La vicenda dell’ex cinema Palazzo può essere osservata da molti punti di vista. Di sicuro, a un anno dalla sua «liberazione», questo spazio è stato sottratto definitivamente non solo alla speculazione ma anche alle solitudini e a un modello di città che separa. Di più: questo spazio è stato restituito a una gestione comune che rimette al centro la dimensione umana e creativa dello stare al mondo. Che tutto questo sia avvenuto in una decina di mesi è qualcosa di sorprendente (sulla festa per il primo compleanno dell’ex cinema Palazzo, del 13 e 14 aprile con Sabina e Caterina Guzzanti, Elio Germano, Valerio Mastandrea, Andrea Satta e Carlo Amato dei Tetes de Bois, leggi «Il corto circuito culturale di Roma»).
Un anno fa la sfida degli occupanti era tessere una storia corale per ricostruire un luogo attraverso l’azione quotidiana e sperimentare resistenza e creatività, radicamento locale e connessioni globali, ma anche impegno, arte e cittadinanza attiva partendo da un senso di appartenenza al quartiere-città-mondo. Oggi si apre il Nuovo Cinema Palazzo: un processo costituente che gioca con la pratica quotidiana del bene comune.
In realtà, l’occupazione dell’Ex-Cinema Palazzo del 15 aprile 2011 è stato il risultato di un percorso di oltre un anno durante il quale i residenti e alcune realtà locali avevano iniziato a incontrarsi Volevano mettere in discussione il degrado culturale e sociale di un quartiere popolare come San Lorenzo, cercando di contenere gli effetti della «movida» e della dilagante presa di spazi da parte di lobbies impegnate in affari più o meno leciti. Fu dopo diversi incontri, eventi e manifestazione che si diffuse l’allarme sugli spazi dell’ex cinema dove erano cominciati i lavori di ristrutturazione per l’apertura di un casinò.
Il cinema Palazzo era un luogo di proprietà privata ma con una forte valenza nella memoria collettiva del quartiere. Un tempo cinema e teatro, qui recitarono Totò e Petrolini. Insomma, è stato un luogo simbolo per i cittadini di San Lorenzo, sia per coloro che l’hanno frequentato, sia per coloro che, come raccontano gli anziani del quartiere, «sognavano un giorno di poterlo frequentare». Ma prima di restare chiuso per un lungo periodo l’ex cinema è stato adibito anche a sala da biliardo e a sala Bingo.
Dal momento dell’ingresso, quel 15 aprile, nella bellissima sala molte cose sono avvenute e hanno superato idee e aspettative. Gli abitanti di tutta la città, il mondo dello spettacolo (leggi l’appello e i firmatari) e numerose istituzioni hanno supportato i cittadini e le realtà che hanno avviato l’occupazione. È iniziato un vero processo di riappropriazione sia dell’ex cinema sia della piazza antistante che, da parcheggio disordinato, ha cominciato a divenire uno spazio sociale.
Da subito quest’esperienza è andata oltre il movimento di quartiere scontrandosi con la concessione di alcune di autorizzazioni per l’apertura del casinò, il nuovo business delle sale da gioco, con la generale crisi del settore teatrale nella capitale e nel paese, con l’ulteriore precarizzazione della condizione dei lavoratori dello spettacolo e della cultura, con la mancanza di governo di fronte alle dinamiche speculative, con le ricadute locali della deriva liberista mondiale, con l’incapacità delle istituzioni di prossimità di cogliere e interpretare i territori. Tutto ciò sembrava trovare uno spazio emblematico nel cinema Palazzo di San Lorenzo, quartiere fragilizzato da dinamiche di microcriminalità, spaccio, degrado e di un’attrattività impoverita di valori culturali e sociali e schiacciata su un’offerta bassa e caotica. Dall’idea iniziale di un’occupazione-lampo simbolica ci si è confrontati con l’urgenza di restare.
La prima fase della vita di questa esperianza, spiegano i promotori dell’occupazione, si è caratterizzata come forma di resistenza urbana a un modello di città ostile, individualistico e schiacciato da pressioni puramente economiche. Al momento della presa di possesso, la sala del cinema è stata dedicata a Vittorio Arrigoni ed è stata poco a poco trasformata. Da allora l’ex cinema vive quotidianamente, nella programmazione, nei tantissimi spettacoli, nei concerti di artisti emergenti e affermati presentati gratuitamente. I pomeriggi si riempiono di letture, di dibattiti, di numerosi laboratori e azioni creative (happening, mostre, laboratori con bambini e anziani).
Il comitato degli occupanti, inoltre, ha compiuto alcune ricerche che delineano ipotesi di connessioni poco chiare dietro il progetto del casinò e l’incongruenza delle concessioni rispetto al tessuto di città storica in cui la piazza dove si trova. La costruzione di queste conoscenze ha dato vita a una contro-perizia collettiva che ha costituito, da un lato, una forma di produzione di conoscenza comune significativa e dall’altro, ha offerto argomenti di carattere politico capaci di catalizzare in un primo momento l’attenzione dei media e della società civile e poi di numerose forze politiche.
Superata la fase più strettamente resistente, l’esperienza del Nuovo Cinema Palazzo si orienta, ora, più creativamente verso un modello originale di gestione di un bene comune, su più livelli. Quello più specifico riguarda la pratica di vita dello spazio che trova nell’arte e nella cultura la propria impronta. Intorno a questa si sono prodotte le regole e i ritmi della gestione. Il livello più ampio guarda invece come queste forme ridanno vitalità a un sistema politico sfibrato e svuotato. Di certo, si tratta di processi che rompono con la visione individualistica, formalista e autoritativa dello Stato per ridare valore alla matrice sociale e culturale di un sistema politico. Si tratta anche della possibilità di fare spazio ai movimenti che hanno continuato e continuano a diffondere e costruire massa e azione critica su molti temi. In questo senso, la pratica del bene comune offre la possibilità di tracciare percorsi alternativi alla dicotomia pubblico-privato che insedino forme di sovranità diretta negli spazi urbani, fondate su una gestione comunitaria e sull’utilità sociale di servizi fondamentali (come quelli legati alla cultura e alla socialità).
L’esperienza, infine, s’inserisce in un panorama più ampio che favorisce la presa in carico diretta di spazi attraverso la pratica dell’occupazione. Per questo assieme all’esperienza del Teatro Valle Occupato, e a molte altre come quella del Teatro del Lido di Ostia (e a Roma potrebbe rinascere anche l’ex cinema Impero) del Coppola di Catania, del Sale Docks di Venezia, dei lavoratori dello spettacolo di Milano e del collettivo la Balena di Napoli e ad altri come il movimento No Tav, il Nuovo Cinema Palazzo partecipa a un processo di ricoperta e di gestione dei beni comuni legati alla cultura, all’arte, ai territori.
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