
di Gianluca Gabrielli*
Non capita spesso nelle città italiane del nuovo millennio di vedere aree verdi selvatiche sfuggite alla cementificazione che sviluppano i loro rami in maniera silenziosa, inosservati dalla gran parte dei cittadini. Poi però se ne accorgono gli umani più temibili, coloro che quando calano lo sguardo su un territorio lo fanno per quotarli, stimarne il valore economico e la sua possibile moltiplicazione nel breve periodo. Così basta un attimo di disattenzione civica e boschi carichi di storie cresciute in decine di anni, con biodiversità vegetali e animali intrecciate e faticosamente equilibrate, rischiano di scomparire in qualche giorno, sotto i cingoli e le lame affilate di poche ruspe. Gli equilibri naturali che crescono lentamente nei secoli possono essere cancellati in un attimo, azzerati in un batter d’occhio.
Tutto ciò sarebbe accaduto anche a Bologna, con il Bosco dei Prati di Caprara, se un gruppo di cittadini, indignato, non si fosse opposto con grande tempismo rivelando lo scandalo alla città, con il passaparola, con l’impegno ostinato e contrario. Così la distruzione del Bosco, per ora, ha interessato aree limitate e il piccolo gruppo è cresciuto e ha messo radici in tutti i quartieri cittadini, nelle scuole, nei luoghi di lavoro, negli spazi dove si incontrano le menti.
https://comune-info.net/2018/09/gli-alberi-si-piantano-non-si-abbattono/
Il prossimo 16 marzo, un sabato pomeriggio, i difensori del bosco si sono dati un nuovo appuntamento. Diventeranno il Bosco che cammina, travestiti da piante si muoveranno insieme dai Prati di Caprara fino a raggiungere il centro della città, rami al posto delle braccia, fronde al posto dei capelli. Indosserò anch’io un cappello di foglie e camminerò verso piazza Maggiore, inviterò amici e amiche a vederci lì come loro hanno invitato me, a camminare insieme. Con la speranza di incontrare bambine e bambini.
Se fossi un bambino o una bambina non mi perderei per nulla al mondo l’appuntamento, che mi pare il modo giusto – pedagogicamente appropriato – per entrare, corpo fronde e mente insieme, in una delle battaglie cruciali del nostro millennio, quella che ci chiede di farci natura per opporci alla sua – e alla nostra – monetizzazione.
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