Dove siete?
di Mauro Carlo Zanella*
Mi chiamo Mauro e sono un insegnante di scuola primaria.
Insegno da ventotto anni. Ho scelto di fare questo lavoro da giovanissimo (avevo casualmente letto Lettera ad una professoressa il bellissimo testo scritto da Don Lorenzo Milani e dai suoi ragazzi della scuola di Barbiana) e sono soddisfatto di questa scelta.
Ma… da alcuni anni (direi quattro) ho iniziato a soffrire di lunghi e ciclici periodi di depressione: senza una ragione razionalmente apparente e in concomitanza dei mesi invernali, con un brusco cambio dell’umore, tutto mi diventa più difficile e faticosissimo.
Ho sempre continuato a lavorare ma con un profondo senso di inadeguatezza: tutto perde di colore e di sapore; i profumi della vita svaniscono. Per mesi sopravvivo cercando di fare al meglio il mio dovere con l’angoscia di non uscire da un tunnel senza luce. Cerco di farmi forza, cerco disperatamente aiuto, mi curo e vado avanti fino a che, repentine e improvvise, tornano la voglia di vivere, le soddisfazioni nel lavoro, la speranza nel futuro, la gioia delle piccole soddisfazioni quotidiane.
Tutto cambia e tutto torna ad avere un senso, un significato, uno scopo. Il timore più grande è quello di non riuscire più a lavorare perché questo nostro lavoro richiede quotidianamente grande energia.
Leggo che la sindrome ansioso-depressiva taglia ogni anno le gambe a centinaia di colleghi, che diventano inidonei all’insegnamento. Il fenomeno è in crescita: le crescenti difficoltà economiche, la flessibilità che ha imposto modalità di lavoro sempre più pesanti con bambini sempre più difficili, la considerazione sociale che cala, i tempi della pensione che si allontanano a ritmi impensabili (in trent’anni si è passati dai quattordici anni sei mesi e un giorno ai sessantasette anni di età…) e la prospettiva è quella di passare da uno stipendio da fame ad una pensione oltremodo decurtata.
Si riesce a vivere consumando risorse lasciateci dai sacrifici delle generazioni passate altrimenti sarebbe pressoché impossibile comprare una casa in una città come Roma.
Questo è un lavoro nobile che può dare grandi soddisfazioni ma che può diventare fortemente usurante soprattutto se si è costretti a farlo oltre le proprie forze.
Ringrazio la pazienza delle colleghe straordinarie con cui lavoro e quella dei genitori, ma mi sento in diritto di puntare il dito contro chi in questi anni ha massacrato la scuola pubblica, tagliando salari e amputando risorse umane ed economiche.
I nostri figli meritano una scuola di alta qualità ma questa possibilità si basa ormai sempre di più sulla buona volontà e sullo spirito di sacrificio di noi insegnanti… e talvolta le gambe vacillano…
Mauro Carlo Zanella, maestro di scuola elementare, Rsu Flc-Cgil (area programmatica “Il sindacato è un’altra cosa”)
Istituto Comprensivo di Via Crivelli, Roma
La lettera aperta è stata divulgata indirizzandola al preside, ai colleghi insegnanti, a tutti i genitori delle mie classi (una quinta e due prime) al Dirigente Scolastico, al DSGA, agli applicati di segreteria, al personale ausiliario, alle AEC (Assistenti Educativi Culturali) ai lavoratori delle mense e delle pulizie (multiservizi) e a tutti coloro che a vario titolo lavorano nella mia scuola (pre e post scuola, teatro, musica, progetti di educazione motoria.
E’ stata una vera follia, ma la solidarietà mi ha commosso e credo che fare coming out rispetto al disagio psichico sia terapeuticamente efficace. C’è pure chi, sorpreso, mi ha scritto: non si preoccupi maestro Mauro i bambini sono contenti e noi non ci eravamo accorti di nulla…
Ieri la lettera è stata protocollata vedremo: non ho più paura di una possibile visita medico-collegiale…
Mauro (per sempre e diversamente maestro)
* Questa lettera è stata diffusa da @Università popolare “Antonio Gramsci”, compagna di strada di Comune, e pubblicata dal manifesto (che ringraziamo insieme a Mauro).
