Il 2019 è stato un anno di grandi sconvolgimenti sia sul piano nazionale che su quello internazionale. In Italia il passaggio dal governo Conte-1 al Conte-2 è stato repentino e sorprendente e, dopo una prima fase di spaesamento e di confusione, abbiamo dovuto registrare, purtroppo, una sostanziale continuità su alcuni temi centrali per la cultura politica di questo Paese, gli stessi sui quali la destra xenofoba ha costruito le proprie fortune. A parte un linguaggio e atteggiamenti più sobri e ragionevoli, infatti, sul piano dei diritti umani e dei diritti degli stranieri e dei rifugiati, la discontinuità politica annunciata non si è tradotta in atti concreti.
Ma andiamo per punti.
La questione principale, che avrebbe dovuto segnare la distanza tra i due esecutivi, era una diversa concezione della sicurezza e del governo dei flussi migratori, così come della democrazia e dell’uguaglianza. Proprio i temi su cui l’ex inquilino del Viminale, il ministro della Propaganda, ha convinto una parte consistente dell’opinione pubblica e del Paese a schierarsi con il razzismo istituzionale per tutelare i propri interessi a discapito di quelli degli stranieri, capri espiatori di contraddizioni sociali e politiche. Il “prima gli italiani”, come l’America First di Trump e, andando indietro nel tempo fino a fasi buie non troppo lontane della nostra storia, il Deutschland Uber Alles dei nazisti, si traduce in una guerra agli altri – migranti, minoranze, ebrei ‒ che punta a oscurare le incoerenze di un modello di sviluppo diseguale e, spesso, gli interessi privati che in esse si nascondono. Eppure, dopo quattro lunghi mesi, il governo sostenuto da 5Stelle, PD, LeU e Italia Viva non ha ancora prodotto alcuna novità sul piano dei diritti e dell’uguaglianza, restando imprigionato nello schema predeterminato dal principale avversario politico, la Lega di Salvini, che dall’opposizione continua a influire in maniera determinate sulle scelte da compiere, sfruttando le ansie elettorali dei 5 Stelle e l’incapacità del Pd di imporre una direzione alternativa.
Nessun cambiamento nella gestione dei flussi dalla Libia, ancora affidati, nonostante le sentenze dei tribunali italiani, le denunce e i documenti ufficiali delle diverse agenzie delle Nazioni Unite, alla cosiddetta Guardia costiera libica. L’unico obiettivo sbandierato da autorevoli esponenti del governo resta bloccare, le partenze, respingere e rimpatriare con l’impiego di risorse pubbliche, mezzi e strumenti italiani ed europei.
Nessun cambiamento nella gestione dei salvataggi nel Mediterraneo: i naufraghi sono ancora costretti all’attesa in alto mare fino alla definizione delle quote da attribuire ai vari Paesi che partecipano volontariamente alla ripartizione. Anzi, il summit di Malta su questo tema, promosso dall’Italia ‒ nello specifico dall’attuale Ministro Lamorgese ‒ da una parte fornisce un alibi per legittimare questa condotta, dall’altra rischia di seppellire definitivamente ogni ipotesi di riforma del regolamento Dublino e quindi l’idea stessa di condivisione da tutti sbandierata in questi anni, ma mai realmente perseguita.
La definizione della lista dei Paesi Terzi sicuri, con l’introduzione della procedura accelerata, definita con grande celerità (non richiesta) dal ministro Di Maio, è un altro colpo mortale al diritto d’asilo, al quale sempre meno persone possono già accedere a causa della cancellazione delle ragioni umanitarie determinata dal primo decreto sicurezza.
Nessun cambiamento sul fronte dell’accoglienza: con un’interpretazione in linea con le tesi salviniane, il governo sta procedendo nello smantellamento del sistema pubblico che fa capo ai comuni (ex SPRAR ora SIPROIMI), a favore di quello privato promosso con le gare delle Prefetture, favorendo grandi centri e soggetti incompetenti.
Infine, non si può certo dire che sul piano più generale delle politiche per l’immigrazione ci sia stata una svolta. La riforma della legge sulla cittadinanza non sembra avere molti sostenitori e si continua a pensare, sbagliando, che la formula rassicurante del cosiddetto “ius culturae” possa tenere a freno la campagna di criminalizzazione portata avanti dalle destre xenofobe. Il decreto flussi è fermo da dieci anni circa e la legislazione proibizionista continua a produrre irregolarità, ingiustizie e disagio sociale.
Per ricostruire un legame tra le ragioni della sinistra, le forze democratiche e il Paese reale è indispensabile un cambio di marcia. Continuare a pensare che gli italiani e e italiane siano in gran parte persone rancorose, che odiano gli stranieri e chiunque si impegni nella promozione dei loro diritti, significa lasciare alle destre campo libero nell’orientare ed educare l’opinione pubblica, senza offrire alcuna alternativa. Il 2020 potrà essere un anno di svolta solo se il governo e la maggioranza capiranno che diritti e uguaglianza sono il terreno su cui sottrarre consenso alle destre: il silenzio o, peggio ancora, la continuità riporteranno velocemente il Paese tra le braccia dei razzisti.
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Filippo Miraglia è responsabile immigrazione dell’Arci
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Fonte: volerelaluna.it
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