Faremo fuoco con tutte le polveri. Il lessico del generale Figliuolo continua a non lasciar dubbi. Al di là del curriculum (comandante dei “nostri” in Afghanistan e delle forze Nato in Kosovo) dell’uomo che “ama il fango sugli anfibi”, secondo una significativa definizione del Corriere della Sera, è ancora il linguaggio a definire il campo informativo e percettivo della comunicazione. Il lessico militaresco, la chiamata alle armi contro il “nemico comune”, indicano la metafora più potente (e apparentemente fondata) per caratterizzare lo scenario bellico, quello in cui la verità è semplificata e non c’è spazio per dubbi, dissensi o critiche: il popolo si mette in marcia compatto dietro i suoi leader, il paese è chiamato a un combattimento epocale, l’esitazione diventa codardia o diserzione, gli ordini e le gerarchie non si discutono. D’altra parte, che ci trovassimo di fronte a qualcosa di simile a una “guerra mondiale” ma “tutti dalla stessa parte”, lo aveva già detto Bill Gates, che militare non è ma che, come grande stratega della manipolazione e dell’onnipotenza delle tecnologie, non è certo secondo a nessuno. Il modello più efficace di risposta alle crisi infettive è “un’organizzazione in stile Nato”, aggiunge M.T. Osterholm, epidemiologo Usa di fama mondiale e autore di uno dei libri che oggi vanno per la maggiore anche in Italia: “La parte più difficile potrebbe rivelarsi tenere la politica fuori dalla porta. (…) Come nazione dobbiamo accordare a chi ci guida risorse e potere decisionale, così come accade nella struttura di comando militare”. E tenere la politica fuori della porta è, malgrado le apparenze della compagine governativa, uno degli obiettivi del governo Draghi, che potrebbe essere definito il primo dei governi di quel Grande Reset che verrà formalizzato nel prossimo maggio a Singapore dalla Conferenza straordinaria del World Economic Forum. Aldo Zanchetta traccia uno dei profili chiave della grande campagna vaccinale di primavera che, proprio in questi giorni, sta mostrando tutta la fallacia dell’inseguimento acritico e forsennato di un mito della sicurezza che mette all’indice la consapevolezza della nostra vulnerabilità trattandola come polvere da nascondere sotto il tappeto. Ne pagheremo, tutti, le conseguenze a lungo termine
La nomina del generale Figliuolo come Commissario straordinario per l’emergenza Covid-19 è stata significativa da molti punti di vista: connessa da un lato con la narrazione della pandemia come guerra mondiale a un nuovo nemico feroce e inafferrabile, il virus Sars.CoV.2, anticipa come cambierà la strategia su uno dei fronti più disastrati, quello italiano. E la necessità di un nuovo nemico da combattere, tutti dalla stessa parte per quanto possibile, sembra una necessità alla quale il ‘sistema’, per la sua stabilità, non può derogare.
Che siamo di fronte a una nuova ‘grande guerra’ lo aveva annunciato nell’aprile del 2020, poco dopo la dichiarazione della pandemia, il grande teorico della lotta ai virus presenti e futuri, Bill Gates, che da poco aveva lasciato gli ultimi incarichi ancora ricoperti in Microsoft per dedicarsi a tempo pieno alle ‘truppe scelte’ da lui predisposte: la Fondazione Bill&Melinda Gates, la Cepi (The Coalition for Epidemic Preparedness Innovations) e la Gavi (The Vaccine Alliance). Il documento, della massima importanza per capire come si sta gestendo l’emergenza, ha come titolo: “Innovazione contro coronavirus – La prima pandemia moderna”, e inizia così: “La pandemia di coronavirus mette tutta l’umanità contro il virus. I danni alla salute, alla ricchezza e al benessere sono già stati enormi. È come una guerra mondiale, tranne che in questo caso, siamo tutti dalla stessa parte” (corsivo nostro). La retorica della guerra, o quella di uno dei ‘più grandi disastri della storia moderna’, come in alternativa viene evocato l’evento, è riecheggiata anche in molti discorsi di capi di Stato – Macron in primis – ed è esplosa nei media diffondendo un’ondata di paura.
