Ore di compresenza, chiamata dei supplenti per il primo giorno di assenza, tempo pieno: tre proposte per la scuola post covid

Certo, la creatività è importante, soprattutto nella scuola primaria. Ma il contesto in cui, come maestre e maestri, proveremo ad essere creativi lo è ancora di più. Priorità alla scuola, questa alleanza di genitori e insegnanti, ha pensato proprio al contesto fin dallo scorso mese di maggio, per essere pungolo alle istituzioni nella prospettiva di aprire le scuole in presenza e sicurezza. A distanza di tre mesi bisogna ammettere che la risposta delle istituzioni non è stata un granché. Pochi finanziamenti, pochi interventi affidati agli enti locali, accettazione di criteri di distanza che hanno permesso di lasciare in gran parte la situazione delle classi identica a quella del pre covid, poche assunzioni di personale legate all’emergenza, tardiva preoccupazione per i mezzi di trasporto… il 26 settembre non resta che scendere in piazza con Priorità alla scuola per ribadire come insegnanti e genitori la richiesta di un impegno maggiore. Ma, nell’attesa, qualche altra cosa la segnalerei, sia come promemoria per noi docenti, sia al governo. Tre cose.
La prima è per noi docenti. Nella scuola primaria infatti, a partire dalla Gelmini, è diventato consuetudine dell’inizio dell’anno scolastico il tentativo dei dirigenti di utilizzare le ore di compresenza degli insegnanti – ore finalizzate all’arricchimento dell’attività formativa o al recupero dei bambini in difficoltà – per coprire le mancate chiamate di supplenti. Non dispongo di una statistica generale (per queste statistiche l’Invalsi non ha tempo), ma qui nella provincia di Bologna la consuetudine è patteggiare nel Collegio dei docenti la sottrazione di ciascun insegnante dalle attività della classe per quattro, sette, quindici ore l’anno per usarlo/la come supplente nelle classi dove i colleghi precari non vengono chiamati. L’assuefazione degli insegnanti a queste pratiche è diventata cronica, rarissime le situazioni in cui un Collegio dei docenti lotta per conservare quelle ore da dedicare ai bambini in difficoltà o a insegnare meglio un nuovo contenuto o a fare una bella attività a gruppi.
Sinceramente pensavo che quest’anno non sarebbe stato un nostro problema, che la situazione di emergenza avrebbe convinto tutti a guardarsi bene dal sollevare tale possibilità. Invece parlando con alcune colleghe ho visto con preoccupazione che in alcuni ordini del giorno del primo collegio dell’anno è di nuovo messa in discussione questa barbarie organizzativa.
Come è possibile pensare anche a settembre 2020, l’anno del covid, di sottrarre ore di didattica a una classe per coprire una mancata chiamata di supplenti? Spero che le maestre e maestri di quei Collegi docenti si facciano sentire e spieghino che quest’anno l’ordine del giorno organizzativo della scuola non può essere quello degli anni precedenti, che ci sono priorità di salute e di tutela della didattica e della relazione preminenti su queste esigenze di risparmio di gelminiana e tremontiana memoria.
Il secondo promemoria è per il governo. Priorità alla scuola e i sindacati hanno immediatamente inserito nelle richieste avanzate al governo l’abrogazione di una norma introdotta nella finanziaria del 2016 che prevede il divieto di chiamare supplenti per il primo giorno di assenza. La norma era stata introdotta dal governo Renzi (art. 1 comma 333 della Legge di stabilità 2015), era un corollario della sua idea di scuola dalle magnifiche sorti e progressive. Ovviamente era un’idea assurda, la cui applicazione ha prodotto inizialmente gli insegnanti-trottola privi di una classe di riferimento e sempre in viaggio tra un’aula e l’altra; poi, nel tempo, ha contribuito a sottrarre quelle compresenze di cui prima scrivevo, coinvolgendo in queste supplenze obbligatorie tutti gli insegnanti della scuola, sbalzati da una classe all’altra semplicemente per risparmiare qualche soldo.
Rispetto a questo secondo punto noi insegnanti non possiamo fare granché, qui è il governo che deve – entro il 14 settembre – cancellare questa norma terribile e impegnarsi a far chiamare i supplenti fin dal primo giorno di assenza dei docenti. Se nell’anno del covid non otterremo che venga cancellata per sempre questa assurda norma, allora non oso pensare cosa potrà accadere della scuola pubblica nei prossimi anni.
