di Renata Puleo*
Nella sua consueta rubrica “Invece Concita”, tenuta sul quotidiano la Repubblica, la giornalista De Gregorio qualche settimana fa ha pubblicato una lettera che solleva la problematica, spesso occultata, relativa alla Lingua de Segni, in uso in Italia (LIS) nella comunità sorda. Poiché chi scriveva metteva in luce vari ordini di questioni che andavano a confluire nella denuncia del mancato riconoscimento della competenza come titolo per l’accesso nelle graduatorie per l’insegnamento, provo a fare un po’ di ordine.
Intanto chi usa la LIS? I sordi che l’hanno appresa, come lingua materna o lingua seconda, e non sono solo oralisti (ovvero rieducati ortofonologicamente a parlare e a leggere il labiale); spesso i loro famigliari e amici, per ragioni ovvie di comunicazione affettiva, relazionale; coloro che pur udenti l’hanno appresa e la usano in contesti professionali.
Le modalità spontanee di apprendimento per vicinanza, per famigliarità, con i sordi, consentono di conseguire un risultato in termini di padronanza che, pur arrivando spesso a buone o eccellenti performances, non fa sì che chi la padroneggia la possa insegnare o utilizzare nell’interpretariato, cosa del resto comune a qualsiasi altro apprendimento linguistico.
Qui si apre un’altra dicotomia: la LIS non essendo stata riconosciuta dallo Stato Italiano come lingua minoritaria (a fronte di 70.000 sordi, anche se censiti in modo misto e irregolare rispetto alla definizione della loro “disabilità”, su cui tornerò), non dispone di uno statuto univoco rispetto alla metodologia, alle sedi, alla autorevolezza epistemologica con cui viene insegnata e appresa. Dunque, se vari sono i livelli di competenza, altrettanto varie le offerte di formazione e la tipologia dei titoli spendibili professionalmente.
Oggi in Italia esistono ottime scuole di LIS, tenute da Associazioni accreditate dalla comunità sorda e dall’Ente Nazionale Sordi (ENS), che rilasciano diplomi ad almeno due livelli (ma come per le certificazioni europee di Lingua2 anche 3, 4, rispetto alla competenza): standard-base, assistenza alla comunicazione (titolo che permette di accompagnare nell’apprendimento a scuola gli alunni sordi), interpretariato. Torna dunque impellente per riordinare tutta la materia, la necessità di ottenere dallo Stato il riconoscimento come lingua minoritaria, diritto sancito dagli articoli 3 e 6 della Costituzione. Diritto di cui si sono fatte tramite varie proposte di legge, depositate, mai entrate in calendario per l’esame legislativo previsto, presto decadute, ancora riproposte. Questo malgrado esistano Risoluzioni Europee dal 1988 che ne raccomandano il riconoscimento, le iniziative delle regioni Marche e Sicilia che hanno introdotto la LIS come servizio di interpretariato nei pubblici uffici, e la tutela che i tribunali – a tutti i livelli – offrono ai soggetti sordi coinvolti in procedimenti legali. Senza questo passaggio istituzionale (i Presidenti di Camera e Senato Boldrini e Grasso, al loro insediamento, promisero di sollecitare le commissioni parlamentari) rimarrà inevitabilmente la pluralità formativa di cui abbiamo detto.
Facciamo un inciso epistemologico, linguistico. La LIS non è un metodo (come afferma in buona fede la persona che scrive alla De Gregorio) ma una lingua in senso pieno, dotata di un storia evolutiva, creaturale, un vocabolario, una grammatica, dunque la potenzialità tipica delle lingue umane di raccontare il mondo e di fare anche del sordo “l’animale che si parla”. Tra l’altro nel caso della LIS, tale potenzialità espressivo-cognitiva-affettiva è accresciuta proprio da una sua specificità, l’uso delle mani che segnano, che si librano nello spazio, rendendola appunto una lingua gestuale e spaziale. Prima della diffusione divulgativa della importanza dei neuroni-specchio e del gesto, genericamente inteso, per la implementazione della LIS in Italia, il CNR promosse, dal 1982 al 1987, una sperimentazione nelle scuole, in regime d’integrazione fra bambini udenti e sordi. L’Istituto di Sviluppo Cognitivo titolare del protocollo sperimentale (a Roma, Padova e Treviso) lavorò al progetto Grammatical Regularity in Sign Language and Homesign sotto la supervisione di Virginia Volterra. Nel 1996, la Volterra pubblicò numerosi testi destinati a diventare dei classici per chiunque si occupi di questa lingua. Lingua che, grazie a questi lavori, veniva ad acquisire, per i soggetti sordi – o udenti – cresciuti con genitori sordi segnanti, lo status e le caratteristiche di una Lingua Materna. Non solo, ma la sperimentazione arrivò alle risultanze degli studi condotti in altri paesi: anche gli udenti godevano, grazie all’apprendimento della LIS, di un effetto di precocizzazione di altri apprendimenti. Soprattutto, acquisivano, come accade quando in età infantile si impara una lingua seconda, uno sguardo più acuto, una competenza e un uso migliori della propria lingua madre.