Uno degli ultimi libri pubblicati in Italia sui virus ha per titolo “Il nostro peggior nemico. Come vincere la battaglia contro malattie infettive ed epidemie“. Un secondo sottotitolo informa: “Un epidemiologo americano di fama mondale condivide la sua esperienza dal fronte della guerra alla malattia infettive e spiega come prepararsi alle epidemie che possono sfidare l’ordine mondiale“. Verso la conclusione del ponderoso scritto, l’autore (M.T. Osterholm) fornisce la sua ricetta: “Dal confronto con numerosi esperti di ogni ambito della salute pubblica e della governance nazionale e internazionale abbiamo tratto la conclusione che il modello più efficace di risposta alle crisi infettive sarebbe rappresentato da un’organizzazione in stile NATO basata su un patto tra le nazioni membre che dovrebbero preallocare risorse, personale e sostegno economico in modo da consentire all’organizzazione di essere operativa non appena la minaccia si palesa. La parte più difficile potrebbe rivelarsi tenere la politica fuori dalla porta. (…) Come nazione dobbiamo accordare a chi ci guida risorse e potere decisionale, così come accade nella struttura di comando militare (Ostherholm e Holshacker, 2017, pp. 378-379) (l’enfasi è nostra).
Già Ivan Illich nel 1976 , nel libro Nemesi medica, aveva evocato il rischio di una società pandemica sottoposta al controllo della corporazione medica, nonché il rischio che questa, inebriata dai suoi ‘successi’ decidesse di sottoporre tutta l’umanità ai suoi esperimenti. Ma non aveva forse intuito il rischio di una alleanza coi militari.
“Tenere la politica fuori della porta” è, accanto al contrasto al virus, uno degli obiettivi del governo Draghi, che potrebbe essere definito il primo dei governi del Grande Reset, che verrà formalizzato nel prossimo maggio a Singapore dalla Conferenza straordinaria del World Economic Forum. Come è noto, il Grande Reset ha anche un altro enunciato, quello di IV Rivoluzione industriale, che è basata su tre grandi innovazioni epocali: l’Intelligenza artificiale, la Robotica e le Nanotecnologie. Ci si è interrogati sulla logica con cui Draghi ha costituito il suo governo e, in particolare, sulle esperienze scientifiche del poco conosciuto ministro della Transizione Ecologica, Roberto Cingolani. Ebbene, nel suo curriculum emergono per l’appunto competenze relative alle nanotecnologie, mentre un altro nome pure non molto noto ai più, quello di Vittorio Colao, aveva già fatto capolino nella politica come responsabile della task force dei 17 esperti cui era stato datto mandato di elaborare il piano per il rilancio della Fase 2 dopo il primo lockdown. Colao aveva taciuto però un pesante conflitto di interesse costituito dall’essere stato, dal 2008 al 2018, amministratore delegato di Vodafone Europa e, dal 2019, membro del Board of Directors della società di telefonia wireless Verizon, seconda società mondiale di telecomunicazioni per fatturato dopo AT&T. Un conflitto di interesse più che evidente, dato che l’ulteriore digitalizzazione delle comunicazioni è anche nodo centrale, con il discusso 5G, della IV rivoluzione industriale. Questi i nomi che contano nel nuovo governo: il resto sono poco più che comparse.
Tornando alla pandemia, la strategia disegnata (ma anche resa operativa) da Bill Gates è incentrata sui vaccini, di vecchio ma soprattutto di nuovo tipo, nei quali Gates afferma di nutrire particolare fiducia. Fra questi in particolare quelli a vettore virale, mRNA, che descrive così:
Un vaccino a RNA è significativamente diverso da un vaccino convenzionale. Una dose contro l’influenza, ad esempio, contiene pezzi del virus influenzale che il sistema immunitario del tuo corpo impara ad attaccare. Questo è ciò che ti dà l’immunità. Con un vaccino a RNA, piuttosto che iniettare frammenti del virus, si dà al corpo il codice genetico necessario per produrre molte copie di questi frammenti. Quando il sistema immunitario vede i frammenti virali, impara come attaccarli. Un vaccino a RNA trasforma essenzialmente il tuo corpo nella propria unità di produzione di vaccini.
Nel suo documento, Gates aveva affermato che sono oltre 200 le società farmaceutiche impegnate a ricercare il killer della pandemia e aveva precisato che “più di 100 gruppi stanno lavorando sui trattamenti e altri 100 sui vaccini“. Il discorso sui “trattamenti”, che in altro punto sembrano essere di 5 tipologie differenti, dopo essere stato accennato scivola però via per lasciare spazio alla sola parola ‘vaccini’, che li accomuna tutti sotto una dizione più accattivante: in effetti è più rassicurante sottoporsi a una vaccinazione, terapia nota da tempo e avente un sapore ‘salvifico’, che non a una innovativa “terapia genetica” sperimentata in fretta e furia, anche se Gates assicura che i progressi della biotecnologia in questi ultimi anni sono stati tali che consentono di elaborare vaccini sicuri in meno di due anni, mentre una volta essi andavano testati per non meno di 10 anni.