La terza richiesta è rivolta sempre al governo, ma in questo caso gli fornisco un po’ di tempo, diciamo fino alla prossima primavera. Questa pandemia infatti è l’occasione giusta, con i fondi che si rendono disponibili, per prendere in considerazione una riorganizzazione della scuola primaria che vada finalmente incontro alle esigenze di docenti e di genitori. Nella scuola primaria esistono diversi modelli orari, uno di questi è il cosiddetto Tempo pieno. Esso ha una importante storia alle spalle ed è sempre più richiesto dai genitori di una società caratterizzata da un lavoro sempre più precario. Il modello a Tempo pieno permette alle bambine e ai bambini di rimanere a scuola sia al mattino che al pomeriggio, di mangiare a scuola con i loro compagni, di disporre di tempi distesi per una didattica anche esperienziale e per una socializzazione protetta con i compagni.
Non tutti i genitori desiderano il Tempo pieno, non tutti i docenti desiderano insegnare nel Tempo pieno. Quello che dovrebbe fare il governo è permettere di attivare nuove sezioni a Tempo pieno qualora i genitori e gli insegnanti si mostrassero interessati e quindi le loro richieste si incontrassero. Serve però una legge, poiché negli ultimi anni ogni richiesta, sia di insegnanti che di genitori, di attivare nuove sezioni è stata cassata dai dirigenti e dagli uffici scolastici ancor prima di venire esaminata. è quindi auspicabile che questo governo, se veramente tiene alla scuola futura, sia in grado di varare una semplice legge per uno sviluppo controllato e progressivo del modello a Tempo pieno in Italia. Ha tempo fino a Pasqua.
Non serve solo questo alla scuola primaria, tanto più nell’anno del covid, però da qualcosa bisogna pur partire. Certo se dovessimo assistere a una presa di coscienza di dirigenti e docenti rispetto all’utilizzo delle ore di compresenza per le supplenze, se il governo cancellasse prima dell’inizio della scuola quella norma assurda della proibizione di chiamata, e se riuscisse a varare nella primavera una bella legge per incrementare il Tempo pieno, allora forse ci sarebbe qualche motivo per tirarsi su di morale, si potrebbe ritornare ad avere un po’ di fiducia nel futuro della scuola nazionale.
Nei prossimi giorni che ognuno faccia il suo, noi maestre e maestri nei collegi docenti e in piazza il 26 settembre, il governo prendendo le decisioni che non può esimersi dal prendere.
*Gianluca Gabrielli è storico e insegnante di scuola primaria. Il suo ultimo libro è Educati alla guerra. Nazionalizzazione e militarizzazione dell’infanzia nella prima metà del Novecento (Ombre corte, 2016), dal quale è tratta l’omonima mostra. Altri suoi articoli sono leggibili qui. Ha aderito alla campagna di sostegno di Comune “Ricominciamo da tre”.
Ma quale compresenza rubata nel tempo pieno? Da noi, una scuola primaria di Milano, si è parlato di smembramento delle classi per ridurre a 15 bambini ciascuna
e attivazione della modularizzazione sulle 40 ore, per semplificare 5 insegnanti su 3 classi.
Non si doveva lasciare all’autonomia scolastica l’organizzazione della scuola. Personalmente dopo 38 anni di scuola non ce la faccio più…tutto sulle nostre spalle. Non ho più nemmeno la forza di scendere in piazza e di lotte ne ho fatte tante. Se conoscete una via di fuga indicatemela. Carne al macello…niente funziona…tutto lasciato al caso. Collaboratori dei dirigenti che diventano nostri antagonisti e portatori di dictat…delatori e spie. Durante la chiusura abbiamo fatto collegi asincroni nei quali ci veniva chiesto di votare, senza discussione, i vari punti all’ordine del giorno…Non ci siamo nè visti nè sentiti in alcuna piattaforma…ci è stato detto arrangiatevi …qualunque modo per arrivare ai bambini va bene. La mia classe sull’onda dell’arrangiatevi già dal 10 marzo era on line…ogni giorno…grazie a colleghi formidabili,almeno loro per fortuna. Ci siamo inventati una didattica a distanza recuperando un po’qua e un po’ là quello che potevamo con i nostri mezzi e conoscenze. Non chiedetemi ancora di lottare contro i mulini a vento….mandate qualcuno a controllare all’interno delle scuole…dateci linee guida chiare e semplici. L’automia data alle scuole equivale all’abbandono delle stesse in alcuni casi. Ho avuto colleghi con lauree che poco avevano a che vedere con la scuola…ingegneria…legge… Ma di quale scuola stiamo parlando? Io desidero solo andarmene il prima possibile possibilmente COVID free. Scusate
Quindi siamo d’accordo: autonomia significa caos e esplosione dei modelli organizzativi, messa in pratica dalla Gelmini. Tornare a due modelli semplici ma vincolati, 30 ore e tempo pieno, con compresenze previste in entrambi i modelli.