DA LEGGERE
Un documentario discusso in tutto il mondo: trasformiamo l’apprendimento
Il vero significato dell’istruzione
Noam Chomsky | Apprendere non significa superare un test. L’istruzione è indagare e creare
No Sav, Scuola ad alta velocità
Franco Lorenzoni | Proposte per una scuola nuova. La prima? Rallentare e volare in alto
Ho letto con attenzione ed una certa trepidazione la lettera del collega Mauro. Comprendo il suo malessere (sono insegnante anch’io) e condivido la sua critica a chi ha voluto e attuato il massacro della scuola in questi anni. Proprio perchè la scuola e gli insegnanti sono stati massacrati, però, ritengo che non dobbiamo regalare a questa gentaglia anche la nostra salute, e che dobbiamo fare di tutto per riconquistare il nostro equilibrio e la nostra speranza. In questi tempi bui, mantenere la capacità di costruire e trasmettere speranza mi sembra una azione rivoluzionaria.
http://lalberodimelograno.tumblr.com/post/55339145772/la-cosa-piu-rivoluzionaria-oggi-e-mantenere
Anche io sono un’insegnante e amo insegnare, ma condivido pienamente quello che dici… la scuola non funziona! E i ragazzi, sempre più ‘difficili’ avrebbero bisogno di ‘ALTRO’, altri modelli, altri valori, altro di tutto! Io, per quel che può servire, ho iniziato da me, dalle mie figlie e dai bimbi delle mie classi… forza Mauro! Cerca in te la voglia e la fantasia per reinventarti se hai scelto di insegnare e sei da tanto nella scuola hai ancora tanto da tirare fuori!
Una collega che tiene duro…
(messaggio inviato via facebook)
Caro collega, io ti capisco. Insegno da 31 anni e sono anch’io stanca e demotivata, per i tuoi stessi motivi. Questa scuola non mi piace più. Troppi oneri e responsabilità, pochi riconoscimenti. Dobbiamo sopperire a tutto, ci viene richiesto di far fronte a tutto, di cui solo noi siamo responsabili: i DSA i BES, i progetti le prove invalsi,i PON, gli Screening nelle classi, i rapporti con il territorio e tannte, tante altre ancora…
Spero di non averti angosciato di più ma penso che paghiamo lo scotto delle nostre ferie estive più lunghe, della pocca credibilità professionale di alcuni, del decadimento sociale, del mancato riconoscimento sociale e istituzionale verso la categoria. Ma che colpa abbiamo noi?
(inviato via fb)
Piena solidarietà
(inviato via fb)
Condivido pienamente e penso sia una predisposizione legata al docente con una reale passione per l’insegnamento.
(inviato via fb)
Ti abbraccio, Mauro.
(inviato via fb)
Condivido in pieno. Ti sono vicina. Mi piacerebbe fare una class action.
(inviato via fb)
Ti comprendo e mi associo.
(inviato via fb)
mah…
(inviato via fb)
Segnalo: http://www.reevo.org
“Un proyecto para aprender, compartir y accionar colectivamente en una comunidad global de educación alternativa”.
(inviato via fb)
Ti capisco e mi trovo d’accordo con Marcella, forza e coraggio ce la farai!
(inviato via fb)
Ci aspettiamo il riconoscimento del nostro ruolo in una società che conferisce alla cultura un’importanza marginale, ma non dobbiamo smettere di illuderci di poter cambiare qualcosa.
(inviata via fb)
Mauro, ti capisco molto bene e ti stimo molto per quello che hai fatto.
(inviato via fb)
Non mollare…
(inviata via fb)
Coraggio! Molti colleghi vivono il tuo disagio. Guarda negli occhi i tuoi alunni lì troverai la forza per continuare la tua missione
(inviato via fb)
Caro collega, ho fatto la precaria per vent’anni e dopo dieci anni di ruolo finalmente sono arrivata ad insegnare nella scuola del paese dove sono nata e cresciuta e dove, da bambina, sognavo di fare la maestra. Questo è il settimo anno e dopo tre volte in cui ho perso il posto (sono rimasta in assegnazione provvisoria) quest’anno lo riperdo per ulteriori sconsiderati tagli. Ho provato a fare altri mestieri ma alla fine, se ci pensi bene, nonostante tutto ciò che è inutile ci ripetiamo, facciamo il lavoro più bello del mondo: vediamo e partecipiamo alla vita che cresce!
Coraggio ce la puoi fare! Tutti noi ce la possiamo fare…e ce la faremo!
(inviato via fb)
“puntare il dito contro chi in questi anni ha massacrato la scuola pubblica”… mi pare che già dica tutto. Lo stress non dipende dal lavoro in sé e per sé che, come dice Maria, è sempre fonte di gratificazione per chi lo esercita con passione, ma da come ci hanno costretto a lavorare, con uno stipendio da fame e scarsa speranza nel futuro.
(inviata via fb)
Però vi invito a non esagerare con queste valutazioni negative, c’è molta gente, anch’essa laureata spesso, che guadagna meno ancora e fa lavori anch’essi stressanti.