Naturalmente Gates, da scienziato che ci tiene ad apparire corretto, dice di aver preso in esame le terapie disponibili e di averle vagliate con cura, ma finge soltanto di dare credito ad alcune di esse per ritirarlo subito dopo:
Se nella primavera del 2021 le persone andranno a grandi eventi pubblici, come una partita o un concerto in uno stadio, sarà perché abbiamo un trattamento miracoloso che ha fatto sentire le persone sicure di uscire di nuovo. (…) Abbiamo bisogno di un trattamento efficace al 95% (…). Sebbene sia possibile che una combinazione di trattamenti abbia un’efficacia superiore al 95%, ciò non è probabile, quindi non possiamo contarci. Se i nostri migliori trattamenti riducono i decessi meno del 95%, avremo ancora bisogno di un vaccino prima di poter tornare alla normalità.
Sgomberato il terreno dai dubbi che il problema possa essere affrontato senza i vaccini, Gates giunge a conclusione:
L’obiettivo è scegliere uno o due migliori costrutti di vaccino e vaccinare il mondo intero – cioè 7 miliardi di dosi, se si tratta di un vaccino monodose, e 14 miliardi se si tratta di un vaccino a due dosi. Il mondo avrà fretta di ottenerli, quindi la portata della produzione sarà senza precedenti e probabilmente dovrà coinvolgere più aziende.
Qui facciamo tappa per oggi, terminando con una considerazione provvisoria. Oggi, 10 mesi dopo lo scritto di Gates e 15 dall’inizio della pandemia, la costruzione di Gates traballa, anzi per certi aspetti è già smentita. Ma l’obiettivo è stato colto: aprire un grande mercato per i vaccini vecchi e nuovi in modo che ci sia trippa per tutti quelli che fra gli oltre 200 riusciranno ad arrivare in porto.
Certo, c’è voluto qualche trucco semantico: ad esempio i vaccini Pfizer-BionTec, Moderna e Astra-Zeneca sono vaccini di nome ma non di fatto eppure, per uno degli arcani misteri, portano la scritta ‘vaccino’ sulle fiale ma non hanno potuto essere registrati come vaccini perché non soddisfano alla definizione di vaccino, che è terapia medica che garantisce l’immunità dal virus per cui è stato creato.
Altre sottigliezze semantiche hanno aiutato. Una è l’’efficacia’ dichiarata al 95%. Diffondendo il valore straordinariamente alto dell’efficacia, i due primi produttori citati hanno commesso una dimenticanza: non hanno precisato che trattasi di ‘efficacia relativa’, che è ben diversa da quella assoluta e quello che stupisce è che commentatori anche informati continuano a usare la parola senza ulteriore precisazione. Per il terzo, il discorso è più vago. Un’altra sbadataggine semantica riguarda la parola “approvazione” applicata ai tre vaccini. Ma essi non sono stati “approvati” da nessuna istituzione a ciò preposta, ma solo “autorizzati” alla somministrazione sotto controllo pubblico, e solo per un anno, data la situazione di emergenza. Infatti, i risultati finali delle prove di classe III verranno consegnati alle autorità preposte all’approvazione solo il 31 gennaio 2023 nel caso Pfizer-BionTec e il 27 ottobre 2022 per Moderna.
Anche molte altre ‘narrazioni’ largamente diffuse traballano, a partire dal modulo informativo che deve essere firmato al momento del ‘consenso informato’ che precede la ‘vaccinazione non vaccinazione’. Un ultimo dettaglio: il ‘vaccino’ Astra-Zeneca è stato autorizzato in Europa dall’EMA, l’autorità competente, ma non ancora negli Stati Uniti, per carenze nella documentazione. Quindi la sua credibilità è in discussione, e chi va a vaccinarsi non sa quale gli toccherà. Per oggi può bastare?
Donato dice
È arrivata l’ora di fare resistenza
Aldo Zanchetta dice
Grazie Donato. Jacques Ellul, personaggio forse a molti ignoto, in anni ormai lontani aveva scritto che “solo un sussulto di libertà” ci avrebbe salvati. Se non ora, quando?
Aldo
hans drager dice
Sembra proprio che Aldo Zanchetta, dopo una più attenta rilettura di Illich trovi ora corretta la sua osservazione che è proprio la medicina stessa ad essere la più grande epidemia, anche se lui nella sua risposta al mio commento al suo articolo “Rileggere Illich”, prima parte, in cui gli facevo notare questa affermazione di Illich, la respingeva come “posizione negazionista estrema” (vedi: Rileggere Illich – Comune-info (comune-info.net).
