Venezia è travolta dalla marea. Le scuole sono chiuse, Conte va a “vedere da vicino”, il sindaco denuncia danni incalcolabili e invoca la messa in funzione della Grande Opera che costituisce il più grande episodio di malaffare e corruzione del dopoguerra italiano. Si ricomincia fingendo di non sapere, di non ricordare, di non approfondire, dimenticare o volutamente ignorare cos’è e cosa è stato tecnicamente il Mose. Un sistema di paratoie costato 6 miliardi, per il quale perfino la magistratura ha scritto una sentenza che non consentirebbe repliche. Cosa dirà il governo italiano, dopo aver “visto da vicino” quel che è stato chiarito da decenni?
Il Mose è stato concepito come la costruzione di una grande opera per difendere Venezia dalle acque alte eccezionali. Essa si inquadra nel rapporto che Venezia ha con le acque alte che la inondano periodicamente e il cui fenomeno ha assunto rilevanza nazionale e internazionale dopo che una catastrofica mareggiata avvenuta nel novembre del 1966 ha completamente sommerso Venezia e gli altri centri abitati lagunari con una marea eccezionale di 1,94 cm sul livello medio-mare. Risale a quell’evento calamitoso la consapevolezza che la salvaguardia di Venezia non sarà più certa se non si interverrà per difenderla.
Oggi si è ritenuto di risolvere la questione delle acque alte con questa grande opera contestata denominata Mose: 4 schiere di paratoie a ventola a spinta di galleggiamento; un sistema oscillante e a scomparsa: 78 paratoie che normalmente restano sul fondo piene d’acqua e in caso di alte maree eccezionali vengono sollevate, immettendo aria compressa, fino a farle emergere in modo da isolare la laguna dal mare.
Un percorso durato decenni in cui si partiva dalla necessità condivisa di dover affrontare in un contesto sistemico lagunare il fenomeno delle acque alte, la cui presenza periodica e con eventi eccezionali sempre più frequenti poteva pregiudicare la stessa esistenza di Venezia. L’interesse per la questione, a tutti i livelli istituzionali, è ricco di studi, ricerche, sperimentazioni, qualificate espressioni del mondo scientifico, dibattiti approfonditi e articolati, accompagnato da un nutrito corpo legislativo con specifiche leggi (speciali) per la salvaguardia di Venezia e della sua laguna.
Il Mose è un’opera contrassegnata dallo scandalo che l’ha coinvolta, da quella realtà fatta di corruzioni, tangenti, rapporti tra controllati e controllori, fondi neri che la magistratura è riuscita a far emergere. Un inquietante sistema di potere malavitoso e criminale che coinvolge a vario titolo politici, amministratori, imprese, Magistrato alle Acque, Guardia di Finanza, Corte dei Conti. Sono emerse condotte illegittime di tanti personaggi coinvolti nella realizzazione del Mose che in una sorta di circuito protetto, oltre a perseguire arricchimenti illeciti personali, si costruivano pareri e approvazioni compiacenti remunerando tecnici e politici.
La meritevole azione collegiale degli organi preposti al ripristino della legalità, che tanta attenzione mediatica ha procurato e sta procurando, rischia però di relegare in secondo piano la sostanza del sistema che interessa il Mose. Si sta assistendo a un atteggiamento diffuso di non sapere, di non ricordare, di non approfondire, dimenticare o volutamente ignorare cos’è e cosa è stato tecnicamente il Mose. Ed è sulla base di questa, per alcuni versi morbosa, attenzione verso l’operato della magistratura che rimane sullo sfondo o addirittura scompare la contrarietà motivata a questa opera, alla sua natura, alla sua struttura, alla sua funzionalità; sembra quasi che un destino ineludibile debba far portare a compimento questa opera datata così come è stata ideata dai progettisti e da coloro che l’hanno approvata. Tutto procede senza ripensamenti: il rigore scientifico, le manifestazioni di contrasto, l’eustatismo incipiente che cancellerà definitivamente quest’opera non “rientrano “ nello stato di avanzamento dei lavori.
