I servi, nel Medioevo, lavoravano al massimo nove ore. E facevano delle pause, che persino secondo i loro padroni, erano dovute. I nostri antenati possono, in realtà, non essere stati ricchi, ma avevano abbondanza di tempo libero. E grazie al capitalismo siamo molto più schiavi di loro, da ‘The Overworked American: The Unexpected Decline of Leisure’ (Lo statunitense oberato di lavoro: l’inatteso declino del tempo libero)
Per ricevere la newsletter di Comune-info cliccate qui
“Il lavoratore si prenderà un lungo riposo al mattino; buona parte del giorno sarà trascorsa prima che venga al suo lavoro; poi deve fare colazione, come se non l’avesse fatta alla sua ora solita o altrimenti ci sono musi lunghi e mugugni; quando scocca l’ora abbandonerà il suo carico in mezzo alla strada e qualsiasi cosa stia facendo l’abbandonerà al suo stato, anche se molte volte si è guastata prima che torni; non può trascurare il suo pasto, qualsiasi pericolo incomba sulla sua opera. A mezzogiorno deve fare la pennichella, poi la sua bevutina nel pomeriggio, che consuma gran parte del giorno; e quando a sera arriva l’ora, al primo tocco dell’orologio getta i suoi arnesi e lascia il lavoro in qualsiasi stato o necessità si trovi. James Pilkington, Vescovo di Durham, circa 1570
Uno dei miti più duraturi del capitalismo è che avrebbe ridotto la fatica umana. Questo mito è solitamente difeso paragonando la moderna settimana lavorativa di quaranta ore con la sua omologa di settanta o ottanta ore nel diciannovesimo secolo. Il presupposto implicito – ma raramente espresso chiaramente – è che per secolo era prevalso lo standard di ottanta ore. Il paragone evoca la triste vita del contadino medievale, all’opera dall’alba al tramonto. Ci viene chiesto di immaginare l’artigiano specializzato in una soffitta fredda e umida che si alza prima del levar del sole e lavora alla luce di candela fino a tardi la notte.
Queste immagini sono proiezioni nel passato di modelli di lavoro moderni. E sono false. Prima del capitalismo la maggior parte delle persone non lavorava per nulla molto a lungo. Il ritmo della vita era lento, persino tranquillo; il ritmo del lavoro rilassato. I nostri antenati possono non essere stati ricchi, ma avevano abbondanza di tempo libero. Quando il capitalismo ha aumentato i loro redditi, si è anche preso il loro tempo. In realtà ci sono buoni motivi per ritenere che le ore lavorative a metà del diciannovesimo secolo costituiscano lo sforzo lavorativo più prodigioso dell’intera storia del genere umano.
Dobbiamo, perciò, assumere una prospettiva più a lungo termine e guardarci indietro non di soli cento anni, ma di tre, quattro, persino sei o settecento anni. Si consideri l’ordinaria giornata di lavoro nel periodo medievale. Andava dall’alba al tramonto (sedici ore in estate e otto in inverno), ma, come ha osservato il vescovo Pilkington, il lavoro era intermittente; prevedeva una sosta per colazione, per pranzo e per il consueto sonnellino pomeridiano, e per cena. A seconda del tempo e del luogo, c’erano anche pause per spuntini di metà mattina e metà pomeriggio. Questi periodi di riposo erano diritti tradizionali dei lavoratori, di cui godevano anche al picco dell’epoca del raccolto. Nei periodi di rallentamento, che costituivano gran parte dell’anno, il rispetto di orari regolari di lavoro non era usuale. Secondo il professore di Oxford James E. Thorold Rogers [1], la giornata lavorativa medievale non durava più di otto ore. I lavoratori che parteciparono al movimento per le otto ore alla fine del diciannovesimo secolo non fecero che “semplicemente battersi per recuperare l’orario di lavoro dei loro antenati di quattro o cinque secoli addietro”.
Un elemento importante di prova a proposito della giornata lavorativa è che era molto insolito che ai lavoratori servili fosse chiesto di lavorare una giornata intera per un signore. Una giornata di lavoro era considerata metà di un giorno e se un servo lavorava un giorno intero ciò era conteggiato come “due giorni di lavoro” [2]. Sono disponibili resoconti dettagliati della giornata lavorativa degli artigiani. Dai dati di Knoop e Jones sul quattordicesimo secolo risulta una media annua di nove ore (esclusi pasti e le pause) [3]. I dati di Brown, Colwin e Taylor relativi ai muratori suggeriscono una giornata lavorativa media di 8,6 ore [4].
