Abbiamo letto davvero tante, troppe celebrazioni retoriche e soprattutto inutili su quel che accadde a Genova nel 2001. La lettera indirizzata vent’anni fa dal nascente collettivo di “Todo Cambia” ha tutto un altro sapore e un altro senso. Qualche volta rileggere un testo fa davvero bene al cuore

Vent’anni fa il neonato “colectivo” Todo Cambia si trovò a discutere se partecipare o meno alle giornate di Genova contro il G8. A giugno del 2001 era appena stata fatta un’assemblea in cui le persone migranti che frequentavano la mensa di Piazza Tricolore avevano espresso l’esigenza di fondare un’associazione legalmente riconosciuta per la difesa dei propri diritti: “Visto che la maggioranza di noi non ha i documenti almeno la nostra associazione deve averli”. A quei tempi, solo 3 attivisti di quella che diventerà l’associazione Todo Cambia avevano i documenti in regola.
Questa condizione di “clandestinità” fu quindi un ostacolo per la partecipazione alle giornate di protesta contro i potenti del mondo. Una piccolissima delegazione del “colectivo” fu presente alla manifestazione dei migranti il 19 luglio e poi a quella del 21 luglio in risposta all’uccisione di Carlo Giuliani e alla feroce repressione scatenata dalle forze dell’ordine che purtroppo non si fermò e vide nell’irruzione nella scuola Diaz una delle pagine più nere della storia italiana. La seguente lettera aperta è stata scritta subito dopo quei fatti.
Durante l’agosto del 2001 fu presentata nelle numerose assemblee che si realizzarono a Milano che poi portarono alla costituzione del Milano Social Forum. Poco dopo arriverà la strage delle torri gemelle, il clima di terrore e di criminalizzazione delle persone migranti, la guerra in Afganistan e qualche anno dopo quella in Irak. Vent’anni dopo abbiamo riletto le parole che avevamo scritto e ci è sembrato che valesse la pena pubblicarle in occasione del ventennale del G8 a Genova, perché sono parole che hanno ancora, purtroppo, una grandissima attualità.
LETTERA APERTA AL “POPOLO DI GENOVA”
Cari/e amici/he, fratelli/sorelle, compagni/e,
Vi scriviamo perché abbiamo visto, sentito, capito. Vi scriviamo perché abbiamo da raccontarvi, rincuorarvi, chiedervi. Noi siamo immigrati/e e antirazzisti/e di varie associazioni, comitati e collettivi; solo in pochi/e abbiamo potuto essere presenti a Genova, sia in seguito alla campagna di paura e di minacce delle “forze dell’ordine” e dei giornali, sia a causa di una scarsa comunicazione diretta con il vostro movimento. Molti/e di noi, tra l’altro, sono senza permesso di soggiorno… e sapete cosa significa. Ma vi siamo stati tutti/e accanto col cuore: alla vigilia del G8, dopo le ottime notizie sulla grande manifestazione di giovedì 19 luglio e poi in seguito alle terribili notizie di venerdì, poi ancora guardando le immagini del sabato, ascoltando i racconti dei nostri amici di ritorno da Genova.
Vogliamo dirvi: siamo con voi e d’ora in poi vogliamo esserci davvero. Perché l’opposizione ai padroni del mondo (grandi nella loro arroganza, ma piccoli per la loro meschinità) ci riguarda: sono loro ad imporre politiche di fame e miseria nei nostri paesi d’origine, sono loro a commerciare le armi che troppo spesso li insanguinano. La lotta per la cancellazione del debito dei paesi poveri è la nostra lotta: quelli sono i nostri paesi, ma ce li hanno derubati con secoli di colonialismo, di governi fantoccio, di prestiti da strozzini. La difesa delle risorse naturali, della terra e di chi ci lavora con fatica e amore è una delle principali preoccupazioni dei nostri popoli.La battaglia per far sì che la cura di malattie che fanno strage di esseri umani, come l’AIDS, non sia un business delle grandi multinazionali dei farmaci, ma un impegno solidale di tutta l’umanità è un’urgenza irrimandabile. Potremmo continuare, ma avremo tempo per farlo… vogliamo, con voi, far sentire anche le nostre voci, le nostre lingue diverse. A cominciare da quelle parole che abbiamo letto sullo striscione alla testa del corteo di giovedì 19 luglio: “LIBERTÀ DI MOVIMENTO, LIBERTÀ SENZA CONFINI”.