Eppure esiste una corposa documentazione sulle criticità che rendono quest’opera inutile e dannosa. Criticità scientificamente fondate e denunciate prima della costruzione del Mose, alcune delle quali peraltro si stanno dispendiosamente verificando e che lo stesso gli organi decisori attuali sembrano ignorare.
Critiche di tipo progettuale, ambientale, procedurale, di cantierizzazione e gestione riferite al progetto e già contenute nei voti del Consiglio Superiore dei LL.PP. degli anni 1992 e 1990, nella valutazione di impatto ambientale negativa del 1998, nella forte presa di posizione del Comune di Venezia nel 2006, che questa opera non solo avversava, ma si impegnava a dimostrare tecnicamente i suoi difetti, proponeva soluzioni alternative meno impattanti, più funzionali, meno costose e premonitrici dell’eustatismo in corso e più rispondenti al rispetto di quell’equilibrio idrogeologico ed eco sistemico che gli indirizzi della legislazione speciale indicano. Tutte criticità che non si è voluto mai riconoscere, ma con l’assurdo che potranno rivelarsi sostanzialmente solo ad opera compiuta dimostrando sul campo la loro veridicità. Un cumulo di errori che sta volgendo al termine e che è già costato quasi 6.000 milioni di euro (sei miliardi). Tanto che viene da chiedersi se, qualora non si porrà più la legittima domanda se vale la pena bloccare i lavori di un’opera pressoché conclusa oppure se voler ultimare un’opera che si sa già sbagliata per la conoscenza di critiche fondate e documentate, questo non rappresenti, in uno stato di diritto, un altro crimine punibile.
La risposta ormai assume un ulteriore contorno di chiarezza.
E’ che in tale contesto il Mose dovrà fare i conti con l’emergenza climatica. Una variabile dagli effetti presunti che erano stati collocati in un futuro lontano e. non molto prossimo. Questo sistema economico globale, sostenuto da un capitalismo estrattivo e predatorio attraverso i suoi governi, sta dimostrando di non impegnarsi sufficientemente a ridurre l’emissione di gas serra per contenere il più presto possibile l’aumento dei livelli di riscaldamento del pianeta entro un massimo di 1,5 gradi, e il conseguente aumento dei livelli marini si sta presentando molto più rapido e ravvicinato anche nei nostri mari laddove le previsioni a fine secolo si potevano attestare sugli 80 cm come dato più attendibile. Vari autorevoli organismi internazionali ( IPCC- gruppo intergovernativo di esperti su cambiamenti, WMO-organizzazione meteorologica mondiale, UNEP- programma ambientale dell’ONU) denunciano una abnorme concentrazione di CO2 nell’atmosfera con dati che si sono aggravati negli ultimi 3 anni, l’allarme degli scienziati è costante ed univoco avvertendo che i prossimi 12 anni saranno cruciali per un’inversione di tendenza.
Tale quadro di accelerazione dell’aumento dei livelli marini, per Venezia significa più eventi di alte maree e più numerose chiusure delle paratoie del Mose (ammesso che funzioni ). Ma questo comporterà che il più frequente isolamento della laguna dal mare impedirà il ricambio idraulico, con conseguente soffocamento della laguna (viene a mancare l’apporto di nutrienti, con riduzione delle capacità depurative e ossigenanti nonché di quelle di vivificazione delle parti più interne) oltre che con pesanti penalizzazioni per l’attività portuale.
Una situazione che dimostra, anche ai più scettici, che il Mose non rappresenta il metodo di difesa più idoneo: la chiusura delle bocche lagunari non può più rappresentare nel medio-lungo termine la soluzione per contrastare gli scenari di eustatismo attesi nel secolo.
Altre sono le soluzioni da adottare tra cui la principale è quella di un recupero altimetrico rendendo possibili sollevamenti puntuali e di porzioni di territorio urbane e lagunari attraverso l’immissione di fluidi su strati geologici profondi del sottosuolo; e nel frattempo procedere con altri interventi che nell’immediato attenuano l’impatto delle maree medio-alte quali la riduzione delle sezioni alle bocche di porto con rialzo dei fondali , opere trasversali fisse e removibili stagionalmente, opere di prolungamento dei moli, interventi nei centri abitati per “ macro insulae “, ecc.
