Il mantra è noto: per il nostro benessere o per il nostro lavoro, nel tempo del dominio tecnologico, sono indispensabili tanti contatti. Ma per valorizzarli servono sistemi di interazione automatizzati: c’è ad esempio l’assistente vocale che risolverà molti dei nostri problemi. «Alexa, ricordati dei compleanni dei miei amici e manda loro un messaggio carino, personalizzato…». Secondo la ricostruzione di Ivan Illich, superata una certa dimensione, quello che accade nella medicina, nell’istruzione, nelle istituzioni è che prevalgono relazioni gerarchiche e deleterie: qualcosa di molto analogo succede oggi con molte tecnologie: nel web, ad esempio, le piattaforme digitali globali costruiscono mondi giganteschi e complessi in cui esse sono assolutamente necessarie, limitando di fatto la libertà e l’autonomia delle persone. Eppure molti ricordano la capacità di creare relazioni sociali orizzontali e perfino mutuo appoggio, presente nella fasi iniziali di internet (malgrado l’origine militare). Come è possibile oggi reinventare un’informatica conviviale, per dirla sempre con Illich? Non basta un sistema tecnico di piccola scala. Abbiamo bisogno di imparare ad “agire a partire da quel che esiste oggi, ampliando gli spazi di autonomia concreta… – scrive Carlo Milani in Tecnologie conviviali (eleuthera) – È importante prendere in considerazione le relazioni di potere…”. Ampi stralci del capitolo intitolato “Questioni di scala”
La rete di Internet si è evoluta a partire da un sistema aperto e altamente decentralizzato fino a trasformarsi in un sistema molto centralizzato, soggetto a sorveglianza diffusa, censura e manipolazione su larga scala, da parte di imprese commerciali e istituzioni governative. Concepita come parte di un programma militare negli anni Cinquanta del xx secolo, è stata progettata per essere estremamente flessibile e adattabile, ovvero resiliente in caso di attacchi. […]
La rete distribuita è composta da diversi sistemi autonomi, liberi di interconnettersi (operando secondo i rispettivi vincoli strutturali) e di condividere le informazioni necessarie per calcolare i percorsi più appropriati per inviare e ricevere i pacchetti di dati. Questo contratto piuttosto approssimativo fra entità indipendenti è stato parzialmente formalizzato con il principio della neutralità della rete. […]
La posta elettronica, uno dei servizi Internet più antichi e popolari, inizialmente è stato distribuito tra diversi server di posta elettronica operativi in luoghi diversi, in genere le università. Tuttavia, con l’aumento degli utenti di Internet, i servizi sono diventati sempre più centralizzati e la partecipazione delle persone online sempre meno anonima. […] Una percentuale molto elevata del traffico e-mail mondiale passa attualmente (2022) attraverso i server Gmail di Google, i cui agenti algoritmici analizzano il contenuto delle e-mail per sviluppare questo e altri servizi della multinazionale. Ad esempio, immagazzinare i testi e-mail scritti da esseri umani costituisce un’indispensabile base di dati per allenare modelli di scrittura automatizzata capaci di mimare gli agenti umani, cioè per sviluppare le cosiddette Intelligenze Artificiali. Gli algoritmi di Gmail effettuano anche molte altre operazioni: ad esempio, definiscono de facto ciò che è spam e ciò che non lo è; stabiliscono correlazioni con altre informazioni personali di mittenti e riceventi, come le posizioni gps registrate da Google Maps, query di ricerca, e altro ancora. […]
Questa situazione presenta i tratti di una «seconda soglia di mutazione» di Internet, secondo la terminologia introdotta da Ivan Illich nel suo La convivialità per l’analisi del ciclo di vita degli strumenti. Come nei casi illiciani della medicina e dell’istruzione, Internet nelle sue fasi iniziali è stata estremamente utile ed è stata cooptata da molti gruppi umani decisi a usarla per aumentare la libertà reciproca, sviluppando caratteristiche tipiche dei sistemi di mutuo appoggio: federazione di servizi, aiuto reciproco, condivisione di risorse e così via. Tutto questo nonostante l’origine non certo conviviale ed emancipatoria di Internet stessa, derivata da un programma di difesa militare e implementata con dispositivi ottenuti con lo sfruttamento industriale delle risorse naturali e umane. Uno degli effetti desiderabili di Internet, almeno inizialmente, è stato aumentare, facilitare e migliorare drasticamente l’accesso alla conoscenza e alle persone fra loro, potenzialmente in tutto il mondo.
