della medicina, circa un secolo dopo Pitagora, fu grande estimatore della malva, così pure, dopo un altro secolo, Teofrasto, il grande botanico e filosofo allievo e successore di Aristotele.
Di secolo in secolo, medici, botanici, speziali, ma anche poeti come Orazio, o grandi oratori politici come Cicerone e, più tardi, perfino imperatori – come Carlo Magno – ne apprezzarono principi attivi e proprietà nutrizionali. Si dice che Carlo Magno ne facesse coltivare ovunque portasse le sue conquiste e, visto che l’impero carolingio fu piuttosto esteso, la malva, ormai considerata “omnimorbia” cioè capace di curare ogni male, fu diffusa più o meno in tutta Europa.
Di essa si occuparono anche i due medici e filosofi musulmani Avicenna (Ibn Sinà) e Averroè (Muhammad ibn Ahmad Ibn Rushd) e, prima di loro, ma anche dopo, ne trattò la Schola Salerni inserendola nel primo nucleo del Regimen sanitatis. La tradizione vuole che la scuola salernitana sia stata fondata da quattro saggi che s’incontrarono per caso nell’antica Salerno. I quattro erano un latino, un arabo, un ebreo e un greco e misero insieme i loro saperi creando un vero e proprio tempio di scienza medica unendo le conoscenze scientifiche occidentali ed orientali.
La scuola salernitana fu un meraviglioso esempio di ricchezza dell’inclusione, tanto che lì, intorno all’anno 1000, studiarono ed insegnarono medicina le “mulieres salernitanae” tra le quali si ricorda Trotula de Ruggiero di cui ci è rimasto un trattato di ginecologia. Praticamente fu un modello medioevale di scienza contro l’ottusità e la violenza. Oggi magari si sarebbe chiamata scienza senza frontiere!
Intanto la malva seguitava ad essere regolarmente consumata anche se chi se ne nutriva era lontano dalla cultura scientifica e, semplicemente, la usava come cibo povero o come tradizionale rimedio medicinale. Ma mentre in Occidente ha finito per essere, ormai, solo un preparato erboristico o un’erba infestante falciata dai giardini ordinati e ben curati, nei paesi del Maghreb e del Mashrek viene regolarmente utilizzata a tavola restando un vero e proprio piatto portatore di identità culturale.
A volte viene chiamata anche molokhia, ma in realtà la molokhia pur facendo parte della stessa famiglia, ha un aspetto totalmente diverso. La malva selvatica è esattamente quella che in Palestina è chiamata khobeizeh, e shorba khobeizeh è un piatto tradizionale, una zuppa di malva con brodo di pollo molto apprezzata soprattutto in alcune zone. A me è capitato di mangiare la khobeizeh in una famiglia beduina a Um al Naser, a nord della Striscia di Gaza, dove nel 2015 rimasi letteralmente scioccata nel vedere con quale accanimento l’esercito israeliano pochi mesi prima aveva raso al suolo “la città dei bambini”, una struttura creata da Vento di Terra.
Tornandoci due anni dopo, fui invitata a mangiare un piatto nominato “fattah khobeizeh”. Tentai di sottrarmi, perché l’aspetto viscido della “shorba khobeizeh” mi aveva sempre respinto, ma nella “fattah khobeizeh” il liquido è completamente assorbito dal khubs (il comune pane arabo) essiccato e aggiunto alla cottura ed è una specialità di Um al Naser dove la malva, dopo i bombardamenti, ha ripreso a crescere e dove Vento di Terra ha ricostruito un nuovo complesso per bambini diretto da Fatima, l’ex direttrice della struttura distrutta, una giovane donna con un’energia simile a quella di questa bella pianta le cui foglie hanno un lungo picciolo e sono di forma tondeggiante o lobata con margine più o meno inciso e i cui bellissimi fiori hanno cinque petali di colore rosa-violaceo con striature più o meno intense a seconda della ricchezza del terreno. La sua radice è a fittone e questo le consente di assorbire l’umido del sottosuolo e di tornare a germogliare di anno in anno, un po’ come gli abitanti di queste parti quando dicono: qui sono le nostre radici e noi non ce ne andiamo.
Ma vediamo i principi attivi che rendono la malva lenitiva, emolliente, antiinfiammatoria delle mucose interne ed esterne, antispasmodica, espettorante e leggermente lassativa. Queste proprietà sono dovute alla presenza di mucillagini e tannini, di potassio, flavonoidi, vitamine A, B, C, E e inoltre la pectina ed un glucoside antocianico presente nei fiori le conferiscono proprietà antiossidanti e protettive dei capillari.
Un cucchiaio di foglie e fiori secchi in infuso è efficace contro tosse, catarro, infiammazioni renali di lieve entità, dolori dovuti a gastrite e infiammazioni gengivali. Inoltre, il consumo abituale di due tazze al giorno, ha efficacia sull’umore riducendo gli stati di ansia e di malinconia e in Palestina ce n’è proprio bisogno!
Fonte: Nena News
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