Con questa emergenza climatica l’approccio sulla problematica veneziana relativa alle acque alte va radicalmente modificato e aggiornato con i tempi in essere, evitando nel concreto di rincorrere dispendiose azioni necessarie per l’ultimazione del Mose, fonte di esorbitanti costi di manutenzione e gestione, provvedendo invece a trasferire tutti gli investimenti previsti, attuali e futuri, per il Mose, compresi quelli dello “sblocca cantieri”, verso una grande “nuova opera” volta al recupero altimetrico di Venezia e della sua laguna modificando il rapporto altimetrico mare-suolo ( e avanzate ricerche in materia prevedono come farlo).
E per passare dalle parole ai fatti, bisognerebbe che fin dalla prossima Legge di bilancio i finanziamenti previsti per ultimare il Mose (compresi quelli per la sua manutenzione e gestione) potessero venire indirizzati tutti verso la messa in sicurezza e l’adattamento del territorio veneziano ai cambiamenti climatici come sopra meglio argomentato.
Potrebbe apparire singolare quale sarà verosimilmente la conclusione della vicenda veneziana relativa al Mose. La sua storia descrive anni di mobilitazioni e manifestazioni contrarie all’opera, registra anche pesanti denunce per occupazioni dei cantieri e della sede del Magistrato alle Acque e del Consorzio Venezia Nuova, importanti soggetti anche istituzionali che si sono impegnati fino alla fine per dimostrarne la sua inaffidabilità. Migliaia di cittadini (va ricordato lo slogan :” Il Mose: un’opera utile solo per chi la fa”), un mondo scientifico formato da eminenti scienziati fuori dal libro paga del Consorzio Venezia Nuova, ministero dell’Ambiente, un sindaco del Comune di Venezia ( 1995-2000, 2005-2010 ), tantissimi comitati e associazioni, non sono riusciti a bloccare l’opera. Una battaglia persa visto che il Mose ormai lo stiamo toccando con mano.
Oggi invece potremmo assistere a una sorta di amara rivincita, anche se gli italiani l’hanno pagata a duro prezzo; quello che tanti di noi non sono riusciti ad ottenere, lo farà “ l’emergenza climatica” che decreterà il riconoscimento della fine del Mose, la sua fine ingloriosa con lo sperpero di danaro e l’incremento di debito pubblico. Il Mose, con questo trend di aumento del livello del mare, rappresenterà infatti un elemento negativo alla sopravvivenza di Venezia e della sua laguna, perciò è presumibile che dovrà essere rimosso, abbandonato, condannato.
Altro capitolo sarebbe quello di stabilire alla fine chi pagherà quando l’emergenza climatica (ed altri difetti strutturali) si incaricherà di dimostrare che l’opera che doveva durare 100 anni è invece inutile e dannosa e questo già nei prossimi anni.
Interessante in proposito è un esposto alla Corte dei Conti svolto da una associazione veneziana (Ambiente Venezia) che, partendo dal fatto che la non funzionalità del Mose si verificherà ad opera ultimata e in condizioni meteo critiche, chiede di prefigurare in via cautelativa un danno erariale a fecondità ripetuta, mettendo fin da subito sotto sequestro il patrimonio di tutti quei soggetti, tecnici e politici che con la loro firma su specifici documenti hanno contribuito ad approvare il progetto Mose, pur in presenza di soluzioni alternative presentate dall’’amministrazione Comunale nel 2006 , più funzionali, meno costose, con minore impatto ambientale e più consapevoli dell’evoluzione dell’aumento dei livelli del mare, dimostrando che quell’opera non si doveva eseguire.
Spetterà a tutti verificare come e se questo governo per la salvaguardia di Venezia e della sua laguna dimostrerà di saper affrontare la sfida dei cambiamenti climatici che annoverano il Mose come un ostacolo.
Fonte: Sbilanciamoci
Padrin Gianni dice
La cosa + importante è proprio ACCUSARLI di Rubaggio di soldi pubblici.