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Tuttavia, per raggiungere questo obiettivo, l’evoluzione della rete si è affidata a grandi organizzazioni che offrono servizi efficienti e affidabili. La sopravvivenza di questi servizi e piattaforme dipende sempre più dalla partecipazione delle persone e dallo sfruttamento dei (meta)dati che esse producono. Questo crea un circolo vizioso tra le pratiche di design che creano abuso/dipendenza e la concorrenza sleale che viola il principio di neutralità della rete; per non parlare degli usi non etici di informazioni riguardo a comportamenti privati degli umani, attraverso l’analisi dei dati prodotti dalle nostre attività online quotidiane. […]
Proprio come le aziende farmaceutiche e le scuole descritte da Illich, le piattaforme digitali globali creano e mantengono un mondo in cui sono assolutamente necessarie. Questo spiega anche perché aziende come Facebook (Meta), Google (Alphabet) e Microsoft sono in prima linea negli sforzi per fornire un «accesso Internet a tutti» e perché allo stesso tempo le comunità locali devono affrontare così tanti ostacoli economici, politici e legali per costruire, mantenere e controllare le proprie infrastrutture.
È urgente riflettere su quali di questi servizi debbano essere realmente offerti da piattaforme globali e quali invece possano essere ospitati su infrastrutture locali, di proprietà delle comunità locali di utenti e gestite dalle comunità stesse. Questo esercizio non è motivato da un romantico ideale del genere «piccolo è bello» o «locale è meglio», ma dalla necessità di diversificare le modalità con cui le Tecnologie dell’Informazione e della Comunicazione (tic) mediano la nostra vita quotidiana. […]
Gli esseri umani connessi alla rete di Internet nel 2022 raramente scelgono con quali esseri tecnici interagire e come; si trovano obbligati (volenti o nolenti) a imparare sequenze di comandi per poter effettuare operazioni banali. Devono imparare a comandare esseri tecnici presentati come servi(zi) inevitabili per vivere nel mondo, ineludibili forche caudine cui sottoporsi, cui obbedire. Imparare a comandare, imparare a obbedire. Anche i più ritrosi devono fare buon viso a cattivo gioco e impegnarsi per farsi amiche le tecnologie digitali, o almeno per evitare di irritarle e scatenarne così il potere distruttivo, con conseguente perdita di dati, preclusione di accesso a servizi essenziali (scuola, sanità, lavoro, ecc.), diffusione non voluta di informazioni riservate e così via. Non stupisce l’aumento esponenziale dell’alienazione tecnica, palese nel periodo della pandemia di covid-19, durante la quale la tanto decantata informatizzazione di scuole, aziende e servizi pubblici si è perlopiù concretizzata in deleghe tecnocratiche alle piattaforme dell’Internet globale, ben felici di essere chiamate a «risolvere» i problemi. […]
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Questioni di scala?
[…] La tecnologia riconfigura i rapporti di potere perché la sua ergonomia articola nuove regole del lavoro (ergon-nomos), nuove dinamiche organizzative, nuove relazioni fra umani e non umani. Nel caso delle tecnologie digitali di massa sono perlopiù orientate all’asservimento reciproco. Se diventa norma sociale avvalersi di un social network per mantenersi in contatto fra umani, diventa difficile non usarlo, pena l’esclusione dai rapporti sociali. Se non possedere il telefono cellulare diventa uno stigma sociale perché non si è raggiungibili dagli altri, significa che l’alienazione tecnica si manifesta sotto forma di alienazione sociale.
Queste articolazioni fra esseri umani ed esseri tecnici sono in effetti Megamacchine, come le chiamava Lewis Mumford in Il mito della macchina, ovvero implicano concatenazioni di tipo capitalista, che tendono innanzitutto a riprodurre e intensificare il valore, e concatenazioni di carattere intrinsecamente dispotico, cioè tipiche del despotes: del sovrano dominante. […]
Ma in definitiva, prima di puntare il dito contro lo strapotere della Tecnica e rimpiangere i bei tempi andati, cadendo nell’insostenibile posizione primitivista, è importante ricordare che queste Megamacchine non sono sistemi separati dalle controparti umane; non sono sistemi che agiscono alle loro spalle e contro il loro volere, mosse da un’oscura macchinazione. Come le Megamacchine imperiali antiche, ad esempio l’organizzazione dispotica dell’antico Egitto che servì alla costruzione delle piramidi (la prima Megamacchina secondo Mumford), così le Megamacchine reticolari globali sono composte di esseri umani ed esseri tecnici insieme. Per semplicità le chiamiamo Megamacchine digitali, ma dobbiamo ricordare che funzionano grazie alla compiaciuta partecipazione degli esseri umani, lieti di lasciare l’iniziativa a chi ne sa, a chi può e vuole occuparsene, un po’ come accade con gli esperti umani. […]
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Una pubblicità di una nota azienda telefonica italiana uscita nel 2017, e ritirata poco dopo, spiegava la faccenda con una semplicità disarmante. Un noto attore comico recitava, estasiato:
Oggi grazie alle connessioni possiamo entrare in un universo televisivo senza limiti. […] Una galassia sconfinata […] che puoi vedere ovunque e quando vuoi. Oggi le nuove tecnologie ci stanno dando la possibilità di non dover scegliere… Non è fantastico?
[…] Non si tratta di mitizzare l’idea che «piccolo è bello», ma di riconoscere che, almeno negli esempi storicamente noti, quando una tecnologia si diffonde in maniera omogenea, serializzata e industrializzata al di là di una certa dimensione, la selezione dei tratti evolutivi tipici delle relazioni libertarie cede il passo alla selezione dei tratti evolutivi tipici delle relazioni gerarchiche. Le gerarchie fisse s’impongono nella gestione dei rapporti tra gli esseri umani e gli altri esseri viventi e non, con il loro «corollario» di sfruttamento dispotico. Non si può scalare, crescere di scala in maniera illimitata, senza snaturarsi completamente.
[…] Avere mille amici e migliaia di contatti non ha senso, milioni di follower nemmeno, perché nessun umano dispone del tempo né delle energie sufficienti per valorizzarli, a meno di affidare le relazioni a sistemi di interazione automatizzata. Non è uno scenario fantascientifico, ma il presente del secondo decennio del xxi secolo, chiaramente rappresentato dalla possibilità di ordinare all’assistente vocale di prendersene cura: «Alexa, ricordati dei compleanni dei miei amici e manda loro un messaggio carino, personalizzato…».
Le relazioni significative richiedono attenzione e competenza, non distrattenzione e sciatteria; tanto meno delega tecnocratica.
Appunti per un’informatica conviviale
Ma allora è possibile un’informatica conviviale, cioè che promuova la realizzazione della libertà individuale in seno a una società dotata di strumenti efficaci? Ci vogliono tecnologie appropriate, ma per poterle immaginare e realizzare è necessario correggere e ampliare la formulazione di Illich.
Innanzitutto, dobbiamo riconoscere che un sistema tecnico di piccola scala può essere dispotico tanto quanto un sistema industriale globale; anzi, può rivelarsi ancora più censorio e asfissiante per la libertà personale. Ad esempio, le dinamiche psicosociali oppressive tipiche di un piccolo paese, in cui la gente mormora e tutti sanno tutto di tutti, possono risultare amplificate da tecnologie di controllo e monitoraggio su piccola scala, riproducendo un universo concentrazionario in miniatura. In altre parole, la piccola scala non garantisce di per sé l’assenza di dominio, ed è logico che sia così, altrimenti la libertà sarebbe un derivato automatico dell’organizzazione in piccoli gruppi. […]
Invece di formulare teorie astrattamente perfette, tipiche del peggior intellettualismo ignaro della realtà, dobbiamo prendere atto della scala globale della tecnologia attuale, in particolare nella sua manifestazione più evidente che è la rete di Internet, e agire a partire da quel che esiste oggi, ampliando gli spazi di autonomia concreta. In questo senso, al di là della scala, è importante prendere in considerazione le relazioni di potere.
Infatti, nell’ambito delle tecnologie di rete la scala non è semplicemente monodimensionale, legata alla vicinanza di una risorsa. La valutazione in merito al potenziale conviviale, emancipatorio e liberatorio di una configurazione tecnosociale deve tenere conto anche di altre variabili, in particolare dell’asimmetria di potere degli attori coinvolti e quindi della loro capacità di determinare norme socialmente vincolanti. […]
Propagandare le attività della propria associazione culturale tramite Meta (Facebook-Instagram-Whatsapp) e altri social di massa condurrà inevitabilmente a un asservimento alle procedure imposte dalla multinazionale, di omologazione dei messaggi e dei contenuti a standard predefiniti. […]
Prossimità, affinità, federazione
Si tratta quindi di invertire il flusso dell’iniziativa, dal locale verso il globale, secondo un modello di federazione reticolare in grado di trarre il massimo vantaggio dalla struttura decentralizzata e federata di Internet. Non si tratta di effettuare investimenti a pioggia, ma di facilitare iniziative legate a questioni concrete, tangibili, quotidiane. Non si tratta di inseguire la prossima start-up o app capace di rivoluzionare il mercato: sarebbe l’ennesima «rivoluzione» nel senso deteriore del termine, cioè una modifica repentina e distruttiva che rende obsolete le competenze faticosamente accumulate e rafforza le disparità pre-esistenti.
Declinare l’autogestione in questo contesto è relativamente semplice. È necessario rendere meno farraginose le pratiche per dar vita a organizzazioni di prossimità, vicine alle persone, gestite dalle persone, esperte e meno esperte, valorizzando la diversità ancor prima dell’abilità. Infatti è più importante che persone diverse fra loro riescano a collaborare in vista di un obiettivo comune, mettendo a punto procedure condivise, piuttosto che delegare agli esperti di turno per ottenere un risultato «migliore». Queste organizzazioni, strutturate con l’aiuto di esseri tecnici affini, possono federarsi e creare federazioni internazionali: la piccola scala è quindi un parametro utile se declinata nel senso della prossimità e dell’affinità fra esseri umani ed esseri tecnici che cooperano per costruire mondi comuni. Mondi che aspirano all’internazionalismo per loro stessa natura: perché la libertà, per essere davvero tale, tende a estendersi a ogni essere, vivente o meno.
Il concetto di prossimità va inteso in accezione ampia, seguendo i fili delle connessioni reticolari. La compresenza in un ambiente disconnesso, non sintetico, non è una condizione sempre necessaria, anche se spesso è desiderabile. In questo senso, è senz’altro caratterizzato da prossimità un gruppo di poche persone sparpagliate in diversi continenti che condividono pratiche e ideali, che cooperano in maniera regolare, che si confrontano, discutono e scambiano esperienze e servizi grazie al potere straordinario delle reti digitali globali. […]
Possiamo allora riformulare la questione nei seguenti termini: quali sono le caratteristiche, i tratti, i caratteri che vengono selezionati nei sistemi tecnocratici? Quali comportamenti umani e quali retroazioni tecniche favoriscono l’emersione di una gerarchia di dominio? Quali tratti e comportamenti favoriscono invece l’insorgere di dinamiche di mutuo appoggio e l’affermarsi del retaggio della libertà? […]
giiiiorgio dice
Tema molto interessante.Avrei bisogno di un aiuto per comprendere meglio le possibili soluzioni.