Sappiamo tutto quello che è successo a Genova: davanti a una straordinaria partecipazione di giovani, donne, lavoratori, bambini, anziani, la risposta è stata un’inaudita violenza dello stato italiano contro i manifestanti, in mille forme, tutte orribili. Siamo con voi. Purtroppo conosciamo bene quella violenza. Perché nella maggior parte dei nostri paesi d’origine è una drammatica esperienza quotidiana. Ma anche perché l’abbiamo sofferta anche qui in Italia: abbiamo visto uomini in divisa protagonisti di selvaggi sgomberi dei campi rom, di carcerazioni immotivate nei centri di detenzione, di maltrattamenti imposti in Via Corelli o a Ponte Galeria, di irruzioni notturne senza mandato negli appartamenti affollati in cui siamo costretti a vivere, di pestaggi di nostri amici venditori ambulanti, di infamie inflitte a nostre sorelle già sottoposte allo sfruttamento della prostituzione. Potremmo continuare, ma fa male solo pensarci…Allora, vi diciamo: lottiamo insieme. Noi possiamo darvi i pezzetti di mondo che abbiamo portato nelle nostre valigie e nelle nostre menti: non vogliamo dimenticare da dove veniamo, vogliamo metterlo in comune. Voi potete aiutarci a ottenere quello che ci spetta: essere considerati/e persone, cittadini/e a cui siano riconosciuti i diritti umani fondamentali. E il primo è quello all’esistenza, che per noi – paradossalmente – passa per il rilascio di quel famigerato pezzo di carta, chiamato PERMESSO DI SOGGIORNO. Per noi è solo un primo passo, ma è un passo indispensabile e urgente.
Per questo siamo impegnati in una lotta per l’immediata regolarizzazione di tutti/e gli immigrati/e che lavorano e/o cercano lavoro in Italia; stiamo partecipando a un’iniziativa lanciata da varie associazioni, centri sociali e forze politiche di Milano per una SANATORIA GENERALIZZATA. Ma vogliamo che questa lotta contro la condanna alla clandestinità si allarghi il più possibile. Vorremmo che tutti/e voi la faceste propria. Ognuno a suo modo, ma convergendo su questo obiettivo fondamentale: per battere le minacce di Berlusconi, Bossi e Fini anche su questo terreno non basta dire NO alle loro proposte liberticide e inumane, dobbiamo rilanciare e mettere al centro le reali esigenze di chi soffre di più. Potremmo incontrarci e verificare come lavorare insieme, potremmo trovare nuove idee, potremmo rispondere all’esigenza di tanti/e immigrati/e che in questi giorni ci dicono che vorrebbero una grande manifestazione nazionale per far sentire questo grido. Sappiamo che tra voi sono tante le idee e i sogni, le strategie e i metodi. Anche tra noi abbiamo punti di vista diversi, ma anche una grande voglia di essere uniti/e, di sostenerci a vicenda. Abbiamo visto a Genova tanti modi diversi di manifestare e sappiamo che ciascuno ha un ragionamento e un motivo alle spalle.
Non siamo in grado di dare un giudizio univoco, ma una cosa la possiamo dire: quelle mani alzate di migliaia di persone, di fronte a schieramenti di poliziotti armati sino ai denti, non le abbiamo interpretate come un segno di resa. Ci sembravano voler dire: noi siamo tanti, noi abbiamo le ragioni di un mondo intero dalla nostra parte, noi sappiamo usare queste mani per lavorare, per carezzare, per fare l’amore, per curare, noi siamo la maggioranza di 6.000.000.000 e siamo meglio di voi 8.
Telefonateci, scriveteci, veniteci a trovare.
È urgente! Un abbraccio
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