(inviata via fb)
Troppo giusto Tomaso! grazie
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Quanti sono i depressi in Italia ? Tantissimi e la DEPRESSIONE CORRODE LA VITA del depresso e pure quella dei familiari che ne sono coinvolti e che può degenerare…
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Sono ad Assisi con i miei alunni di quinta
Oggi Cascata delle Marmore
E visita a San Gemini
Per fortuna la mia depressione é ciclica
E quindi ciclicamente mi molla e risorgo
Oserei dire che ha un andamento dialettico e sempre la sintesi é più alta della tesi di partenza o
Ma ciclicamente mi abbatte la affronto la provo a curare a sconfiggere a circoscrivere a limitarne i danni
Credo che il nostro, sia il lavoro più bello che uno possa desiderare…se la scuola è stata ridotta così…bè la colpa è stata anche nostra…non siamo una categoria unita. L’unica volta che abbiamo scioperato è stato per il “concorsone” per il resto sempre divisi… perché comunque 80 e in meno su uno stipendio fantasma… (dopo l’euro) fa male….
I momenti di sconforto, quando lavori con “materiale umano”, spesso sono tanti perché indirettamente noi viviamo la loro vita che assorbiamo molti sono gli alunni che oggi soffrono…. spesso è l’impotenza di non poterli aiutare che ci fa sentire inadeguati… spesso è anche la cattiveria che vediamo in colleghi…che ci fa riflettere su come siamo indifesi… Forse dovremmo urlare di più ma non con gli alunni ma con gli adulti, che sono coloro che creano il malessere…. adulti che non esitano ad offendere gli alunni, ad essere “cattivi” a voler padroneggiare nei progetti e a voler dettare legge appena si ritrovano un po’ di potere… A non fare il loro lavoro ed a permettersi di criticare il tuo etcetcetc …
Riflettiamoci e vediamo che gli alunni difficili sono così solo perché noi non sappiamo più sorridere… Auguri.
Condivido pienamente, io per natura molto ansiosa, ultimamente soffro di attacchi di panico! sono una precaria anch’io e mi chiedo ogni giorno se amo ancora il mio lavoro!
(inviato via fb)
Condivido, e purtroppo chi ne fa le spese sono i nostri bimbi.
(inviato via fb)
Caro collega non sei il solo… quotidianamente sono a contatto con insegnanti oramai con la sindrome di cui parli e non si rendono conto che forse dovrebbero farsi aiutare sul serio.
Insegnare oggi è una delle missioni più complesse. Auguriamoci di reggere i carichi che cichiedono…
(inviato via fb)
Eccomi di nuovo a casa dopo tre giorni di campo scuola, intensi e divertenti, durante i quali siamo riusciti a costruire una comunita` formata dagli alunni di 4 classi quinte di tre diverse scuole di Roma, dagli insegnanti, dalle Assistenti Educative Culturali, dagli operatori della cooperativa l’aquilone, dagli autisti, dai proprietari e dal personale dell’albergo…
Un Paese come il nostro dovrebbe investire rilevanti risorse per garantire esperienze di questo tipo, che insegnano ad amare il nostro patrimonio culturale, a tutti i bambini con frequenza non episodica.
Invece la fatica e la responsabilità sono principalmente sulle nostre spalle… accettiamo la sfida (fino a che le gambe reggono)…
Un abbraccio a tutti e a ciascuno
Io sono 38anni che insegno ne ho viste e ne vedo di tutti i colori ed é giusto che sia così proprio per questo bosogna essere forti ,mantenere sempre e comunque la calma e non lasciarsi mai sopraffare.Le delusioni si alternano alle soddisfazioni per cui vai avanti con determinazione
(via fb)
Carissimo collega Mauro,
anche io come te soffro di depressione e ansia e questo problema è presnte da diversi anni. Purtroppo il mestiere di insegnante aggrava questo mio stato e non credo di farcela più….ammiro molto chi ha la forza per reagire sempre e affrontare le fatiche quotidiane dell’insegnante ma non tutti ci riescono…..
Carissima Marinella, io credo che più che il mestiere in sé e per sé sia la paura di non farcela (la paura di essere inadeguati a svolgere un compito che riteniamo importante, delicato e fondamentale) che aggrava, in una spirale perversa, la condizione di depressione…
ma se ti poni queste domande allora tu sei un’insegnante valida che crede nel suo lavoro… scrivere come tu hai fatto è un modo di reagire alla depressione.
Guardati intorno, parla, fatti aiutare e se vuoi scrivimi ()…
Chi è depresso non reagisce ma chi prova, faticosamente, a reagire sta sconfiggendo la depressione iniziando a reciderne le radici…
Non sei sola, non siamo soli e tu ce la puoi fare se riuscirai ad imparare a chiedere aiuto vincendo così la “vergogna” per una condizione di cui non siamo certo noi i responsabili… un abbraccio.
Mauro