Il silenzio è sempre di più il grande assente del nostro tempo. Con lo sviluppo tecnologico e il capitalismo gli abbiamo voltato le spalle. Eppure solo attraverso il silenzio possiamo ascoltare con attenzione la parola dell’altro, dunque incontrarlo, e percepire la complessità del mondo che ci circonda
Silenzio, “dal lat. silentium, der. di silens -entis, part. pres. di silēre «tacere, non fare rumore” (Treccani). Il silenzio è il grande assente del nostro tempo. La comunicazione verbale è predominante e domina sopra gli altri linguaggi: dello sguardo, del tatto, dell’olfatto che sono altrettanto significativi. Scrive Jean Arp: “Presto il silenzio diventerà una leggenda. L’uomo ha voltato le spalle al silenzio. Giorno dopo giorno inventa nuove macchine e marchingegni che accrescono il rumore e distraggono l’umanità dall’essenza della Vita, dalla contemplazione e dalla meditazione. Suonare il clacson, urlare, strillare, rimbombare, frantumare, fischiettare, rettificare e trillare rafforza il nostro ego”.
Isabella Micheletti, formatrice Montessori, ci ricorda invece che il silenzio acuisce prima di tutto le nostre sensibilità: “Stando in silenzio non solo possiamo ascoltare con maggiore attenzione la parola dell’altro, e quindi ‘incontrarlo’, ma riusciamo a cogliere profondamente la realtà che ci circonda. Osservare in silenzio i vividi colori di un fiore, le forme di una nuvola in cielo o il mare permette di percepirne la ricchezza di sfumature: il rosso speciale della corolla, l’oggetto evocato dalla forma della nuvola, l’odore salmastro rilasciato dalla schiuma bianca delle onde. Il silenzio favorisce l’osservazione, la percezione del mondo circostante, la sensibilità al suono e l’ascolto di sé stessi”.
Del silenzio ho esperienze positive e angoscianti. Il deserto, che vedo citato su Comune – Silenzio di Emilia De Rienzo e L’impero del silenzio nel Sahel di Mauro Armanino -, mi appartiene e mi affascina: in Marocco, in Tunisia, in Oman e soprattutto in Siria a Palmira. Mia sorella e io, in solitaria, abbiamo visto il sito archeologico immerso nella luce dell’alba e del tramonto nel più assoluto silenzio (chi oltre a noi poteva fare questo viaggio con la guerra accanto?!). Un’esperienza indimenticabile.
L’esperienza angosciante (sempre in un viaggio con mila sorella) è stata invece a Hiroshima. Al Peace Memorial Park e al Peace Memorial Museum migliaia di persone in fila per seguire un rito silenzioso di condivisione. Nel parco lo scheletro dell’unico edificio superstite, il Dome, nel museo il dettaglio iconografico, filmico e repertale della bomba. Le gru di Sadako, bimba giapponese morta di leucemia, che colorano i parco, il silenzio che ti soffoca.
Poi ci sono i silenzi affascinanti di Roma sotterranea, per esempio i Vicus Caprarius. Il silenzio di un attimo prima dell’opera lirica nel Teatro alla Scala di Milano (un ricordo meraviglioso di quando avevo sei anni). Ma ragionando e scrivendo del silenzio non può mancare il grande poeta.
Sempre caro mi fu quest’ermo colle,
E questa siepe, che da tanta parte
Dell’ultimo orizzonte il guardo esclude.
Ma sedendo e mirando, interminati
Spazi di là da quella, e sovrumani
Silenzi, e profondissima quiete
Io nel pensier mi fingo; ove per poco
Il cor non si spaura. E come il vento
Odo stormir tra queste piante, io quello
Infinito silenzio a questa voce
Vo comparando: e mi sovvien l’eterno,
E le morte stagioni, e la presente
E viva, e il suon di lei. Così tra questa
Immensità s’annega il pensier mio:
E il naufragar m’è dolce in questo mare.
Giovanni Pagliarulo dice
Grazie Fiorella
Fiorella Palomba dice
È stato un piacere riscrivere questo articolo come altri, Giovanni. 🌸
Daniele dice
E se poi il rumore non fosse il segno del nostro tempo, le persone riuscirebbero ad ascoltare il battito del proprio cuore, e così anche quello degli altri.
Che bellezza condividere questi pensieri, grazie Fiorella.