L’idea della pluralità dei mondi che esistono sul pianeta è stata già affermata con dovizia di particolari in tante diverse e preziose riflessioni ed esperienze, dagli antropologi che hanno saputo fare, finalmente e una volta per tutte, i conti con l’esotismo (nel senso in cui lo intende Bruno Latour) agli zapatisti del Chiapas, Ogni modo espresso dall’umanità, se solo per un momento a questo vogliamo limitarci, va compreso secondo i propri principi, nella coerenza e nell’intelligenza delle relazioni che crea e nelle conoscenze che produce. Il grande progetto collettivo di “Pluriverso. Dizionario del post-sviluppo”, su cui torna Giorgio Salerno, aggiunge un pezzo importante, orientato a costruire l’emancipazione umana dentro la natura, unendo dunque sapere ancestrale e contemporaneo; realizzando una comunanza principalmente attraverso la creazione e la gestione del fare e dei beni comuni, equilibrando esigenze individuali e collettive, e sperimentando percorsi molteplici, aperti, in continua trasformazione

Tradotto e pubblicato in italiano alcuni mesi fa, questo libro è stato scritto da circa 120 autori e autrici di tutti i continenti e costituisce una approfondita, estesissima (quasi 500 pagine) e argomentatissima critica allo “sviluppo”, come annuncia già nel titolo. Viene quindi ricordato che sono già in corso il drammatico cambiamento climatico, la perdita di biodiversità che si sta materializzando nella sesta estinzione di massa – nella storia geologica del pianeta – di organismi viventi vegetali e animali, le pandemie causate da nuovi virus capaci di fare il salto di specie dagli animali agli umani: e ormai la scienza ha dimostrato, al di là di ogni ragionevole dubbio, che la causa di tutto ciò è la nostra specie Homo Sapiens.
I curatori del libro affermano che «Servono trasformazioni sistemiche profonde, per combattere ingiustizie, insostenibilità, danni futuri. Serve una democrazia vera, che dia spazio all’intelligenza di comunità e collettivi locali». La visione che unisce i tanti autori del Dizionario è quella della pluralità di mondi possibili – il pluriverso, appunto – antitetica all’universalismo omologante del sistema oggi dominante, nato in Europa con il Rinascimento e forgiato nei successivi cinquecento anni: coloniale, poi capitalista, innestati entrambi sul precedente e molto più antico patriarcato. La sua più recente forma, quella del neoliberismo, ha esteso la globalizzazione economica all’intero pianeta, ma non ha portato la prosperità per tutti che annunciava; bensì, la crescita delle disuguaglianze e dell’esclusione, del disagio sociale, della devastazione ecologica.
Tra la fine del XX e l’inizio del XXI secolo, però, si sono sviluppate in ogni continente teorie e movimenti anticapitalisti e ambientalisti, per riappropriarsi e condividere la produzione e distribuzione di beni e servizi necessari, per la difesa dell’ambiente e della salute, per liberarsi dal patriarcato. Lo testimoniano le oltre 3.600 lotte nel mondo attualmente documentate – alcune pluridecennali, come quella No TAV della Val di Susa – dallo stupefacente e utilissimo Atlante della Giustizia Ambientale, <https://ejatlas.org>, citato nel libro. Lotte che costruiscono il futuro, che praticano la cooperazione invece della competizione, consapevoli della necessità di ridurre e distribuire equamente energia e materiali, ripristinando gli equilibri ecologici, distruggendo i quali non potremo sopravvivere.
Il Dizionario critica severamente anche il ruolo dell’ONU, tutt’altro che neutrale. Infatti, è stata ed è tuttora uno dei principali fautori di quello “sviluppo” che ha determinato le molteplici crisi in cui siamo sempre più invischiati, promuovendo inoltre la globalizzazione dell’economia e il consumismo, il primato del mercato e delle mega aziende private; tutti fattori che indeboliscono e danneggiano l’autonomia e l’autosufficienza dei popoli, che aumentano rifiuti, tossicità, emissioni climalteranti. E l’Agenda 2030 con gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile, approvata nel 2015, oltre a evidenziare il fatto che fino ad allora nessuna nazione aveva raggiunto uno “sviluppo sostenibile”[1], rinnova e ripropone l’ideologia sviluppista: introducendo nuovi indicatori accanto all’imprescindibile PIL, formula un Indice di Sviluppo Umano che produce una nuova classifica delle nazioni, la quale rispecchia necessariamente e ancora, un solo modello di evoluzione sociale.
Il concetto di post-sviluppo proposto dagli autori, invece, decostruisce l’idea che lo sviluppo rappresenti il progresso, sostituendolo con alternative che curino e rispettino la vita sulla Terra, per costruire «un mondo ecologicamente saggio e socialmente giusto». Utilizza l’analisi marxista – che resta necessaria – ma la integra con il femminismo, l’ecologismo e le idee di post-sviluppo elaborate dal Sud globale. In estrema sintesi, il progetto del pluriverso costruisce l’emancipazione umana dentro la natura, unendo sapere ancestrale e contemporaneo; realizza la comunanza principalmente attraverso la creazione e la gestione dei beni comuni, equilibrando esigenze individuali e quelle collettive, sperimentando percorsi molteplici, aperti, in continua evoluzione.
«Un mondo che comprende molti mondi», obiettivo degli zapatisti, è la definizione più appropriata del pluriverso.
PLURIVERSO. Dizionario del post-sviluppo
A. Kothari, A. Salleh, A. Escobar, F. Demaria, A. Acosta (cur.)
Orthotes, Napoli-Salerno, 2021 (1. ed., Tulika Books, New Delhi, 2019)
[1] ) in realtà un ossimoro, perché uno sviluppo infinito in un sistema finito come la Terra è impossibile
Grazie Giorgio, spero proprio di leggerlo durante le vacanze estive.