Quella di sabato 14, a Firenze, è stata una bella manifestazione contro gli inceneritori e per le alternative. Tuttavia, lo stesso pensiero critico con cui è stata promossa questa grande festa in strada per gettare tra i rifiuti differenziati le ricette del sindaco Dario Nardella, dovrebbe mettere in discussione la scelta di utilizzare l’appeal mediatico “Mamme contro gli inceneritori”. Non solo perché, come ricorda Marvi Maggio, il pensiero dominante non prende mai sul serio le mamme, ma soprattutto perché quella resta una interpretazione univoca dell’essere donna. In realtà si è madri solo per un periodo limitato di tempo, cioè fino a quando i figli sono adulti. La maggior parte delle persone della manifestazione di Firenze non erano per niente mamme
di Marvi Maggio*
Sabato 14 maggio a Firenze abbiamo partecipato in 15.000 a una manifestazione contro la costruzione di un inceneritore nella piana di Firenze organizzata da: Mamme no inceneritore, Zero waste Italy e assemblea per la piana contro le nocività. Grande capacità organizzativa, in cui le donne hanno avuto un ruolo di rilievo. La questione che voglio porre è relativa al nome che le organizzatrici hanno scelto: Mamme no inceneritore. Nome che non poteva passare inosservato a una femminista come me.
Che parlare di mamme evochi una interpretazione univoca dell’essere donna e come tale retriva, dovrebbe essere noto a tutti quelli che hanno un pensiero critico, cioè non si fermano di fronte a ciò che appare, per andare a svelare cosa si cela dietro le apparenze. E me lo aspetterei a maggior ragione dalle donne (quelle che amano la libertà), che hanno tutto da guadagnare dal non aderire alla tradizione. Tradizione che le ha volute definire attraverso la maternità, e solo attraverso quella, senza riconoscere la nostra umanità in quanto tale, oltre il ruolo riproduttivo.
I premi alle famiglie numerose del fascismo e il bonus bebè della Lorenzin riconoscono questo ruolo e solo quello. Non offrono servizi pubblici per i bambini che sollevino le famiglie dai compiti riproduttivi, ma danno soldi perché le mamme facciano quello che è interpretato come il loro mestiere. E fanno emergere due problemi concomitanti: quello che Lorenzin dichiara essere il “drammatico calo della natalità nel nostro paese”, non viene letto per quello che è: l’impossibilità di fare un figlio da un lato per l’assenza di servizi pubblici per l’infanzia che caricano sulla famiglia lo svolgimento di tutte le attività legate alla cura dei piccoli, dall’altro per la carenza dell’impegno della maggior parte dei padri che per la cultura retrograda del nostro paese sentono ancora che si tratta di un compito delle donne (della mamme appunto). Molte donne decidono di non fare figli, e non perché sono egoiste e pensano alla carriera (che non possono fare in un paese sessista e misogino come il nostro) ma perché il peso del lavoro di cura su di loro è davvero troppo pesante. Il che si somma alla riduzione dei redditi causato dalle politiche di austerity. Seconda questione, che è un po’ laterale rispetto al discorso che stiamo facendo, ma va sottolineata per la sua gravità, è che se davvero c’è questo calo, nessuno potrà più dire che non abbiamo posto per immigrati e rifugiati, cosa a cui comunque noi non abbiamo mai creduto: quindi indirettamente si capisce che vogliono nati italiani, lasciano intendere quanto il fascismo sia ancora parte della cultura della nostra classe dirigente. Per chi dice che destra e sinistra non contano più, ecco un bell’esempio di politica di destra, tipicamente fascista.
Torniamo alla questione del definirsi mamma. È una definizione in relazione a un altro, facendo scomparire l’umanità della donna in quanto essere umano autonomo. Certo che si sarà ascoltate di più facendo riferimento a uno stereotipo: la donna che è pronta a tutto per il suo figlio. Da un lato non lo fa per sé, ma per il figlio, il suo figlio. Unisce egoismo al dare sé per gli altri. È pronta a battersi per il suo bambino, non per la collettività, quella viene dopo e fa parte di un discorso di sinistra che ha perso evidentemente egemonia. Quante volte ci hanno detto che le donne non erano uguali agli uomini, ma erano meglio, il che presupponeva però il sacrificio per gli altri, l’essere sempre carine e gentili e mai aggressive, insomma un carattere non reale ma attribuito e imposto e quindi disciplinare e violento, fonte di sofferenze per tutte le donne che non lo incarnavano perché non stavano alle regole.
