Ci sono crepe nella narrazione dominante della violenza contro le donne, provocate da uomini che vogliono rompere un lungo silenzio, che cominciano ad allargarsi. La reazione all’uccisione di Giulia Cecchettin e la presa di parola del padre hanno favorito l’emersione di un cambiamento non scontato nella percezione pubblica della violenza maschile. Quell’emersione può evitare che un fenomeno radicato nella storia di tutte le civiltà resti confinato nella patologia o nel disagio sociale. La giornata di riflessione e proposta del 6 aprile dedicata a questi temi che Maschile plurale (MP) sta con pazienza costruendo – “La violenza maschile parla di noi. Parliamone” (a cui prenderà parte anche la redazione di Comune) – può rafforzare quel cambiamento. “Se la violenza rimanda a un universo culturale e a un modello condiviso di relazione – scrive MP – è necessario, come uomini, dire come ci collochiamo nel cambiamento delle rappresentazioni di genere… I tanti interventi maschili di questi giorni mostrano differenti prospettive e differenti approcci che è opportuno mettere a confronto…”
La violenza di genere, frutto cioè di una cultura basata sulla gerarchia e il potere e che imprigiona le vite in ruoli e modelli obbligati, chiama in causa tutta la società. Una cultura che oggi alimenta drammatiche logiche di guerra, nazionalismi politiche xenofobe e sciovinismi.
Troppo spesso ci si ferma all’indignazione per gli atti più efferati ma la spettacolarizzazione della violenza alimenta politiche securitarie che poco hanno a che fare con la libertà delle donne e con il cambiamento delle relazioni e, paradossalmente, permette di relegare il problema alla devianza di singoli.
Tutti e tutte siamo pronti a condannare la violenza. Ma quando la denuncia della violenza mette in discussione “l’ordine di genere” che ne è alla radice e si chiama in causa la trama quotidiana di pregiudizi, relazioni di potere che la preparano e la giustificano, allora si scatenano gli odiatori da tastiera ma anche editorialisti professionisti del linciaggio. La “vittima” o la sua famiglia devono esporre la propria sofferenza senza pretendere di avere un punto di vista su ciò che ha provocato quella sofferenza: devono stare al loro posto senza contraddire il senso comune.
La narrazione pubblica della violenza continua a essere controversa e problematica: la narrazione dei media, ma anche le campagne istituzionali di sensibilizzazione, ripropongono troppo spesso una immagine di donne deboli, bisognose di protezione e un invito agli uomini all’autocontrollo, alla protezione, a un rispetto per la fragilità femminile e non per l’autonomia e la libertà delle donne. Rappresentazioni che ripropongono quella cultura che trasforma la protezione in controllo e dominio.
A volte, però, un evento produce una frattura nelle narrazioni dominanti. L’uccisione di Giulia Cecchettin ha avuto questo effetto e vogliamo capire come tenere aperta questa frattura. Le parole del padre e la partecipazione di migliaia di persone hanno segnato un cambiamento nella percezione pubblica della violenza maschile contro le donne. Gino Cecchettin si sottrae al richiamo all’autorità paterna che dovrebbe portare ordine in una società violenta e confusa: non propone un richiamo ai padri per non aver esercitato questa autorità, ma, al contrario chiede di essere “agenti di cambiamento”. Gli uomini possono esserlo?
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Se la violenza rimanda a un universo culturale e a un modello condiviso di relazione è necessario, come uomini, dire come ci collochiamo nel cambiamento delle rappresentazioni di genere e delle relazioni tra i sessi. I tanti interventi maschili di questi giorni mostrano differenti prospettive e differenti approcci che è opportuno mettere a confronto su cui riflettere insieme, considerando anche pratiche e comportamenti che ognuno vive nel proprio contesto relazionale.
Vi invitiamo a costruire insieme una giornata di riflessione e proposta su come rispondere alla violenza maschile contro le donne che continua a produrre sofferenza, dominio e, spesso, morte. La giornata si inserisce in un percorso di lavoro (realizzato grazie al contributo concesso dal fondo 8×1000 – Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai) intende mettere in evidenza i segni di novità e il limiti che permangono nel contrasto di questo fenomeno che, come abbiamo detto, chiama in causa gli uomini e non può essere ridotto a mera devianza o patologia. Crediamo sia necessario uno sforzo per costruire una diversa rappresentazione della violenza e dunque una diversa comprensione delle dinamiche che la producono e diversi approcci per contrastarla. Per questo crediamo sia importante il contributo di tutte e tutti a partire dal proprio punto di vista.
L’incontro di sabato 6 aprile a Roma si articolerà in due momenti tra loro strettamente connessi: una mattinata dedicata a una presa di parola maschile sulla violenza proponendo un confronto sulle diverse collocazioni maschili emerse nel dibattito pubblico delle ultime settimane; un pomeriggio (interverrà anche la redazione di Comune) dedicato a una riflessione critica sulla comunicazione pubblica e le rappresentazioni proposte dai media, ma anche sulle scelte organizzative e professionali per affrontare nelle redazioni e nelle fonti di informazione le relazioni tra i sessi. Saremmo lieti di ricevere da voi osservazioni, proposte e spunti di riflessione ().
La giornata si svolgerà presso lo Roma Scout Center in Piazza dello scautismo 1, facilmente raggiungibile dalla stazione Metro Bologna o dalla Stazione Tiburtina. Vi preghiamo di confermare la partecipazione. “Saremmo lieti di ricevere da voi osservazioni, proposte e spunti di riflessione”. Sarà possibile seguire l’incontro da remoto su una diretta facebook della pagina Maschile Plurale (www.maschileplurle.it) o tramite il link Zoom seguente ma vi invitiamo a essere presenti per costruire un confronto più diretto e proficuo:
https://us02web.zoom.us/j/83112396704?pwd=emIrQVBTTGdDSGJaalU4Ny9pMzN1UT09
ID riunione: 831 1239 6704
Codice d’accesso: 330290
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