Mettersi alla ricerca è una postura fondamentale per creare mondi nuovi, ma prima di tutto per apprendere. Si tratta di rompere con l’idea gerarchica e astratta che si impara trasferendo saperi. Mai come oggi, per metterci alla ricerca, abbiamo bisogno di tante domande di cui non conosciamo le risposte e forse neanche esistono, domande come quelle poste ovunque da Danilo Dolci, straordinario maestro del chiedere e dell’indagare per andare oltre l’apparente

Esistono tanti tipi di domande. Le domande maieutiche sono quelle che vengono poste per conoscere qualcosa che non si conosce, non per controllare il sapere. Per questo sono domande generative, così come dice il termine stesso che le definisce. Si muovono nel senso dell’indagine, mirano ad andare oltre, alla ricerca di ciò che non è noto dentro e fuori di noi, e che finora resta velato dalle tradizioni, dalla consuetudine e dagli stereotipi. Sono occasioni per costruire percorsi di apprendimento aperti e sostenibili.
Le domande maieutiche hanno queste caratteristiche: sono domande legittime (chi le pone non conosce la risposta); di interesse (sviluppano conoscenza); di problematizzazione (aprono punti di vista e scenari di cono scenza che possono risultare inediti).
Viceversa, le domande di controllo si basano sulla prevedibilità e la tendenziosità, sono fatte per avere conferma e vogliono una «risposta esatta» su cui successivamente l’alunno sarà giudicato: okay se la risposta è giusta; stop se la risposta non coincide con la correttezza effettiva o presunta.
L’apprendimento non è una questione di risposte esatte, ma di capacità applicative, cioè di saper usare le conoscenze in un contesto operativo, concreto, reale.
Cosa accade quando apprendiamo?
«Maieutica» è una parola antica, che in greco, associata alla parola téchne, significava «arte dell’ostetricia», quell’impasto di conoscenze teoriche e pratiche delle donne che facevano nascere i bambini. Fu appunto il filosofo Socrate a rendere famosa la maieutica. Prendendo a prestito il termine dal lavoro della levatrice lo applicò alla conoscenza.
Come facciamo a imparare? Che accade quando impariamo qualcosa di nuovo? Qual è il ruolo del maestro? Socrate sosteneva che nessuno può insegnarci niente. Tutto quello che possiamo imparare dipende da due elementi: il primo sta nel riconoscere i nostri limiti e le nostre effettive possibilità, liberandoci dalla convinzione di sapere tutto e ammettendo che «sappiamo di non sapere». Il secondo consiste invece nel mettersi alla ricerca. La conoscenza è un movimento, un’azione della persona che si pone alla ricerca della verità, che può essere solo personale. Nessun altro può consegnarcela già pronta.
L’aspetto molto interessante di questa prospettiva è che sposta l’attenzione dal maestro all’allievo. Imparare non significa ricevere e fare mio un sapere che qualcun altro mi sta trasferendo, ma piuttosto impegnarmi in un processo che fa «nascere», «venir fuori», la conoscenza da me stesso e dal mio impegno.
E il maestro? Non è colui che sa qual è la verità e me la insegna, ma chi, come un’ostetrica, possiede la maieutiké téchne, sa cioè che cosa fare per creare le condizioni migliori della mia crescita.
Qual è il tuo sogno?
Ho elaborato il metodo maieutico partendo da un grande maestro: Danilo Dolci, che ho conosciuto per la prima volta nel settembre del 1982. Con altri giovani avevo fondato una Casa accoglienza a Piacenza, sfruttando il periodo del servizio civile. Una sera di fine agosto alcuni amici di Parma ci chiamarono perché Danilo Dolci avrebbe tenuto una serata pubblica nella loro città. Prima, nel pomeriggio, desiderava incontrare ragazzi impegnati in ambito sociale ed educativo. Partecipammo all’incontro con una certa apprensione, consapevoli di trovarci davanti a una figura molto importante della storia italiana. La sorpresa fu che quel pomeriggio, anziché parlare e farci il classico sermone da guru, Dolci ci fece mettere in cerchio e chiese a ciascuno di noi di raccontare la sua esperienza. Eravamo una ventina e parlammo tutti. Ascoltava e prendeva appunti. Parlai della nostra Casa accoglienza e il progetto lo colpì molto. Di lì a pochi giorni venne a trovarci proprio a Piacenza, accompagnato dal suo storico collaboratore Franco Alasia. Fu l’inizio di una lunga collaborazione.
Danilo Dolci incentrava tutta la sua azione sul chiedere, sull’esplorare, sull’indagare nel tentativo di andare oltre l’apparente. Per questo era un maestro nell’arte di utilizzare in maniera maieutica le domande. Un esempio fra tanti: nell’ultima parte della sua vita, Danilo girava le scuole d’Italia incontrando i ragazzi nelle classi. Dopo averli fatti mettere in cerchio, chiedeva a ciascuno: «Qual è il tuo sogno?». Quella domanda innescava nei ragazzi un’autoriflessione, un confronto interno. Emergevano stati d’animo, sentimenti, si facevano scoperte enormi. Superato il primo momento di stupore, i ragazzi aderivano alla sua domanda e si creava un intenso clima emotivo e affettivo di ricerca.
La domanda maieutica è dunque il cuore della proposta di questo mio metodo. Rappresenta un ribaltamento dell’impostazione più comune e usuale, spostando l’asse del lavoro scolastico da una ricerca di conferma, spesso ripetitiva, a un profilo di scuola-laboratorio. La domanda è il motore del processo, perché attiva aree di lavoro che influisco no sull’interesse degli alunni, bambini e ragazzi, spingendoli alla ricerca di risposte che non sono esatte, ma provvisorie e legate a un’ipotesi di lavoro.
Una parte di questo articolo è tratto dal libro di Daniele Novara Cambiare la scuola si può (Bur Rizzoli). Approfondimenti: Centro PsicoPedagogico
L’atto del conoscere parte sempre da una domanda aperta ad una indagine profondamente connessa al nostro mondo interiore che incontra una medesima e profonda esigenza di indagine da parte dell’altro con il quale possiamo rispecchiarci e confrontarci. Grazie per questo prezioso contributo perché ci ricorda che l’atto del conoscere si instaura in un rapporto dinamico, dialogico e comunicativo attraverso l’affettivita’, l’ascolto, il dubbio è la riflessione. Nulla a che vedere con domande orientate al controllo definitivo su ciò che è giusto o sbagliato.