Il tema della violenza maschile contro le donne ha conquistato una visibilità impensabile qualche anno fa. Tuttavia, sappiamo che quella violenza sia nei suoi aspetti palesi – omicidi, stupri, maltrattamenti – che in quelli più evasivi è accompagnata da una narrazione mediatica carica di emozioni e sensazionalismo. È impressionante, per altro, come alcune notizie evaporino con grande velocità. Per imparare a riconoscere i residui del dominio patriarcale e cominciare a capovolgere quella narrazione c’è bisogno di partire da sforzi inediti, ad esempio, interrogare in profondità l’amore. Questo breve quanto intenso contributo di Lea Melandri è una preziosa traccia da utilizzare nelle scuole, nelle università, nei corsi di giornalismo come nelle esperienze di formazione dell’associazionismo di base, nei gruppi interessati ai temi della nonviolenza o nelle associazioni genitori… “Per sapere che cosa è o può essere l’amore – scrive tra l’altro Lea Melandri – dovremmo forse cominciare a vedere con occhi meno appannati la violenza invisibile o manifesta con cui è andato confuso, la preistoria che si porta dietro e che la cultura patriarcale che ne ha fatto una seconda natura…”
Innamoramento e amore. Quante volte li confondiamo! Non ci innamoriamo quasi mai di una “persona” – per quello che è, che dice, che fa, per la sua storia -, ma di una “figura” o “fantasma” che ha radici nel nostro lontano passato, nelle vicende felici o dolorose della nostra infanzia. Coazione a ripetere, replica o ripresa che sia, aperta a nuove soluzioni, l’innamoramento muove sentimenti ambivalenti, contraddittori fin dal suo primo apparire: colpo di fulmine nei suoi diversi significati di illuminazione e oscurità, rivelazione e mistero.
“Gelo, estasi e mestissima libertà”, per usare le parole di Sibilla Aleramo, ma anche travolgimento e confusione, sforzo mentale per conservare alla relazione la sua “sublimità”, e dolorosa consapevolezza che ci coglie impietosa nel constatare la distanza tra il volto che torna ad incantarci e la persona che abbiamo davanti, investita suo malgrado dai richiami del nostro passato.
Le “figure” che tornano a sedurci, si portano dentro quasi sempre un retaggio di storia dolorosa, una richiesta di compimento rimasta aperta, una ferita da riaprire o sanare, raccontano di una drammaturgia familiare mai sepolta dietro la storia che vi è andata sopra. La seduzione che arriva da un volto, da un gesto, dai lineamenti di un corpo, ha il potere di aprire in noi stessi la stessa spaccatura che abbiamo operato sull’altro: passato e presente, fantasma e realtà, figura e persona si contendono, talvolta con grande sofferenza, la padronanza di noi stessi. Non è un caso che la fine dell’illusione porti spesso con sé la ripresa di una forza che credevamo perduta e di una rinnovata capacità creativa.
Non si tratta di sradicare l’amore dai suoi fantasmi familiari, ma di cominciare a riconoscerne la natura immaginaria, liberare lo sguardo dal velo che impedisce di vedere il volto reale di chi abbiamo davanti, l’attrazione dal bisogno di ritrovare in chi abbiamo davanti sagome di una storia che non gli appartiene.
Per sapere che cosa è o può essere l’amore dovremmo forse cominciare a vedere con occhi meno appannati la violenza invisibile o manifesta con cui è andato confuso, la preistoria che si porta dietro e che la cultura patriarcale che ne ha fatto una seconda natura.
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Attraverso libri, incontri e perfino rubriche di “posta del cuore”, Lea Melandri interroga da tempo e a fondo il tema dell’amore, a lungo ignorato anche dai movimenti delle donne. Tra i suoi testi essenziali su questi temi segnaliamo Come nasce il sogno d’amore e Amore e violenza. Il fattore molesto della civiltà, entrambi editi da Bollati Boringhieri, e la La mappa del cuore (Enciclopedia delle donne). Nell’archivio di Comune sono leggibili oltre 150 articoli di Lea Melandri.
Elisabetta Corea dice
Bellissimo questo articolo. Come proseguire l’approfondimento su questo tema? Letture punt di riferimento a Bologna? Grazie
Elisabetta Corea