E veniamo all’ultimo aspetto segnalato nella lettera, in realtà centro e scopo della denuncia. La LIS non costituisce titolo per entrare nella graduatoria per l’insegnamento curricolare, ma solo in quelle per insegnamenti speciali. A tale proposito riprendo alcune considerazioni. Sicuramente manca ancora la conoscenza diffusa del fenomeno LIS, manca la sensibilità alle tematiche che essa propone ma, soprattutto, vige la relazione fra normalità e handicap, in termini di maggioranza e minoranza, in ragione del mancare della parola da parte del sordo. Il sordo è nelle nostre società un disabile, un soggetto in deficit, forse “diversamente abile”, secondo le recenti ipocrite definizioni ministeriali. Pertanto, i titoli acquisiti dagli aspiranti non producono incremento di punteggio. Mi faceva notare una Dirigente Scolastica che, nella famosa (e famigerata) chiamata diretta dei docenti voluta dalla legge 107/15, anche in scuole con presenza di alunni sordi la sua competenza non è stata considerata titolo valutabile nel curriculum di presentazione al dirigente. Forse anche a livello di contrattazione sindacale occorrerebbe un’attenzione al problema, finora mancata.
Insomma, la strada è ancora lunga e non propriamente ben lastricata, nemmeno di buone intenzioni.
Vorrei sapere dove poter seguire un corso
Tanto tempo fa, quando la riforma Gelmini e la “buona scuola” non erano nemmeno “pensabili” abbiamo preso parte a una sperimentazione che partendo da questi presupposti prevedeva l’insegnamento della Lis per tutti i bambini, in una classe prima (e poi anche in seconda, durò tre anni e partì dalla scuola materna in collaborazione con il servizio di riabilitazione dell’età evolutiva e l’associazione nazionale sordomuti) dove era presente una bambina non udente,
È stata un’esperienza fantastica, illuminante per noi insegnanti ed efficace per favorire gli apprendimenti linguistici di tutti i bambini… Poi? Boh tutto svanito! Anche al servizio È cambiato l’orientamento: lettura del labiale, impianto cocleare… Che sicuramente è stata una pratica innovativa ma le cose non si escludono. Si vive di integrazioni, Interazioni, miscugli e mescolamenti e non di fissità e rigidità in tutti i campi del sapere e della vita!
Confermo. Nonostante abbia fatto due corsi di Lingua dei Segni (base e primo livello), ancora nella nuova riforma scolastica “La buona scuola” non è un titolo valutabile ai fini delle graduatorie statali.
C’è molta confusione sotto il cielo della sordità , ci sono molte persone che con la sordità ci campano e per questa ragione credono di poter parlare di bisogni e riconoscimento del LIS come lingua di tutti i sordi e addirittura ne reclamano l’insegnamento .
La condizione di sordità negli ultimi decenni è cambiata, la scuola di tutti per tutti malgrado le inadempienze, le criticità è stata fondamentale per aiutare il cambiamento.
La rivoluzione della AA e della Audiologia che insieme all’avanzamento dei protocolli ORL e alla nuova frontiera degli impianti cocleari ormai è l’offerta più felice per superare la sordità.
La tecnologia assistiva con tutti gli ausili per superare problemi comunicativi fanno in modo che l’inclusione, la partecipazione sia possibile e facilitata .
La logopedia e l’attenzione socio relazionale rendono reale il diritto alla parola ,dimostrano che il sordo può parlare , la cultura accessibile ,con sottotitolazione con sistema ad induzione magnetica dimostra che la persona con disabilità uditiva è oltre il modello nel quale in tanti lo vogliono ingabbiare.
Parlano di Comunità sorda come un popolo a parte ,può esistere una lingua minoritaria su base di deficit ? Un popolo significa anche terra , che facciamo deportiamo tutti i sordi in un’isola?
Se si vuole comprendere può servire leggere la mozione approvata in un convegno a Padova nell’aprile 2007, non recente ma ottimo per confermare la giustezza delle tesi
DALL’ASSEMBLEA DEL CONVEGNO NAZIONALE F.I.A.D.D.A
“LA MARATONA DELLA SORDITA’: DALLA DIAGNOSI PRECOCE ALL’INTEGRAZIONE SOCIALE”
VERONA 14 – 15 APRILE 2007
PREAMBOLO
– considerando ciò che l’art. 7 punto 2 recita, in tutte le azioni concernenti i bambini con disabilità, il superiore interesse del bambino sarà tenuto in considerazione
– considerando che l’articolo 25 punto (b)della Convenzione sui Diritti delle Persone con Disabilità dell’ONU impegna gli Stati Parti a :
”(b) Fornire specificamente servizi necessari alle persone con disabilità, proprio a causa delle loro disabilità, compresi la diagnosi precoce e l’intervento appropriato, e i servizi destinati a ridurre al minimo ed a prevenire ulteriori disabilità,anche tra i bambini e le persona anziane;”
– considerando che l’art.26 punto (a) della Convenzione sui Diritti delle Persone con Disabilità dell’ONU recita che:
gli Stati Parti organizzeranno, rafforzeranno e estenderanno servizi e programmi complessivi per l’abilitazione e la riabilitazione, in particolare, nelle aree della sanità, dell’occupazione, dell’istruzione e dei servizi sociali, in modo che questi servizi e programmi: (a) abbiano inizio nelle fasi più precoci possibili e si ano basati su una valutazione multidisciplinare dei bisogni e dei punti di forza dell’individuo”.
