La quinta e penultima parte dell’analisi di Alberto Castagnola sul Rapporto AR6 degli scienziati che lavorano per l’lpcc (qui trovate le precedenti IV, III, II, I)) tratta della valutazione dei rischi climatici e della pianificazione degli interventi di adattamento a scala globale, regionale e locale. Com’è noto, la valutazione è necessaria quanto complessa perché, ad esempio, i cambiamenti cuasati dall’uomo, inclusi quelli estremi, saranno o amplificati o attenuati dalla variabilità interna, generata da fenomeni che ricorrono più o meno periodicamente come una possibile variazione della Corrente del Golfo o la presenza del Niño. La variabilità interna è stata in gran parte responsabile dell’amplificazione e dell’attenuazione dei cambiamenti causati dall’uomo nelle precipitazioni medie da decennali a multi-decennali osservate in molte regioni terrestri. Il Rapporto dovrà necessariamente continuare dunque a cercare di far emergere i vari aspetti delle relazioni che possono stabilirsi tra i principali fenomeni climatici non dipendenti dai comportamenti umani e e quelli invece indotti principalmente proprio dalle attività umane
Nella quinta parte del Rapporto degli scienziati dell’IPCC inviato ai decisori politici si affronta il tema della valutazione dei rischi climatici e della pianificazione degli interventi di adattamento a scala globale, regionale e locale, cioè si forniscono elementi, risultato di una grande mole di ricerche, per contrastare il deterioramento del clima del pianeta.
In primo luogo si afferma che i fattori naturali e la variabilità interna (che comprende El Niño Southern Oscillation, la variabilità su scala decennale del Pacifico, e la variabilità multidecennale dell’Atlantico attraverso la loro influenza regionale) regoleranno i cambiamenti causati dall’uomo, in particolar modo su scala regionale e a breve temine, ma con effetti minimi sul riscaldamento globale di lungo periodo. Queste modulazioni su scale temporali decennali o multi-decennali sono importanti da considerare nella pianificazione dell’intera gamma di possibili cambiamenti. Il linguaggio è un po’ criptico, ma forse diventerà più chiaro leggendo i punti successivi.
La temperatura superficiale globale registrata storicamente evidenzia che la variabilità su scala decennale ha potenziato e mascherato i cambiamenti sottostanti causati dall’uomo nel lungo termine, e che questa variabilità continuerà in futuro. Per esempio, la variabilità interna su scala decennale e le variazioni dei driver solari e vulcanici hanno parzialmente mascherato il riscaldamento globale e superficiale causato dall’uomo nel periodo 1998-2012, con distinzioni regionali e stagionali pronunciate.
In nota viene chiarito il termine “driver”, (CID) cioè le condizioni fisiche o le caratteristiche del sistema climatico (ad esempio medie, eventi, eventi estremi) che influenzano un elemento della società o degli ecosistemi. In parole molto più povere, una variazione della Corrente del Golfo o la presenza del Niño (che porta più caldo, o della Niña, che porta più freddo, influisce o tempera la situazione climatica di intere regioni, però nel contempo rende più difficile capire fino in fondo quali siano stati gli effetti sul clima dei comportamenti umani. Il rapporto dice in pratica che fenomeni che non si verificano tutti gli anni, possono da un lato influire e dall’altro mascherare gli effetti delle attività umane. Però afferma anche che tali fenomeni devono essere tenuti presenti quando si cerca di mettere in opera fattori di contrasto delle emissini dannose prodotte dagli esseri umani. Per questo nella nota (la numero sette) il testo afferma che a seconda della tolleranza del sistema climatico complessivo, i CID e i loro cambiamenti possono essere dannosi, benefici, neutri o un misto di queste tre caratteristiche, a seconda degli elementi che compongono il sistema e delle regioni con cui interagiscono.
D’altra parte, continua il rapporto, il riscaldamento del sistema climatico è continuato durante il periodo sopra indicato e ciò si riflette nel continuo riscaldamento dell’oceano e nell’aumento di estremi caldi nelle aree continentali. Secondo gli scienziati se ne possono trarre alcune indicazioni. I cambiamenti causati dall’uomo previsti nelle condizioni climatiche medie e nei driver di impatto climatico (CID), inclusi gli estremi, saranno o amplificati o attenuati dalla variabilità interna, cioè dai fenomeni sopra indicati. Un raffreddamento a breve termine, in qualsiasi luogo, sarebbe consistente con l’aumento della temperatura superficiale globale dovuto all’influenza umana. E ancora, la variabilità interna è stata in gran parte responsabile dell’amplificazione e dell’attenuazione dei cambiamenti causati dall’uomo nelle precipitazioni medie da decennali a multi-decennali osservate in molte regioni terrestri. Il rapporto quindi continua a cercare di far emergere i vari aspetti delle relazioni che possono stabilirsi tra i principali fenomeni climatici non dipendenti dai comportamenti umani e e quelli invece indotti principalmente dalle attività umane.
Come sottolineato, molteplici sono le forme e assunte da queste interrelazioni e molto diversi possono essere i risultati concreti e soprattutto molto variabili a seconda delle regioni coinvolte. Poi invece ricorda un tipo di evento completamente indipendente dall’influenza umana, e afferma che sulla base delle evidenze paleoclimatiche e storiche, è probabile che nel corso di questo secolo si verifichi almeno una grande eruzione vulcanica esplosiva. Tale esplosione ridurrebbe la temperatura superficiale globale e le precipitazioni, specialmente sulla terraferma, per uno-tre anni, altererebbe la circolazione monsonica globale modificherebbe le precipitazioni estreme e cambierebbe molti CID.