Il contrasto tra i modelli lavorativi capitalista e precapitalista sono assolutamente impressionanti riguardo all’anno lavorativo. Il calendario medievale era pieno di festività. Le feste ufficiali – cioè religiose – includevano non soltanto lunghe “vacanze” a Natale, Pasqua e a mezza estate, ma anche numerosi giorni dei santi e di riposo. Erano trascorsi sia in sobrie frequentazioni della chiesa sia in festeggiamenti, bevute e divertimenti. In aggiunta alle celebrazioni ufficiali , c’erano spesso settimane di astensione dal lavoro, per segnare eventi importanti della vita (nozze e funerali) così come eventi di minore importanza (inaugurazione di taverne, feste di Pentecoste, feste della birra [l’autrice utilizza qui termini, probabilmente medievali, di cui non ho potuto rintracciare il significato; la traduzione è largamente intuitiva – n.d.t.). Tutto considerato, il tempo libero per le feste nell’Inghilterra medievale occupava probabilmente un terzo dell’anno. Dell’ancien régime francese è riferito che garantiva cinquantadue domeniche, novanta giorni di riposo e trentotto festività. In Spagna viaggiatori segnalarono che le feste coprivano in totale cinque mesi ogni anno [5].
Il tempo libero del contadino si estendeva oltre le feste sanzionate ufficialmente. Esistono prove considerevoli di quella che gli economisti la curva retrograda della domanda di lavoro, l’idea che quando i salari aumentano i lavoratori offrono meno lavoro. Durante un periodo di salari insolitamente alti (la fine del quattordicesimo secolo) molti lavoratori si rifiutarono di lavorare “per un anno, un semestre o per qualsiasi altro periodo consueto, ma solo a giornata”. E lavoravano soltanto per i giorni necessari a guadagnare il loro reddito abituale, che in questo caso corrispondeva a circa 120 giorni di lavoro l’anno, per un totale probabile di sole 1.440 ore l’anno (questa stima presume una giornata di dodici ore, perché le giornate lavorate erano probabilmente quelle primaverili, estive e autunnali). Una stima del tredicesimo secolo rileva che intere famiglie contadine non dedicavano alla loro terra più di 150 giorni l’anno. Dati feudali dell’Inghilterra del quattordicesimo secolo indicano un anno lavorativo estremamente breve – 175 giorni – per i lavoratori servili. Evidenze successive relative a coltivatori-minatori, un gruppo che aveva il controllo del proprio orario lavorativo, indicano che lavoravano solo 180 giorni l’anno.
FONTI
[1] James E. Thorold Rogers, Six Centuries of Work and Wages (London: Allen and Unwin, 1949), 542-43.
[2] H.S. Bennett, Life on the English Manor (Cambridge: Cambridge University Press, 1960), 104-6.
[3] Douglas Knoop and G.P. Jones, The Medieval Mason (New York: Barnes and Noble, 1967), 105.
[4] R. Allen Brown, H.M. Colvin, and A.J. Taylor, The History of the King’s Works, vol. I, the Middle Ages (London: Her Majesty’s Stationary Office, 1963).
[5] Edith Rodgers, Discussion of Holidays in the Later Middle Ages (New York: Columbia University Press, 1940), 10-11. Vedasi anche C.R. Cheney, “Rules for the observance of feast-days in medieval England”, Bulletin of the Institute of Historical Research 34, 90, 117-29 (1961).
OTTO SECOLI DI ORE LAVORATIVE ANNUALI
TREDICESIMO SECOLO: Contadino maschio adulto, Inghilterra: 1620 ore.
[Calcolate dalla stima di Gregory Clark di 150 giorni per famiglia; presume 12 ore il giorno, 135 giorni l’anno per il maschio adulto (“Impatience, Poverty and Open Field Agriculture”, mimeo, 1986]
QUATTORDICESIMO SECOLO: Lavoratore generico, Inghilterra: 1440 ore.
[Calcolate dalla stima di Nora Ritchie di 120 giorni l’anno. Presume giornate lavorative di 12 ore. (“Labour conditions in Essex in the reign of Richard II”, in “Essays in Economic History”, a cura di E.M. Carus-Wilson, vol. II, Londra: Edward Arnold, 1962].