– considerando che il nostro Paese ha raggiunto livelli di apprendimento della lingua orale e scritta e buoni livelli di integrazione scolastica, la FIADDA ritiene che l’art. 24 comma 3 punto(b) della Convenzione ONU debba valere solo per coloro che vogliono scegliere di appartenere ad una comunità di non udenti senza imposizione alcuna per tutti gli altri.
– considerando ancora l’art.24 punto 3 comma (c) riteniamo valido ciò che esso recita: “assicurare che l’istruzione delle persone, ed in particolare dei bambini ciechi, sordi o sordociechi, sia erogata nei linguaggi, nelle modalità e con i mezzi di comunicazione più appropriati per l’individuo e in ambienti che ottimizzino il progresso scolastico e lo sviluppo sociale.
MOZIONE
A conclusione del Convegno “la maratona della sordità,dalla diagnosi all’integrazione sociale” svoltasi a Verona il 14 e 15 aprile 2007,l’assemblea dei presenti, composta da genitori,bambini e ragazzi sordi,giovani sordi,persone adulte sorde, professionisti ,uditori, nonchè persone interessate all’argomento della sordità,parenti ed amici,si dichiarano CONTRO I DISEGNI DI LEGGE PRESENTATI IN PARLAMENTO dietro istanza dell’ E.N.S. per il riconoscimento della lingua dei segni(L.I.S.) come lingua non territoriale propria della comunità delle persone sorde.
SAPPIAMO
Che la L.I.S. è stata un bene prezioso per quelle persone che, in tempi ormai lontani, non hanno potuto o voluto acquisire la lingua italiana orale e scritta e possono quindi utilizzare solo questa modalità comunicativa.
Che oggi, grazie allo screening-neo natale, alla diagnosi precoce, alle protesi acustiche di nuova generazione , all’impianto cocleare, alle migliori conoscenze sull’acquisizione della lingua parlata , dei sistemi educativi e riabilitativi, i bambini e i ragazzi sordi possono sviluppare il linguaggio verbale nelle sue modalità orale e scritta.
Che le persone sorde, protesizzate o impiantate che abbiano seguito un iter riabilitativo adeguato,oggi possono parlare,ascoltare,leggere,scrivere,giocare,lavorare amare come tutti i loro coetanei. Non si sentono in nessun modo parte di una “ comunità di sordi”, e la L.I.S. non è la loro lingua.
Che il percorso di apprendimento del linguaggio verbale orale e scritto è fondamentale per conseguire autonomia personale di accesso alla cultura e all’interazione sociale completa senza intermediari,senza interpreti,senza mediatori
ESIGIAMO
Che non si spendano le già insufficienti risorse disponibili, per dare la LIS a quel “milione di persone”, dato questo,riportato in alcune delle relazioni che accompagnano i disegni di legge presentati, ma che si riferiscono a persone con perdite uditive di entità variabile, acquisite nell’arco della vita,e dovute a cause differenti quali: le sordità per anzianità, per cause di lavoro, per incidenti,ecc, ) Nemmeno tutti i 42.000 sordi (dato INPS) riconosciuti per legge, conosce e usa la LIS come modalità comunicativa.
VOGLIAMO
Che il danaro pubblico venga speso per l’implementazione dei centri di audiologia , per sviluppare ricerche inerenti tutti i settori pertinenti la sordità, per sviluppare lo screening neo-natale, per aumentare e rendere efficienti i centri per la diagnosi , per la riabilitazione e quelli in cui si effettuano gli Impianti Cocleari .
Promuovere la qualità dell’integrazione scolastica,sociale e lavorativa,e sostenere le famiglie che hanno al loro interno un bambino od un ragazzo sordo.
Promuovere l’abbattimento delle barriere della comunicazione:la tecnologia oggi è in grado di favorire con sottotitoli o scritte nei punti di informazione , autonomia alla persona.
CHIEDIAMO
Ai Direttori di cattedre universitarie italiane di ORL ai Presidi e Docenti di Facoltà Umanistiche e Scientifiche interessate, ed a tutti coloro che condividono i principi della FIADDA di aderire a quanto sopra esposto.
LA FIADDA CONFIDA CHE IL PARLAMENTO ITALIANO ED IL GOVERNO TENGANO CONTO DELLE CONSIDERAZIONI SOVRAESPOSTE.
LA FIADDA CHIEDE ALLA FISH (FEDERAZIONE SUPERAMENTO HANDICAP) ED AL C.N.D.(CONSIGLIO NAZIONALE SULLA DISABILITA’) DI SOSTENERLA ED AFFIANCARLA NELLE SUE RICHIESTE.
Verona, 15 aprile 2007.
Il Presidente nazionale FIADDA
Silvana Baroni Pesce