Il femminismo, mi riferisco in particolare a quello emerso qui in Italia, negli anni Settanta, portatore di saperi innovativi, ha avuto alla sua base l’idea che l’essere donna non si dovesse ridurre a rappresentare ciò che il patriarcato ha chiesto: essere mamme, fare figli, lasciare da parte sé stesse per dedicarsi agli altri, alla cura degli altri, essere mogli, sorelle, madri, cioè essere definite sempre in relazione ad altri, mai a sé stesse. La differenza sessuale proposta dal movimento delle donne non era quella della gerarchia sessista propria del ruolo dicotomico fra donne e uomini, ruolo predefinito come destino immutabile. Al contrario si trattava di una differenza da costruire collettivamente, da progettare attraverso uno sovversione dell’esistente: non è stata ricavata dall’ordine simbolico ricevuto dalla società patriarcale dominante ma è stata costruita dalle donne attraverso sovversione e trasgressione delle categorie e delle regole esistenti. Le donne che si univano al movimento lo facevano perché non si riconoscevano negli stereotipi e nei destini segnati: volevano definire loro stesse cosa fosse per loro essere donne, e volevano definirlo collettivamente, volevano diventare altro rispetto al ruolo segnato di mogli e madri. Come in ogni definizione, non c’era solo la situazione di partenza, cosa siamo adesso, ma anche cosa vogliamo essere. E in quel caso e in quel tempo, il forte legame con la sinistra estrema faceva sì che si volesse essere parte di un movimento più grande di trasformazione radicale dell’esistente: più uguaglianza nella diversità e fine dello sfruttamento, costruite pezzo per pezzo attraverso lotte nei posti di lavoro, nelle scuole, nelle università, nei servizi, nelle città, nelle famiglie e nelle relazioni interpersonali (il famoso personale che è politico). Essere madri doveva diventare una scelta, grazie a contraccezione e aborto (che sono state una conquista del movimento femminista), e non un destino unico. E cruciale è stato dire che una donna poteva anche scegliere di non essere madre e non per questo era meno donna. Essere donna andava ben oltre la maternità.
Oltre a questa questione di definizione di cosa sia essere donne, c’è il fatto che comunque si è madri per un periodo limitato di tempo (fino a quando il figlio è adulto) e non per sempre. La maggior parte delle persone della manifestazione non erano per niente mamme. Io era una non mamma. Eppure i giornali hanno scritto la manifestazione delle mamme. Non vi stupite poi che il discorso verrà ridotto dai media a preoccupazioni esagerate da parte di mamme che non sono razionali quando si tratta della salute dei loro bambini. Il pensiero dominante non prende sul serio le mamme. Tutto sentimento e niente razionalità. È l’effetto di stare dentro le caselle predeterminate, che invece vanno scardinate.
Per questo appare strana questa definizione di mamme no inceneritore. Vorrei che le implicazioni di questa firma fossero note e le donne che l’hanno assunta fossero consapevoli che mentre si acquista appeal con le istituzioni e la società retriva, si fa un danno a tutte le donne che amano la libertà. Sì solo a quelle, perché quelle che accettano l’esistente questi problemi non li hanno.
E non si dica che ci sono le madri di Plaza de Mayo, quelle erano di un’altra generazione e si poteva accettare che si definissero così. Ma oggi, farlo ancora è proprio incomprensibile: denota che sono andate perse molte delle conquiste teoriche e pratiche del femminismo. Scrivo perché siano riconquistate. Non bisogna avere paura di definirsi semplicemente donne.
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CARA MARVI,
era MAGGIO quando a Parigi si gridava L’IMMAGINAZIONE AL POTERE e in tanta parte del mondo rimbombava l’eco della speranza che camminava sulle gambe del RIBELLARSI E’ GIUSTO del VOGLIAMO TUTTO dell’IO SONO MIA …la coscienza nasceva e cresceva nelle strade nelle fabbriche nelle UNIVERSITA’ e nelle piazze del mondo e accomunava e apriva continenti…e il femminismo scardinava usi abitudini costumi patriarcali e plurisecolari e sovvertiva ruoli istituzioni e modi di essere incardinati nella dimensione antropologica che il capitalismo e la società dello sfruttamento e della devastazione avevano ereditato e costruita e adattata …ma quel MOVIMENTO non diventò MONDO NUOVO…e quella generazione HA PERSO…ha vinto solo chi ha trovato nei propri percorsi di vita AMORE RESISTENZA COERENZA capacità di pensiero e trasformazione interiorità pratica di valori e continuità di lotta…