MEDIO EVO: Lavoratore inglese: 2309 ore.
[Stima di Juliet Schor di un lavoratore medievale medio che lavorava due terzi dell’anno per 9,5 ore il giorno].
1400-1600: Coltivatore-minatore, maschio adulto, Inghilterra: 1980 ore.
[Calcolate dalla stima di Ian Blanchard di 180 giorni l’anno. Presume giornate lavorative di 11 ore (“Labour productivity and work psychology in the English mining industry, 1400-1600”) Economic History Review, 31, 23 (1978).]
1840: Lavoratore medio, Inghilterra: 3105-3188 ore.
[Sulla base di una settimana di 69 ore: ore da W.S.Woytinsky “Hours of labor”, in Encyclopedia of the Social Sciences, VOL III (New York: Macmillan, 1935); la stima inferiore assume 45 settimane l’anno; la stima superiore assume 52 settimane l’anno.]
1850: Lavoratore medio, USA: 3150-3650 ore.
[Sulla base di settimane di 70 ore; ore da Joseph Zeisel, “The workweek in American industry, 1850-1956”, Monthly Labor Review 81, 23-29 (1958). La stima inferiore assume 45 settimane l’anno; la stima superiore assume 52 settimane l’anno.]
1987: Lavoratore medio, USA: 1949 ore.
[Da “The Overworked American: The Unexpected Decline of Leisure”, di Juliet B. Schor, tabella 2.4.]
1988: Operai dell’industria, Inghilterra: 1856 ore.
[Calcolo da dati del Servizio Statistiche del Lavoro, Ufficio della Produttività e della Tecnologia.
Fonte : www.znetitaly.org – Originale: http://groups.csail.mit.edu/mac/users/rauch/worktime/hours_workweek.html (traduzione di Giuseppe Volpe per Z Net)
DA LEGGERE
IL RIFIUTO CREATIVO DELL’IDEOLOGIA DEL LAVORO
[Chris Carlsson] Sempre più persone quando non sono al lavoro a fare soldi, sono impegnate gratuitamente e duramente su progetti che hanno scelto, nei quali possono creare. In quel modo smettono di sostenere l’ideologia del lavoro e dell’autosfruttamento
DALLA PRECARIETÀ ALLA CONVIVIALITÀ
[Gustavo Esteva e Irene Ragazzini] Pezzi di società latinoamericana mettono in discussione le condizioni di precarietà costruendo relazioni di mutuo soccorso e solidarietà tra buen vivir e convivialità. Un lungo saggio le analizza e le confronta con il contesto europeo
LAVORO (GRATUITO) CE N’È ANCHE TROPPO
[Davide Gangale] Lavoro e impiego non sono la stessa cosa. Il problema non è lavorare ma farsi pagare. Lavoro ce n’è troppo, si fa troppo lavoro gratuito. È la logica del sistema, ed è una cosa molto strana, perché da un certo punto di vista sei costretto a farlo, ma c’è anche un lavoro che ti interessa, ti piace… e allora trovi una giustificazione al fatto che fai qualcosa che ti piace. Di per sé, è un tipo di sfruttamento come un altro, forse anche più di un altro, non c’è nessuno che te lo impone veramente. C’è un dispositivo che te lo impone, quello dell’economia neoliberale. Però, è come se fossi tu a scegliere questa situazione. È un fatto molto complicato, perché la messa in discussione di questo tipo di relazione implica la messa in discussione di te stesso… Intervista a Maurizio Lazzarato, filosofo e sociologo che vive da oltre trent’anni in Francia
CINQUE RAGIONI PER OCCUPARSI DI IMPRESE RECUPERATE
[Gianluca Carmosino] La prima è ripensare quelle imprese come una straordinaria forma di ribellione al capitalismo. Un gruppo di lavoro ha promosso a Roma una biblioteca virtuale e un seminario sui temi delle empresas recuperadas, diffuse in Argentina ma presenti anche in Europa
SMETTIAMOLA DI PREOCCUPARCI DEL LAVORO
[Francesco Gesualdi] Il lavoro salariato, quello destinato al mercato, dopo averci tolto qualsiasi possibilità di provvedere a noi stessi, se non prostituendoci in cambio di una miseria da spendere nei supermercati per procurarci ciò che ci serve, diventa un privilegio per pochi. Siamo in trappola. Dobbiamo avere il coraggio di gridare in faccia a mercanti, multinazionali, banche, fondi pensione che possiamo fare a meno di loro. “L’unico modo per conciliare dignità sociale e sostenibilità ambientale è smetterla di preoccuparci per il lavoro – dice Francesco Gesualdi – La domanda giusta da porci non è come si fa a creare lavoro, ma come si fa a garantire a tutti una vita dignitosa, utilizzando meno risorse possibile, producendo meno rifiuti possibili e lavorando il meno possibile”. Qualche passo in questa direzione? Riduzione dell’orario di lavoro, scambi non monetari, sull’esempio delle banche del tempo, cooperative autogestite da lavoratori e consumatori, totale ripensamento dell’economia pubblica
Giulio dice
Abbiamo certezza delle epidemie, della possibilità di morte violenta per guerre che duravano centinaia di anni, ingiustizie continue e pene terribili, nessuno conosceva come guarire da una semplice diarrea o da un’infezione (se eri fortunato con la muffa di casa sopravvivevi), povertà assoluta che prendeva la maggior parte della popolazione, latifondisti e signori vari che potevano esigere ben più delle cose che ci sono scritte a quel link e che sottraevano in tasse.
Se poi consideri che con le tecniche agrarie dell’epoca per ottenere un raccolto di grano si doveva lavorare ogni giorno dell’anno e che per avere la certezza di buoni raccolti dovevi pregare di più allora l’immagine bucolica dipinta si potrebbe incrinare.
Nello specifico delle zone dove vengo (Padova): le zone come il graticolato romano sono state costruite e mantenute solo grazie al sistema degli schiavi dell’impero romano, durante il medioevo i nostri avi sono vissuti di rendita, lasciando all’abbandono vaste infrastrutture (con conseguenti impaludamenti e malattie). Le migliorie sono tornate solo più tardi con nuove tecnologie e sistemi economici.
rolf dice
abbiamo la certezza che anche oggi nelle nostre megalopoli si può morire di epidemie (vedi aids), fame, semplici influenze, cancro banali errori medici… suicidi da vessazioni statali…
per non parlare dei morti ammazzati, giri tranquillo per strada e ti trovi davanti un tizio che ti prende a picconate… o puoi morire di mafia, o se pesti i calli di qualcuno ci pensa pure lo stato a farti fuori vedi moro, falcone…
per non parlare delle mille guerre in atto… specie quelle “giuste” dello zio sam…
oggi, se ti riesce di nascere con tutti questi aborti, puoi sempre morire di ingiustizie e pene terribili come capitò a sacco e vanzetti.
Nonostante la tecnica e la medicina nel mondo oggi si continua a morire di diarrea… mai fatto un giretto in africa?
ma siccome esiste il copyright anche sulle medicine, nel mondo si muore per puro egoismo delle multinazionali del farmaco…
i padroni del mondo oggi pretendono più di quello che si può pensare, un lobotomizzato dalla tv neanche se ne accorge… oggi pretendono di dirti come devi pensare…
per non parlare della tassazione odierna, il 65% del tuo reddito che si bruciano per finanziare ospedali inagibili con accessi al pronto soccorso più stretti di un autoambulanza.
con la tecnica moderna oggi… si continua a morire di fame, si continua ad usare la schiavitù, si continua a creare guerre e colpi si stato…
non è cambiato nulla…
inutile parlare male del medioevo, per non riconoscere che oggi ci sono situazioni ben peggiori del periodo medioevale… almeno nel medioevo per certi problemi avevano una scusante, per es. non potevano portare medicine, tecnologia e pane in africa come possiamo, ma non facciamo oggi.
Marco dice
Grandissimo.condivido in toto
Daniele Pace dice
http://danielepaceblog.blogspot.it/2014/02/perche-un-contadino-medievale-aveva-piu_28.html
Andy dice
Comunque preferisco vivere nel progresso tecnologico e culturale d’adesso, che nel medioevo gestito in maniera despota.
Ora c’è il capitalismo e la democrazia, prima c’erano le signorie e le dittature.
Anna dice
Vogliono convincerci che era meglio vivere nel medioevo come servi della gleba perché questo è ciò che conviene alla elite che controlla il mondo, non a noi, ed è proprio lì che ci stanno riportando, ahimè. Articoli come questo servono allo scopo.
Con il capitalismo (accumulazione del denaro nelle mani di pochi) e l’avanzamento tecnologico hanno potuto conquistare tutti i Paesi, manca solo l’ufficializzazione con un governo unico mondiale (i governi nazionali da tempo non hanno indipendenza).
Adesso, per consolidare il loro potere evitando insurrezioni popolari e rivalità di altri gruppi per il potere devono disfarsi del capitalismo e della tecnologia e si apprestano a portarci nelle condizioni in cui saranno abolite tutte le guerre e confiscate tutte le armi, sia militari sia dei civili, sarà eliminata la proprietà privata, la popolazione potrà solo cibarsi di vegetali, sarà abolito il denaro e si tornerà al baratto, saranno abolite le tecnologie moderne in grado di causare danno al pianeta e la popolazione sarà ridotta a un terzo dell’attuale. Ma una cosa rimarrà: le tasse.
La maniera in cui vogliono raggiungere questo obiettivo è crudele, ma non c’è ombra di dubbio che è proprio ciò che stanno pianificando di fare.
Volutamente hanno organizzato la nostra vita moderna in modo da avere tanti aspetti negativi da farci rimpiangere una vita senza tante tecnologie inquinanti, senza tanto stress lavorativo, rumore, alienazione dalla natura.
Ma è totalmente inventato che le emissioni di carbonio stiano creando il riscaldamento globale.
E non è vero che la carne faccia male, ma è un’importante fonte di minerali e vitamine che i vegetali da soli non ci possono dare, rendendoci forti (e capaci di combattere).
E non è vero che, con le nostre differenze ideologiche e religiose e nazionalismi, siamo a rischio di scatenare un conflitto nucleare che distrugga il pianeta, perché al vertice di tutti c’è chi decide quando e se scatenare questa guerra, e le loro motivazioni non sono nazionalismi o idee religiose, bensì sono quelle che ho detto: convincere il mondo a rinunciare alla guerra per poterne rimanere loro i padroni. Pertanto se tutti sapessero la verità (che il mondo è già controllato da un’elite che manovra le guerre) questo fermerebbe la guerra di per sè perché il loro giochetto non avrebbe più effetto.
E non è vero che Dio è infuriato e si appresta a castigare l’umanità per i suoi peccati e intervenire per fermare la guerra (parte del piano è dirottare un asteroide sulla Terra nel mezzo della terza guerra mondiale come se fosse opera di Dio).
E non è vero che Gesù sia mai esistito e che stia per fare il suo ritorno per regnare sulla Terra mille anni (ci sarà la messa in scena del salvatore che verrà a farci ripartire da zero dopo tanta distruzione).
E non è vero che gli ebrei controllano il sistema bancario ( non più) e stanno cercando di conquistare il mondo attraverso la tecnologia e vogliono mettere al potere un dittatore (l’anticristo). Questo dittatore, che dapprima apparirà conciliante e amorevole, portando pace tra i Paesi in conflitto, non sarà opera degli ebrei, ma dell’elite che controlla il mondo. Servirà per creare il crollo monetario e scatenare la guerra, come Hitler servì per scatenare l’olocausto e la seconda guerra mondiale e portare l’Europa a indebitarsi ulteriormente con la Riserva Federale. Dopo questo dittatore verrà il finto salvatore Gesù Cristo (come gli Americani vennero a “salvarci” da Hitler e Mussolini) che fingerà di giustiziarlo (come finsero di giustiziare Hitler che invece andò a vivere in Sudamerica) e questo Cristo fingerà di mettere in ginocchio banchieri, politici e multinazionali e attuerà quella riforma di cui ho parlato all’inizio, riportandoci a servi della gleba, senza auto, computer e probabilmente senza elettricità, o molto poca.
Tutto questo piano non è scritto in nessun libro, ma si dispiega abbondantemente e inequivocabilmente nel tipo di propaganda messo in atto, per chi ha occhi per leggere.
Ah, e dimenticavo, gli extraterrestri non esistono e i primi dischi volanti sono stati costruiti dai nazisti. Visto che anche questo gioca un ruolo importante nel piano.
teseo dice
Su molte cose sono d’accordo, su altre assolutamente no.
teseo dice
Preciso: sono molto d’accordo sull’analisi dell’etica lavorativa. Ma vedo che alcuni lettori non hanno capito nulla e continuano a proporre modelli calati dall’alto come se fossero Vangelo.