Tale evento andrebbe a mascherare temporaneamente e parzialmente il cambiamento climatico causato dall’uomo. In pratica, dal testo sembra si possano dedurre solo delle indicazioni di larga massima sulle interrelazioni dei due ordini di fenomeni nel corso del secolo. In termini di pianificazione degli interventi sembra si possa concludere che le strategie di intervento, per essere definite, avranno dei margini di variabilità piuttosto ampi, ma non dovranno dimenticare di inserire nelle previsioni anche alcuni eventi di portata e frequenza eccezionali, accantonando delle risorse tali da poter affronare delle situazioni completamente imprevedibili, ma che sicuramente si verificheranno, anche se non sapremo mai quando in anticipo. Infatti questo sembra essere il significato sostanziale di questa parte del testo: “Con un ulteriore riscaldamento globale si prevede che ogni regione sperimenterà sempre più cambiamenti concomitanti e multipli negli eventi climatici capaci di generare un impatto su società ed ecosistemi (CID). Questi sarebbero più diffusi a 2° C rispetto che a 1,5° C e ancora più diffusi e/o pronunciati per livelli di riscaldamento più elevati”.
Il testo fornisce poi ulteriori dettagli, che rappresentano in reale contributo degli scienziati alle scelte che necessariamente i governi dovranno assumere, nella speranza che lo facciano in tempo, prima dei fenomeni irreversibili. In tutte le regioni si prevede un ulteriore aumento dei Cid caldi e una diminuizione di CID freddi. Ulteriori sono previste nel permafrost, nella neve, nei ghiacci e nelle calotte glaciali, nei laghi e nel ghiacio marino artico e questi cambiamenti saranno maggiori con un riscaldamento globale di 2° C rispetto che a 1,5° C. Ad esempio, si prevede che soglie critiche di caldo per l’agricoltura e la salute saranno superate più frequentemente a livelli più alti di riscaldamento globale.
Nei punti successivi, gli scienziati si rivelano molto realistici e su posizioni analitiche avanzate. Con un riscaldamento globale di 1,5 C si prevede che le precipitazioni forti e le relative inondazioni si intensificheranno e saranno più frequenti nella maggior parte dell’Africa, Asia, Nord America ed Europa. Inoltre si prevedono delle siccità agricole ed ecologiche più frequenti e/o gravi in alcune regioni di tutti i continenti, tranne l’Asia. Con un riscaldamento globale di 2°C e oltre, gli eventi siccitosi e le forti precipitazioni aumenteranno e saranno più intensi rispetto a quanto succederà per un aumento della temperatura globale a 1,5 C. Si prevede che le forti precipitazioni e gli eventi alluvionali diventeranno più intensi e frequenti nelle isole del pacifico, in molte regioni del Nord America e dell’Europa e in alcune regioni dell’Australasia e dell’America centrale e meridionale. In diverse regioni dell’Africa, del Sud America e dell’Europa si prevede un aumento della frequenza e/o gravità delle siccità agricole ed ecologiche; aumenti sono previsti anche in Australasia, in America centrale e del nord e nei Caraibi. Si prevede che le precipitazioni medie aumentino in tutte le regioni polari, nel Nord Europa e nel Nord America, nella maggior parte delle regioni asiatiche e in due regioni del Sud America purtroppo non specificate. Cambiamenti specifici in alcune regioni includono l’intensificazione dei cicloni tropicali e/o delle tempeste extra tropicali, l’aumento delle inondazioni fluviali , la riduzione delle precipitazioni medie e l’aumento dell’aridità e degli incendi. L’innalzamento medio regionale del livello del mare continuerà per tutto il 21° secolo, eccetto in poche regioni che hanno sostanziali tassi di sollevamento geologico del terreno. (Una lista di queste zone sarebbe stata molto interessante).
A causa dell’innalzamento relativo del livello del mare, si prevede che entro il 2100 eventi estremi che nel recente passato si verificavano una volta ogni 100 anni, si verificheranno annualmente in più della metà delle località di misurazione delle maree. L’innalzamento relativo del livello del mare contribuisce all’aumento della frequenza della gravità delle inondazioni costiere alle quote più basse e all’erosione costiera lungo la maggior parte delle coste sabbiose. Infine, le città intensificano il riscaldamento indotto dall’uomo a livello locale e un’ulteriore urbanizzazione, insieme a temperature estreme più frequenti, aumenterà la gravità delle ondate di calore. L’urbanizzazione aumenta anche le precipitazioni medie e intense, e la conseguente intensità di deflusso. Nelle città costiere, la combinazione di eventi estremi più frequenti a livello del mare e di eventi estremi di pioggia /deflusso dei fiumi renenderà più probabili le inondazioni.
Quest’ultima parte del Rapporto, che pure non entra in troppi dettagli, sembra essere una analisi puttosto realistica della situazione che si realizzerà nell’immediato futuro. Ma si può solo sperare che un numero sufficiente di Stati accetti questa visione e costringa l’IPCC ad adottare misure adeguate.
Queste le letture consigliate:
Ugo Bardi, La Terra svuotata, il futuro dell’uomo dopo l’esaurimento dei minerali, Editori Riuniti, Roma 2011 Ian Angus, Anthropocene, capitalismo fossile e crisi del sistema Terra, Asterios,
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