ALLA MANIFESTAZIONE c’ero anche io. Che sono uomo e che ho vissuto e lavorato per anni a NOVOLI. A me è sembrata UN MIRACOLO. Già tanti anni fa c’era stato SAN DONNINO..e chi l’ha fatta e l’ha vissuta quella esperienza c’era pure…evidentemente il vissuto nei corpi reali sedimenta e resta nella memoria vera. A NOVOLI a Firenze e in Toscana la cosidetta “sinistra” ha partorito delega al partito al sindacato …e quasi mai è stata autorganizzazione sociale riappropriazione e e …ci sarebbe da discutere molto sui percorsi che hanno portato al CIALTRONE DI RIGNANO e al suo CLONE NARDELLA della banda della LEOPOLDA…che ora ci regalano JOBS ACT TRIVELLE Petrolio e 12 NOVI INCENERITORI …mentre a FIRENZE la raccolta diofferenziata non DECOLLA…alla Stazione ci hannp “privatizzato la pipi’ (costa 1 Euro!) le sale d’aspetto sono “scomparse” la MACDONALDIZZAZIONE continua…e durante il corteo ho visto come dappertutto ci hanno rubato anche i marciapiedi…regalati a bar commercianti e al TURISTIFICIO GENERALE …mentre masse mercificate arrivano scappano e fuggono con l’illusione fotografata di ESSERE STATI A…LE MAMME che si ribellano all’INCENERITORE sono una cosa BELLA…né di DESTRA NE’ DI SINISTRA…vogliono che i loro figli non si ammalino e fanno bene …come le mamme di ACERRA o le MAMME DELLA TERRA DEI FUOCHI…e sono in sintonia con la MAMMA DI CUCCHI di ALDROVANDI…con LA MAMMA DI REGENI…partendo dal RUOLO (?) lo negano per affermare IL DIRITTO ALLA VITA dei propri figli..e anche loro…li difendono nei corpi o nella memoria ..contro LANZICHENECCHI che devastano i corpi le menti gli affetti i luoghi…vogliono respirare aria d’amore aria di vita…E’ UNA COSA BELLA! Io sono un uomo…non ho figli…e non capirò mai cosa vuol dire IL BISOGNO di maternità…ma non credo che ESSERE MADRE non “duri” per tutta la vita…certo che bisogna superare il destino di figlia sorella madre moglie …e mai DONNA…ma forse bisogna capire anche da quello che stiamo vivendo che IL SISTEMA esprime UN DOMINIO TOTALE e le RIBELLIONI BIO-POLITICHE sono l’UMANO che si ribella alla BARBARIE PATRIARCALE di lorsignori tutti…ciao a tutti/e g. s. -http://blog.gaetanostella.it/
Tu dici che quel movimento non ha creato un mondo nuovo. Non è del tutto vero. La sconfitta c’è stata, il capitalismo continua a sfruttarci ed espropriarci, il pensiero unico è diventato dominante e il neoliberismo si è diffuso diventando, quasi, egemone, ma è solo la tappa di un percorso. E tante delle persone coinvolte in quelle lotte hanno continuato a contribuire ad alte battaglie, spesso più settoriali, ma di certo significative. E nel mondo abbiamo avuto la nascita di molti movimenti, per limitarci a quelli recenti: Occupy wall street, primavere arabe, Nuit Debout, e la costruzione di significative forme di autogoverno come l’EZLN in Chiapas o come la resistenza Curda che non a caso cerca di costruire una organizzazione in cui le donne abbiano un ruolo di rilievo.
La destra e la sinistra esistono eccome e un discorso che vuole le donne definite in base al ruolo nella famiglia è propriamente di destra. Essere definite in relazione agli altri (moglie di, madre di, sorella di,) vuole dire non essere riconosciuta come persona autonoma. E questo ha risvolti drammatici, come sappiamo.
Non metto in discussione la maternità, né l’amore per i figli, ovviamente, ma metto in discussione che una persona e addirittura un gruppo si definiscano in base all’essere madre quando quel ruolo è l’unico in base alla quale il patriarcato (e la chiesa) dà valore alle donne. Altri valori non li dà. Seguendo quel percorso si avvalora un essere donne a senso unico. Infatti chiesa e patriarcato riconoscono valore solo alle madri, meglio se producono figli maschi. Negano il femminile che non si identifica con il materno.
La madre di Cucchi o di Aldrovandi certo che per dire in che rapporto sono con i loro figli assassinati devono dire che sono le madri. Che c’entra? Non vuole dire che come donne si definiscano solo come madri.
D’altra parte proprio Foucault aveva riconosciuto che il femminismo è stato uno dei pochi movimenti che ha saputo contrastare e battere il bio-potere con opportune strategie. E lo ha fatto costruendo nuovi percorsi e non certo percorrendo quelli segnati dal patriarcato.
Marvi Maggio
@ Marvi Mgggio
“La destra e la sinistra esistono eccome e un discorso che vuole le donne definite in base al ruolo nella famiglia è propriamente di destra. ”
Sarà anche vero, però conosco donne che si vantano di essere di sinistra, di aver marciato nel ’68, di essere all’avanguardia, moderne………. che tuttavia mi dicono ” e tu quando lo fai un figlio?” e siccome io per tutti i problemi che si leggono in questo articolo non ne voglio, dico appunto che non ne voglio, mi criticano e mi lanciano battutine sul come sia possibile che non ne voglia e sul fatto che una donna senza figli..beh..è meno donna. E che una coppia senza figli non ha senso.
E persino che le straniere (intese musulmane e africane) sono meglio di me perchè fanno tanti bimbi.
Io odierei i bambini.
Secondo loro.