Tutti quelli che ha messo le firme dall’inizio alla fine. E io metterei anche in lista i cialtroni dei progettisti ei kommissari della minkia.
piero deola dice
Bravo il Danella che da del’ignorante,disonesto agli altri e poi si rivela della stessa natura parlando del riscaldamento globale la truffa del ventunesimo secolo.Complimenti a lui e alla sua cultura. Mai prlare di argometi dei quali non si è al corrente e influenzare il popolo ignaro. Anche questo fa parte della rettitudine.
Maxmun dice
Perché non ti compri un termometro e cominci a fare un po’ di medie stagionali; poi vediamo da che parte sta la truffa
marco dice
Credo che la questione “cambiamento climatico/riscaldamento globale” andrebbe omessa da questo articolo, o consistentemente mutata.
Vi sono diversi elementi, opinioni, secondo cui le attuali “stranezze” climatiche potrebbero essere in primo luogo affatto riconducibili alle azioni dell’uomo, ed in secondo luogo preludere ad un periodo di freddo (piccola glaciazione) anzichè di caldo.
Ora, io mi auguro che invece non arrivi nessuna glaciazione, piccola o grande che sia (soffro il freddo! ;-), ma a parte ciò, ribadisco che questo articolo sarebbe migliore senza l’attuale sezione sul presunto riscaldamento globale: questione a sè, discutibile a sè, che porta in modo sbilanciato elementi dubbi di un argomento in un altro.
Franco Nicolussi dice
Penso che oggi sia passato il tempo delle discussioni sul sistema di difesa dalle acque alte di Venezia. Questo sistema esiste ed è installato e qualsiasi discussione deve oggi partire dalla presa di coscienza di questo stato di fatto oltre che dall’evidenza che Venezia ha bisogno di essere protetta dalle maree estreme, come quelle dei giorni scorsi.
Chiedo a chi ha le competenze necessarie (prima di tutti ai miei ex colleghi di Tecnomare) di rendersi disponibile, assieme a me, per esaminare lo stato del progetto e di quanto è necessario per renderlo operativo.
A tempo pieno e senza compenso alcuno.
Albert Mairhofer dice
Dighe gonfiabili con acqua e aria sarebbero in grado di tener fuori dalla laguna l’acqua alta a un decimo dei costi affondati per Mose. Questo sistema innovativo è stato preso in considerazione?
piero angius dice
Un sistema semplice ed economico per bloccare le bocche di accesso alla laguna sarebbe quello di posizionare, tra le banchine opposte delle bocche, una fila continua di cassoni galleggianti portanti una chiglia avente una forma (rettangolare) tale che, quando i cassoni sono allineati in aderenza l’uno all’altro, possano formare una barriera continua tale da ostacolare il flusso del mare. I cassoni galleggianti vengono posizionati tramite semplici rimorchiatori e quando sono allineati tra una banchina e l’altra, in aderenza tra di loro, vengono parzialmente sommersi di qualche metro in modo che la loro chiglia si fissi sul fondale ( sabbioso o comunque morbido). Tale sistema non comporta macchinari complessi. infatti ciascun cassone non dovrebbe aver altro che una pompa idraulica per poterlo riempire e svuotarlo.
Un saluto a tutti, Piero Angius, 18-5-2020
Marcello Meneghin dice
Studi molto seri condotti da specialisti di valore garantiscono che, in caso di acqua alta con venti forti e bufera in atto, se per caso la frequenza di oscillazione propria delle paratoie arrivasse a coincidere con la frequenza di arrivo delle onde da mare aperto, potrebbe benissimo verificarsi il fenomeno della risonanza in base alla quale le paratoie, di onda in onda, aumentano la loro oscillazione fino ad aprirsi totalmente ed improvvisamente causando una ondata improvvisa verso Venezia con danni inimmaginabili alla città storica. Questa rara ma non impossibile evenienza porta alla conclusione che mancando la assoluta sicurezza per Venezia, non si potrà mai correre il rischio, anche se raro. Pertanto colui che, in tali occasioni darà l’ordine di chiusura delle paratoie o é un pazzo oppure in incompetente totale perché Venezia non potrà mai correre un rischio simile.
Marcello Meneghin dice
Ho sbaglisto il mio indirizzo mail . Prego correggere . Questo l’indirizzo esatto: