E’ stato scritto davvero tutto sulla lunga vita e la morte annunciata da tempo di Fidel Castro. Un’infinità di calunnie e ogni possibile argomento utile ad alimentare il mito di un culto della personalità che ha pochi paragoni nell’intero Novecento. Gli innumerevoli nemici di Castro non avrebbero potuto perdonare la colossale portata storica della sua esistenza, l’aver osato ribellarsi e vincere, con un pugno di uomini, contro il tiranno Fulgencio Batista e, soprattutto, la capacità di resistere per oltre mezzo secolo al dominio planetario del capitalismo e all’ordine continentale imposto dagli Stati Uniti. La sua interminabile e assoluta gestione politica del potere è però segnata, molto in profondità e spesso fino alle estreme conseguenze, dai veleni della repressione sistematica del dissenso e di molte delle libertà essenziali del suo popolo. Fidel avrebbe potuto agire diversamente? E’ la domanda chiave dell’articolo che abbiamo scelto per segnalare il nostro punto di vista. Lo ha scritto Miguel Benasayag, militante guevarista argentino e severo critico di un’esistenza straordinaria che ha cambiato la storia dell’America Latina e del mondo
di Miguel Benasayag*
Le reazioni di fronte alla morte di Fidel sembrano una caricatura della Divina Commedia: le risate e le lacrime si manifestano quasi sullo stesso volto. Al di là di questa nuova dimostrazione di manicheismo, come sempre è accaduto nell’eccessivamente lungo regnare di Fidel Castro, in América Latina c’è anche un altro punto di vista sulla morte del “lider maximo”. Questa diversa prospettiva è quella che oggi si domanda: cosa può conservare la sinistra della storia e dell’azione di Fidel?
Per prima cosa, alcuni fatti.
Dobbiamo ricordare che la rivoluzione di Castro è stata la prima e l’unica a non essere schiacciata dagli Stati Uniti. Al giorno d’oggi abbiamo già dimenticato l’infinita lista di democrazie progressiste sacrificate per trent’anni dal governo degli Stati Uniti. Per schiacciarle, oltre agli “aiuti” degli Usa, si è potuto contare con ‘assistenza tecnica ed economica della Francia democratica, che ha inviato i suoi specialisti: i generali della repressione contro l’Algeria hanno formato la lotta contro le insurrezioni latinoamericane. La Escuela de las Américas, a Panama, è stata tra il 1960 e il 1970, il luogo di transito per gli ufficiali latinoamericani, quello dove venivano istruiti ai metodi della repressione e della guerra “contro i sovversivi”,

Ma..premetto che della storia di Cuba so quanto basta ma non sono per niente una specialista, in più’ non ho esperienza diretta di Cuba nemmeno come turista. Detto questo sono grande ammiratrice di Fidel. L’autore dell’articolo mi sembra un po’ comodo nella sua poltrona a Parigi quando parla di Fidel anche se cerca di essere neutro ” ne festa ne lacrime ” come dice.
Il tono del suo articolo è abbastanza tipico della generazione ” human rights ” quelli che hanno il lusso di non sapere che cosa è’ la fame, o di non sapere che cosa è’ vivere ai margini della sopravvivenza e di dipendere anima e corpo da dei strozzini psicopatici il cui valore è’ solo quello di succhiare quanto sangue possono dalla povera gente per poi buttarla nelle immondizie. Allora mi chiedo, nel tempo del contesto di Cuba ai tempi di Fidel, avrebbe potuto essere ” democratico ” e meno autoritario? E guardiamo alla nostra ” democrazia ” oggi dove ci sta portando. Non c’è la repressione con i fucili ma qualche cosa di più sofisticato e potente che è’ quella della repressione o meglio dell’ imposizione unidirezionale del nostro pensiero attraverso la sottile imposizione dall’alto dei troni degli imperatori di wall. Fidel, ha detto ” Se Puede! ” Noi possiamo dire altrettanto dalle nostre poltrone ” democratiche” fatte di “Human Rights” e di ” Political correctness “, Se Puede” ?