Tuttavia egli deve ancora una risposta sia a me che ai lettori al mio ulteriore commento al suo articolo successivo Rileggere Illich, seconda parte (vedi: Rileggere Illich. II parte – Comune-info (comune-info.net) in cui gli chiedevo che cosa fosse cambiato da quando, 45 anni fa, Illich fece la sua diagnosi circa la medicina come disastro per l’umanità (nemesi medica).
Allo stesso modo deve a me e ai suoi lettori una risposta anche al mio avviso che una soluzione PRATICA esiste dal 1970 e continua a esistere fino ad oggi: Il Collettivo Socialista di Pazienti – Fronte di Pazienti (SPK / PF). Una soluzione pratica che è documentata, tra l’altro, anche nel libro SPK – FARE DELLA MALATTIA UN’ ARMA (lo troverete nella vasta biblioteca di scritti specificati all’ anticipazione del genere umano che finora non esiste ancora sul sito multilinguale dell’SPK/PF(H)).
In una mail a me si era scusato dicendo che stava lavorando alla preparazione di un libro su Illich, e aveva promesso che si sarebbe occupato della teoria e della pratica rivoluzionaria della malattia dell’ SPK/PF(H) non appena fosse finito quel lavoro. Ancora sto aspettando.
Dunque, se l’osservazione di Illich che è proprio la medicina a essere la più grande epidemia, è vera, chiedo se soffermarsi sul ruolo di un generale della logistica chiamato a combattere la “pandemia” non è una perdita di tempo che serve solo a distrarre dalla responsabilità principale della classe medica anche per questa “pandemia”?
Che ci sia un’uguaglianza strutturale tra la medicina e l’esercito era stato sottolineato già 45 anni fa dal fondatore del Collettivo Socialista di Pazienti e del Fronte di Pazienti, Wolfgang Huber, nelle sue note al Grundriss der Medizingeschichte (Elementi di storia della medicina). Se siete interessati a saperne di più leggete il testo (in tedesco e in inglese) sul sito dell’SPK/PF(H).
Del resto non è un segreto che il responsabile della strategia anti-covid negli Stati Uniti, l’attuale consigliere principale del Presidente Biden, Anthony Fauci, un immunologo e il direttore degli Instituti Sanitari Nazionali degli USA, a partire dal 2003, prima con Bush, poi con Obama, infine con Trump, ha diretto programmi di biodifesa (Bioshield) in cui si manipolavano virus (anche prelevati in Cina) e ha difeso quei programmi di fronte alla protesta di centinaia di scienziati che sostenevano che quei fondi dovevano essere impiegati altrove (vedi https://comune-info.net/le-origini-del-virus-restano-oscure/ ).
Quindi quello che sta succedendo in questo momento, più precisamente dagli ultimi 15 mesi, in tutto il mondo – e guardate bene: non è una “sbadataggine semantica” – non è altro che una guerra iatrobiontica, volta a stabilire una dittatura medica, una Iatrocrazia su scale mondiale.
Concludo con la prospettiva strategica data dal Paziente del Fronte Wolfgang Huber nel suo scritto La Iatrocrazia su scale mondiale:
I MEDICI DEVONO SCOMPARIRE DEL TUTTO /
E IL CAPITALE NON SI METTERA PIU IN SALVO /
DOPO DI CIO DELLE SOLUZIONI SI POSSONO TROVARE PER TUTTO
Aldo Zanchetta dice
Gentile Hans Drager
l’età mi rende debole la memoria ma non mi pare di averle allora respinto la sua posizione come “posizione negazionista estrema”. In quanto alla mancata risposta alla domanda che cosa è cambiato mi pare che quanto avevo scritto era già una risposta. Sarò chiaro: non mi interessa diaogare in questo modo aggressivo e mi auguro che lei lo comrenda. Aldo Zanchetta
hans drager dice
Gentile signor Zanchetta,
Oggetto: “modo aggressivo”.
Non capisco come lei possa vedere nel mio commento un attacco personale contro di lei. Al fine di chiarire eventuali malintesi, pubblico qui la vostra mail a me datata 11.12.2021:
“Egr. G. Drager,
“… Ho ho letto alcune cose del vostro sito che andrebbero approfondite per una loro esatta comprensione ma al momento sono impegnato nel terminare un libro che devo consegnare a fine mese all’editore. Ho comunque aperto una cartella e mi riprometto tornare sull’argomento appena mi sarà possibile.
Cordialmente
Aldo Zanchetta”
Nella speranza che possiate trovare un approccio alla teoria e alla pratica rivoluzionaria del Collettivo Socialista dei Pazienti e del PatientEnfront.
Hans Drager